Un caffé con Ludovic Tézier
di Roberta Pedrotti
Durante il lockdown, Ludovic Tézier e Jonas Kaufmann avevano firmato un manifesto in difesa del lavoro degli artisti (Lettera aperta di Ludovic Tézier). Con la ripresa delle attività in Italia è stato Scarpia in Piazza del Plebiscito a Napoli e Macbeth per l'apertura del Festival Verdi a Parma, dove torna per il concerto di chiusura in sostituzione del collega Luca Salsi, bloccato da una lombosciatalgia. Tézier confesserà che il programma è "davvero impegnativo" ma anche di essere molto contento di condividerlo con un collega come Roberto Tagliavini, che conosce da tempo e per il quale spende grandi e meritate parole di elogio.
Proprio nel giorno in cui si celebra la nascita di Giuseppe Verdi, una pausa fra le prove e il concerto è l'occasione per un incontro al caffé del Teatro Regio. Si comincia a conversare di un altro Regio, quello di Torino, le cui sorti sono ancora incerte e dove Tézier fece il suo debutto italiano nel 2000, con l'Hamlet di Thomas (fu anche la prima volta in cui l'ascoltai, rimanendo folgorata da quel giovane baritono allora sconosciuto). "Un beau souvenir", afferma l'artista, citando anche la bella prova di coro e orchestra in un'opera piuttosto rara perfino in Francia. Nota pure come, dopo le Olimpiadi del 2006, la città abbia fatto grandi passi in avanti e sia diventatata ancor più bella e vivibile: così la ricorda nel 2013, quando torna per Don Carlo ("lo spettacolo di De Ana era perfetto: quando sono stato all'Escurial l'ho trovato esattamente come l'aveva rappresentato lui").
Nel frattempo è arrivato il caffé e si accende la telecamera, mentre il discorso prosegue a ruota libera sui temi che ora sono più cari al baritono francese, i temi del lavoro e della dignità degli artisti, dell'importanza della cultura per tutta l'umanità, non senza un pizzico di fatalismo compensato dalla passione per quella bellissima "malattia mortale che è la vita".