Dvořák, Glazunov e Musorgskij al Filarmonico
sabato 7 febbraio ore 20:30
domenica 8 febbraio ore 17:00
Sabato 7 febbraio alle ore 20.30 quarto appuntamento sinfonico del 2015 al Teatro Filarmonico, che vede alla guida dell’Orchestra areniana il M° Jan Latham-Koenig.
La serata propone in programma le Danze Slave n. 2 e n. 7 op. 72 di Antonín Dvořák, il Concerto per violino e orchestra op. 82 in la minore di Alexander Glazunov con solista Stefan Milenkovich, per concludere con Quadri di un’esposizione, composizione di Modest Musorgskij eseguita nella versione orchestrale di Maurice Ravel.
Il concerto replica domenica 8 febbraio alle ore 17.00.
La proposta concertistica vede il ritorno sul podio del Filarmonico, dopo 22 anni, di Jan Latham-Koenig, il direttore dalle origini francese, danese e polacca, considerato uno dei migliori direttori d’orchestra del Regno Unito e insignito, lo scorso anno, del prestigioso premio sovietico “Golden Mask”.
In apertura di concerto la bacchetta di Koenig è impegnata a dirigere le Danze Slave n. 2 e n. 7 op. 72 di Dvořák. Sull’onda del successo delle prime otto Danze slave op. 46 del 1878, nate per pianoforte a quattro mani ma subito trascritte per orchestra su richiesta dell’editore tedesco Simrock, Dvořák replica otto anni dopo, nel 1886, una seconda serie di otto danze, le Danze slave op. 72 che, come le prime, si presentano con tutta la freschezza dello spirito popolare liberamente interpretato dal compositore ceco in una veste di classica eleganza ed espresso con un linguaggio dalla chiara sintassi tedesca che guarda principalmente ai modelli di Schubert e Brahms, ma che non altera i tratti caratteristici delle diverse danze. Gli inconfondibili accenti slavi emergono, quindi, in uno studiato equilibrio fra vocazione nazionalistica e tradizione accademica, come scrive lo stesso Dvořák: «Studio certe melodie fino a divenire completamente imbevuto delle loro caratteristiche, e fino a essere in grado di creare immagini musicali che conservino quelle caratteristiche».
La serata prosegue con il Concerto per violino e orchestra op. 82 in la minore di Glazunov, composizione molto esigente nella parte solista, qui interpretata dal virtuoso del violino Stefan Milenkovich, artista riconosciuto a livello internazionale per le sue eccezionali doti artistiche. Composto nel 1904 e dedicato al violinista Leopold Auer, il Concerto lascia trapelare la vocazione di fondo, romantica e formalista, del musicista russo: le sue interpretazioni, spesso ingegnose e originali dei modelli classici, mostrano che quello di Glazunov non è un accademismo per partito preso. Le proporzioni contenute dell’opera, della durata di circa venti minuti, dipendono infatti dalla compattezza di un impianto formale non convenzionale, che vede entrare nel primo tempo Moderato fin dalle primissime battute lo strumento solista ad introdurre un tema dal carattere tipicamente russo, cui fa seguito un secondo tema più disteso e cantabile, seguito da una breve coda. Lo sviluppo tematico è quindi affidato al secondo movimento, l’Andante sostenuto, per poi concludere con un Allegro gioioso e brillante slegato dalle prime due sezioni.
Conclude l’esecuzione di Quadri di un’esposizione di Musorgskij. La partitura, composta nel 1874 per pianoforte, nasce da suggestioni pittoriche: Musorgskij pensa, infatti, ai Quadri in memoria dell’architetto e pittore Viktor Hartmann, scomparso nel luglio 1873, tenace anticonformista ed amico del critico Vladimir Stasov al quale la composizione è dedicata. Lega l’intera opera il tema autobiografico della Promenade: infatti Musorgskij, ricorda proprio Stasov, «che amava appassionatamente Hartmann ed era stato profondamente colpito dalla sua morte, si mise in mente di “disegnare con la musica” i miglior quadri dell’amico morto, immaginandosi mentre girava per la mostra ora felice ora triste al ricordo del geniale artista scomparso». Ne risultano dieci “ritratti musicali” proposti al Teatro Filarmonico nella più nota versione per orchestra del 1922 di Maurice Ravel. Grande ammiratore del musicista russo e capace di comprendere fino in fondo le novità rivoluzionarie del suo pianismo, Ravel restituisce una vera e propria rielaborazione sinfonica dell’opera (omettendo solo una Promenade tra il Quadro VI e VII), dotata di autonomo e straordinario valore artistico per colore e suggestione comunicativa, tanto da risultare una delle versioni più eseguite.