Il mito di Orfeo in chiave contemporanea al Massimo
L’opera di Gluck riletta dal grande coreografo Flamand con due “stelle” siciliane
L’antegenerale il 18 con Bnl a favore di Telethon, la prima il 20 febbraio
Tornano sulla scena di casa il mezzosoprano Marianna Pizzolato e l’etoile Valentina Pace
PALERMO. Il mito di Orfeo ed Euridice, riletto in chiave contemporanea dal grande regista e coreografo Frédéric Flamand, andrà in scena al Teatro Massimo di Palermo dal 20 al 27 febbraio prossimi. Il mito dello sguardo, del desiderio, dell’ambiguità, della vita e della morte, è il protagonista dell’ “Orphée et Eurydice” di Gluck, nella versione di Hector Berlioz, in uno spettacolo dal forte impianto coreografico ambientato in una periferia metropolitana dominata dai toni del bianco, del grigio, del verde e dell’azzurro grazie al contributo dell'artista fiammingo di fama internazionale Hans Op de Beeck, che firma le scene, le immagini e i costumi. Sul podio Giuseppe Grazioli, maestro del coro Piero Monti. Ambientazione contemporanea perché, spiega Flamand, “il mito orfico si rivela intemporale, complesso ed enigmatico e ci rimanda ai lutti, ai dolori, alle gioie che fanno parte del quotidiano di ogni uomo”.
Lo spettacolo, che ha debuttato in Francia nel 2012 (all’Opéra Theatre di Saint-Etienne), vede il ritorno sulla scena del Teatro Massimo di Marianna Pizzolato, palermitana e beniamina del pubblico cittadino, che subentra nel ruolo di Orfeo a Varduhi Abrahamyan, così come Lucia Cirillo subentra nello stesso ruolo a Chiara Amarù nel secondo cast. Ma c’è un altro importante “ritorno a casa”: quello della siciliana (di Modica, ma sin da giovanissima a Parigi) Valentina Pace, prima ballerina del Ballet National de Marseille, qui ballerina solista. La prima il 20 febbraio alle 20.30, ma il 18 febbraio (sempre alle 20.30) ci sarà l’antigenerale a favore di Telethon promossa in accordo con BNL Gruppo Bnl Paribas. Un appuntamento con la solidarietà che s’inserisce nell’ambito della proficua collaborazione - ormai giunta al quarto anno consecutivo, dopo la Traviata nel 2012, l’Aida nel 2013, la Carmen nel 2014 - tra la Banca e il Teatro, che ha permesso di raccogliere fino a oggi circa 140 mila euro per sostenere Telethon e la ricerca scientifica.
“Dopo l’apertura con Gisela! di Henze per la regia di Emma Dante – dice il sovrintendente Francesco Giambrone – la stagione continua nel segno dell’attenzione ai linguaggi del contemporaneo. L’Orfeo ed Euridice di Gluck, con Flamand, è uno spettacolo di respiro internazionale figlio di un grande lavoro sulla fisicità del corpo e sull’immagine”.
Il mito è noto, ed è quello di Orfeo che può salvare l’amata Euridice dalla morte a patto di non guardarla. Ma, sceso agli Inferi, non resiste alla tentazione di voltarsi. L'opera è passata alla storia come la più famosa tra quelle composte da Gluck.. La versione che va in scena al Teatro Massimo è quella rielaborata da Berlioz nel 1859. Fu lui a cercare di attualizzare la versione francese dell'opera, riorchestrandola, introducendo alcune modifiche e soprattutto trasponendo per mezzo-soprano la scrittura per haute-contre del ruolo di Orfeo, divenuta ormai troppo difficoltosa per il nuovo stile realistico di canto dei tenori romantici. L'operazione fu realizzata grazie alla disponibilità della grande cantante Pauline Viardot. Da allora il ruolo maschile di Orfeo è stato di norma affidato alle donne: contralti o mezzosoprani. In questo ruolo la palermitana Marianna Pizzolato, che torna quindi a esibirsi nella sua città, ennesima tappa di un’importante carriera, cominciata nel 2003 al Rossini Opera Festival ne “Il viaggio a Reims”. Da allora ha collaborato con alcuni dei più acclamati direttori d'orchestra, tra cui Antonio Pappano, Riccardo Muti, Lorin Maazel, Roberto Abbado, incidendo opere e concerti per le più importanti case discografiche.
“Orphée et Eurydice” appartiene al genere dell’azione teatrale, con cori e danze incorporati. Flamand, da sempre sostenitore del dialogo tra danza classica e contemporanea, ha avuto con questo spettacolo il primo impegno in un progetto d'opera. Per lui, 68 anni, “l’approccio a questo mito è l’occasione di una riflessione sulle forze costitutive della natura umana, sulle manifestazioni del desiderio, sulle ambiguità legate alla strategia dello sguardo”. Per Flamand, “nel cuore della città contemporanea c’è un nuovo immaginario mitologico”. Un mito moderno, perché “in un periodo di mediatizzazione e virtualizzazione come la nostra, lo sguardo indietro di Orfeo si presenta come una metafora della nostra visione di fronte alle immagini onnipresenti e menzognere che scompaiono non appena si presentano”.