L'unico e l'infinito
di Andrea R. G. Pedrotti
Ottimo debutto a Brescia per Ettore Majorana. Cronaca d'infinite scomparse di Roberto Vetrano e Stefano Simone Pintor. La partitura vincitrice del concorso Opera Oggi 2015 si rivela un viaggio affascinante nella molteplicità di ipotesi fiorite intorno alla scomparsa del geniale fisico, intrecciando con lucidità simboli e riflessioni profonde.
BRESCIA 13 ottobre 2017 - Stefano Simone Pintor e Roberto Vetrano, il primo drammaturgo e il secondo musicista, sono risultati i vincitori del concorso “Opera Oggi” del 2015 con l’opera nuova Ettore Majorana, cronache di infinite scomparse.
Il pubblico viene coinvolto già dall’ingresso in sala: all’ingresso un corridoio conduce al controllo dei biglietti da parte delle maschere, obbligando il passaggio davanti a un pannello recante una breve biografia di Ettore Majorana e a un tabellone, simile a quello di una qualsiasi stazione, porto o aeroporto, con indicate numerose destinazioni internazionali, ma con orari indecifrabili, tale il balletto delle cifre nello spazio a loro destinato. Prima di entrare nella sala vera e proprio un’altra maschera consegna una carta d’imbarco sulla stessa nave che, nel viaggio da Palermo a Napoli, aveva raccolto le ultime notizie di Ettore Majorana.
Majorana, come noto, fu un geniale fisico teorico, già ordinario all’università di Napoli al momento della sua scomparsa, avvenuta alcuni mesi prima che lo scienziato compisse trentadue anni.
L’idea drammaturgica non è quella di raccontare le teorie che seppe elaborare nella sua fulminante carriera accademica, ma le numerose ipotesi sulla scomparsa di Majorana, attraverso il racconto dell’uomo. Considerata la gran confusione circa le supposte cause di questa sparizione, si è pensato di fonderle in un tutt’uno, attraverso una destrutturazione di tempo, della personalità di Majorana stesso e parzialmente dello spazio. L’altoparlante chiama l’imbarco; attorno al golfo mistico sta la passerella per i passeggeri, sul fondo una finestra sul cielo, sul mare, etc… Ritroviamo i mozzi, il comandante e Majorana: la destinazione è Napoli. Sul ponte troviamo uno spaccato di quotidianità, con due personaggi fondamentali: una cantante diretta in America e un barbone. Il clochard è un uomo avverso al progresso, parla da integralista religioso e corre verso Majorana, apostrofandolo duramente per le sue ricerche, subito allontanato da due agenti di polizia. La cantante lancia un’ode alla sua destinazione d’oltre oceano, gironzolando con fare quasi ammiccante e seduttivo nei confronti di Majorana.
Un piccolo intermezzo è affidato a Majorana stesso e ci offre la prima ipotesi, il suicidio. Poco dopo vediamo riproporre, identica la medesima scena, ma lo scienziato, palesemente straniato, la osserva da come un corpo estraneo, poiché vi aveva appena assistito, esattamente come noi; l’effetto desiderato è quello di produrre un déjà-vu collettivo. Una differenza fondamentale è la cantante che ora compie il medesimo gesto (uno scherzo con lo scialle bianco e una carezza) non più all'indirizzo di Majorana seduto, bensì d’uno spazio vuoto.
Le destrutturazione prosegue quasi fosse una scissione atomica prossima alla deflagrazione ed è all’incontro con il clochard che si scopre come il barbone sia, in realtà, un genio della fisica, il quale invita Majorana ad abbandonare la vita sociale e a non diffondere le proprie scoperte (in effetti fu l’unico fra i "ragazzi di via Panisperna" a non voler mai lavorare in équipe), offrendogli di prendere il suo posto. Majorana accetta (questa di darsi al vagabondaggio è un’altra ipotesi circa la sua scomparsa) e comincia lui stesso a insultare un altro Majorana apparso sulla scena: non viene fermato da due agenti di polizia, ma da due soldati nazisti e prende forma l’ipotesi del rapimento. Da qui in poi è un continuo rincorrersi di eventi; i nazisti sono sostituiti da una schiera di scienziati che accusano Majorana di non voler diffondere le proprie scoperte, criticano il suo genio, lo sfidano a definire l’infinito e, di fronte alla sua incapacità di affrontare il problema che gli avevano posto, lo condannano a morte.
È interessante come Majorana, ricercato dal fratello, viva ora un’altra ipotesi sulla sua scomparsa, cioè il ritiro in monastero. I dubbi lo tormentano ancora una volta e si trova oppresso fra una studentessa (la scienza e la ragione) e un monaco (la religione cattolica): Majorana cerca di definire l’anima secondo criteri matematici e il turbamento emotivo della sua mente oppressa e vivace viene sottolineato da proiezioni che coinvolgono, grazie alla loro concezione visiva di grandissimo effetto, l’intera sala. L’opposizione fra scienza e religione cattolica viene definito come materia e antimateria e, in scena, avremo anche due interpreti del tutto simili visivamente a impersonare un Majorana e un anti-Majorana.
La frammentazione delle particelle, avviene ulteriormente per la mente dello scienziato siciliano, che ora vede ben cinque se stesso, impegnati contemporaneamente nelle azioni di cui era stato protagonista in tutta l’opera. Majorana scompare nella sua valigia, con i suoi appunti e ora una donna, che prima era stata cantante con il drappo bianco, poi sirena seduttrice verso il Sud America (si pensa anche a una fuga di Majorana verso Buenos Aires), ora è una madre che culla un neonato e ascolta alla radio l'annuncio della nascita di Maria José del Belgio (la nostra “regina di maggio”) e, appunto, di Ettore Majorana.
La nostra descrizione è un’obbligata sintesi di una molteplicità di significati e simbolismi contenuti in questo riuscito spettacolo. Molto interessante la struttura del libretto e della drammaturgia di Stefano Simone Pintor, che riesce a dare una chiave teatralmente sensata a una vicenda molto complessa. L’utilizzo del coro è simile, anche per posizionamento visivo, a quello della tragedia greca: non partecipa mai attivamente all’azione, ma ne è commentario. I momenti più riusciti, fra gli altri, sono la riunione/processo fra scienziati e Majorana e il finale con un canto da fuori la sala, simile a un canto di prefiche.
Molto interessante anche la musica di Roberto Vetrano, il quale unisce sonorità contemporanee ad altre quasi neoclassiche. Sebbene buona parte dell’opera sia declamata, la parola non si discosta mai dalla prosodia musicale, ottenendo un effetto sicuramente convincente. La scrittura musicale di Vetrano si distingue specialmente nei passaggi più marcatamente emotivi e d’impronta tragica.
Tutti gli interpreti della serata hanno dimostrato preparazione musicale e ottime doti attoriali. La locandina era composta dal protagonista Lucas Moreira Cardoso (Ettore Majorana); l’insieme dei personaggi α, detto delle “interazioni deboli” Roberto Capaldo (il barbone), Alessandra Masini (la cantante e una madre); l’insieme dei personaggi β detto delle “interazioni forti”: Pietro Toscano (il Generale, il Frate e infine Dio stesso), Federica LM/Tiberia Monica Nagh (la studentessa, la matriarca e, infine, la fisica stessa).
Altri personaggi, di livello eguale ai colleghi, erano: Ugo Tarquini (il comandante, il fratello, l’Antimajorana) e Davide Paciolla (La particella ombra).
Il coro è definito come “infinite componenti” e impersonava i passeggeri, i passanti, i marinai, i portuali, gli scienziati, i frati e gli infiniti Majorana. A questi ultimi si aggiungevano alcune comparse.
La bacchetta di Jacopo Riavani si è dimostrata guida sicura dell’orchestra dei Pomeriggi Musicali e buona è la prova del coro Operalombardia diretto da Diego Maccagnola.
Scene e costumi erano a cura di Gregorio Zurla, le belle luci di Fiammetta Baldisserri e il video dello Studio Antimateria.
Ettore Majorana, cronache di infinite scomparse è un nuovo allestimento dei teatri Operalombardia in coproduzione con il Theater Magdeburg, il Palau de Les Arts Reina Sofìa Valencia e la Fondazione Haydn di Bolzano e Trento.
Buona la presenza di un pubblico che, come solitamente accade alle prime bresciane, si dimostra un po’ freddo nell’accoglienza di uno spettacolo che avrebbe meritato certamente applausi ben più calorosi che siamo certi arriveranno alle prossime rappresentazioni.
foto Alessia Santambrogio