L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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Club Itaca Villa Adriana

Missione e storia

Villa Adriana, oltre ad essere una bellissima villa del ‘700, è sede di uno dei Club Itaca d’Italia.

Club Itaca Villa Adriana è un luogo d’incontro e di opportunità, non sanitario, dove persone con una storia di disturbo psichico possono sviluppare le proprie capacità, qualità ed interessi, acquisire fiducia in se stessi e negli altri e una maggiore indipendenza ed autonomia sociale e lavorativa.

L’obiettivo principale di Club Itaca Villa Adriana è quello di accompagnare le socie ed i soci nel loro processo di riabilitazione attraverso il lavoro quotidiano funzionale alla gestione del Club ed il confronto e la collaborazione costanti tra soci, socie e personale.

Club Itaca Villa Adriana è stata aperta il 6 maggio 2013 dall’Associazione Progetto Itaca Palermo, attiva nel campo della salute mentale dal 2011 e con il sostegno dell’Associazione Progetto Itaca di Milano e di due grandi donatori: Fondazione Enel Cuore e Fondazione De Agostini. Aderisce al modello di riabilitazione della “Clubhouse” nato negli Stati Uniti nel 1948 e diffusosi rapidamente in molti paesi del mondo.

La parrocchia di san Francesco di Paola

La Parrocchia san Francesco di Paola, affidata ai Frati Minimi dalla sua fondazione, fine 1500, ricade nellVIII Circoscrizione del Comune di Palermo, nella zona detta “Politeama”. Ha dal 2001 organizzato la sua azione sociale a favore delle oltre 1000 famiglie che mensilmente ricevono un pacco alimentare, un centro di ascolto nel quale professionisti volontari hanno accolto, individuato e preso in cura le persone in difficoltà che chiedono supporto.

Fra i vari servizi con i quali ci si prende cura delle famiglie che ricadono nel territorio parrocchiale (vedi la zona del Capo) si enumerano:

  • il Banco Alimentare (che mensilmente distribuisce viveri di prima necessità), grazie alle Convezioni stipulate con Caritas Diocesana e Banco Alimentare Onlus; raccolte alimentari presso i supermercati del quartiere; coinvolgimento dei fedeli che frequentano la parrocchia. In occasioni particolari, si bandiscono anche delle mense con offerta di pasti caldi;

  • il Banco Farmaceutico, grazie alla Convenzione stipulata tra la parrocchia e l’Ente Banco Farmaceutico Onlus sez. di Palermo. Ciò permette la consegna di farmaci che non necessitano di prescrizione medica, cosiddetti “da banco”, quali antipiretici, anti infiammatori, antistaminici, antiinfluenzali, per adulti e bambini…;

  • il Consultorio medico, legale e di consulenza psicologica, in particolare per gli immigrati;

lo Sportello didattico per gli adolescenti che necessitano di potenziare o recuperare le competenze scolastiche;

  • la Bottega Solidale, che mensilmente allestisce un mercatino dove si dona gratuitamente vestiario, scarpe, corredo, oggettistica…;

  • Sostegno al reddito per famiglie bisognose.

Le Suore dell’Ordine del Beato Giacomo Cusmano presso la chiesa di San Marco al Capo

NOTIZIE RELATIVE AL FONDATORE BEATO GIACOMO CUSMANO

Giacomo Cusmano nasce a Palermo il 15 marzo del 1834.

Laureatosi in Medicina e Chirurgia nel 1855, si rivela come il “Medico dei Poveri”.

Sentendo fortemente la chiamata di Dio, rinuncia alla carriera brillantemente avviata, per dedicarsi interamente a Dio e ai Poveri. Il 22 dicembre del 1860 è ordinato sacerdote e nel 1867, il 21 febbraio, fonda l’Associazione del “Boccone del Povero” che ha come fine quello di “propagare la fede per mezzo della carità”. Il 23 maggio del 1880 fonda la Congregazione delle Suore Serve dei Poveri e nel 1887 quella dei Missionari Servi dei Poveri.

La sua vita è sempre all’insegna del servizio dei poveri, degli ammalati, degli abbandonati e di chiunque avesse avuto bisogno. “Non sono di nessuno, dunque sono nostri“, ripeteva continuamente. Lo chiamavano il “Padre dei poveri” anche se lui amava definirsi il “Servo dei Poveri”. Non c’era povero che non ricevesse il suo aiuto, sostegno e conforto. Non viveva che per Dio e per i Poveri, con l’intento di condurli nel regno dei cieli.

L’esercizio della carità doveva essere un mezzo per condurre tutti, ricchi e poveri, alla fede. Il suo impegno era alimentato dalla convinzione che “quello che si fa a uno dei fratelli più piccoli lo si fa a Dio”. E’ in questo senso che nel volto del Povero riconosceva quello di Gesù.

Il 14 marzo 1888 muore in odore di santità.

Giovanni Paolo II lo beatificherà il 30 ottobre del 1983.

NOTIZIE RELATIVE AL NOSTRO ISTITUTO

“La Carità è a San Marco”: Nei primi anni dello scorso secolo sino alla sua fine, questo motto era conosciutissimo a Palermo. Il Beato Giacomo Cusmano aveva trasformato quel piccolo convento situato nel luogo più povero di Palermo in un punto di riferimento per tutti i palermitani in difficoltà. Poi seguì un periodo di stasi, la crisi vocazionale, il proliferare di altre strutture caritative organizzate in maniera più moderna, fecero si che la carità non fosse più a San Marco.

Ma il carisma del nostro fondatore mai sopito nel cuore di noi suore, la necessità ed i bisogni più urgenti stampati nei visi di coloro che abitano in quella zona di Palermo oggi ancor più depressa e soprattutto la grazia del Signore hanno fatto il miracolo: LA CARITÀ E’ DI NUOVO A SAN MARCO!

Già a Marzo del 2012 un gruppo di cinque disagiati venivano accolti nella struttura e ospitati in maniera stabile; oggi ne ospitiamo undici più due disabili assistiti esternamente ma in maniera continua dalla famiglia Cusmaniana. Ma, ciò che ardeva di più nel cuore delle suore, come in quello del Beato Giacomo Cusmano e in special modo della Superiora, Madre Marie Janne Meta, era il poter offrire un pasto caldo a chiunque ne era privo, era il poter dire a tutti: “venite, qui c’è un boccone per voi!”

Questi desideri non possono che essere esauditi da Nostro Signore, ed allora, la provvidenza si mise subito all’opera: Madre Marie Jeanne Meta, come il Beato Giacomo Cusmano, si mise a cercare, senza vergogne, chi potesse aiutarla, ed allora, “piovvero” fratelli e sorelle che immediatamente offrirono il loro tempo e le loro idee a Marie Janne. Insieme a loro “piovvero” anche contributi in denaro insperati, che consentirono l’acquisto di essenziali e costosi strumenti, come la sigillatrice per alimenti, ma soprattutto una gioia ed un entusiasmo pervasero tutti, rendendo leggero e gioioso tutto ciò che si faceva e realizzava.

E così, il 23 Aprile 2013, alle ore 12 nella Chiesa di San Marco si poterono distribuire ben 50 pasti caldi ai fratelli poveri che erano stati sollecitati a venire dai Parroci della zona. Oh che gioia vedere la gratitudine e lo stupore in quei visi segnati dalle prove! Che gioia sentire da quelle bocche spesso serrate da una povertà che isola e rattrista, oppure aperte ad una rabbiosa invocazione verso un Dio che appare assente e distante, sentirle invece schiudersi in una benedizione a Dio ed ai fratelli da troppo tempo, forse, assente.

La distribuzione partì con una cadenza bisettimanale ad una cinquantina di indigenti, oggi siamo a tre volte la settima e gli indigenti sono diventati centodieci .

Oggi come all'inizio ci chiediamo "come faremo e dove troveremo", ma.... ci stiamo abituando....lentamente questa domanda si sta trasformando in " come farai Signore e... dove troverai Signore" insomma, il problema è più Suo che nostro.

Ancora una volta, cinque pani e due pesci, danno da mangiare a tanti, tanti!

Parrocchia Santa Lucia, al Borgo Vecchio

Via Enrico Albanese, 2

90139 – PALERMO

(091/303042)

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  1. Descrizione del territorio e delle azioni socio-educative

La Parrocchia di Santa Lucia al Borgo Vecchio, affidata ai Missionari Comboniani dal luglio 2010, svolge attività educative e di promozione di una cultura volta alla prevenzione del disagio minorile a rischio di esclusione sociale.

La stessa, dopo una attenta analisi del territorio, ha rilevato una mappa di disagi molto complessa e preoccupante dal punto di vista sociale, i principali disagi dei minori sono rappresentati da: mancanza di punti di riferimento, enti educativi visti come costrizione, carenze socio affettive, insuccessi scolastici, mancanza di entusiasmo per la vita, difficoltà nell’ accettazione del diverso, assenza di modelli validi, devianze, abbandoni ed emarginazione, uso di sostanze stupefacenti e dipendenze ludopatiche in età infantile e adolescenziale.

Da quattro anni, la parrocchia organizza l’oratorio e il Grest (attività prolungata estiva) per garantire uno “spazio educativo” attenta all’essere e al divenire dei ragazzi del territorio. Le due attività sono luoghi di crescita, di presenza e di sensibilità progettuale.

L’accoglienza è per tutti i ragazzi: tutti sono chiamati a trovare il senso profondo e gratificante della propria vita; anzi, proprio le fasce di persone maggiormente a rischio, sono l’ambito privilegiato dell’impegno educativo.

Le due attività realizzano un percorso educativo che valorizzino le inclinazioni naturali, le attitudini, nonché la maturità intellettiva dei soggetti coinvolti, al fine di operare nel completo rispetto della persona e dei suoi ritmi di comprensione.

Così si è creato uno spazio sociale fruibile a tutti, specialmente ai minori del territorio, in cui si attivano energie comunicative al fine di promuovere il raccordo chiesa-famiglia attraverso un percorso volto alla valorizzazione delle diversità, al rafforzamento del senso di appartenenza alla comunità con le sue tradizioni e le sue peculiarità socio-culturali.

  1. Descrizione delle iniziative realizzate o in corso

Il Grest (gruppo estivo)

Abbiamo realizzato il quarto GREST 2015, attività portata avanti nell’ ultima settimana di giugno. Un’esperienza estiva caratterizzata da una intensa forza educativa, basata sulla convivenza di ragazzi/e di diverse età e provenienza che giocano, imparano, interagiscono e si divertono insieme.

Un appuntamento che si rinnova e che cresce anno dopo anno, confermando la sua capacità di aggregare minori e famiglia, all’insegna dell’allegria e dell’amicizia.

Si è partiti da un gruppo di 50 minori e nell’ultimo Grest, giugno 2015, hanno partecipato 100 ragazzi. E’ uno dei pochi spazi aggregativi sul territorio, dopo la chiusura delle scuole, reso accessibile a tutti.

Positivo il coinvolgimento delle mamme che preparano negli ambienti parrocchiali la merenda condivisa con gli stessi figli. Per le mamme è diventata un’esperienza terapeutica e laboratorio del sapore e del sapere.

La formazione degli animatori

Fin da quando è stata intrapresa l’attività dell’oratorio si è cercato di favorire la formazione di un gruppo di animatori giovanissimi (15-21 anni) del Borgo Vecchio, avendo inizialmente contato sull’appoggio di volontari esterni. Il futuro di qualsiasi attività dipenderà dalla capacità di dotare la parrocchia di un gruppo di persone che svolgono il ruolo dell’animazione, servizio carico di responsabilità e dunque è necessario un percorso di formazione per maturare uno stile adeguato che instauri un rapporto di fiducia con l’ambiente umano, che creda nel servizio educativo e di cittadinanza delle azioni proposte e valorizzi l’originalità e la dignità del singolo.

La formazione degli animatori è di vitale importanza, perché di queste risorse umane usufruiranno, prima ancora che la parrocchia, le stesse persone in termini di crescita umana, psicologica, sociale, affettiva e religiosa, e la società civile.

Al momento si offre un momento formativo mensile, ma diventa necessario favorire tempi più prolungati e di qualità, con esperienze più incisive e marcanti.

Progetto “Un calcio all’azzardo II”.

Per il secondo anno consecutivo negli spazi della parrocchia si realizza il Progetto “Un calcio all’azzardo II”. Si tratta del torneo di Calcio Balilla, cui obiettivo è informare, prevenire i ragazzi (11-16 anni) attraverso momenti di formazione e ludici sui temi relativi al gioco d’azzardo.

Su proposta della Cooperativa sociale l’Elefante Bianco in collaborazione con l’opera Pia Istituto Santa Lucia, la Parrocchia ha messo a disposizione i locali e favorito l’incontro con le fasce vulnerabili del progetto.

Tipologia d’intervento

  1. Ripulire gli spazi utilizzati dotandoli di maggiore sicurezza e conforto per attività ludico-sportive e culturali, particolarmente il campetto di calcio.

  2. Acquisto di materiale sportivo e ricreativo per rendere qualitativo e socievole lo spazio ed il tempo del gioco.

L'Associazione Casa di tutte le genti

Zenaida Boaventura è una donna capoverdiana che vive a Palermo. Sono trentasette anni esatti che è arrivata nel nostro paese. Era il 26 novembre, si ricorda che era domenica.

Ci allontaniamo un po’ dalle voci dei bambini per potere parlare. Mentre chiudiamo la porta alle nostre spalle, una ragazza che viene a dare una mano sta insegnando loro una canzoncina da imparare a memoria.

“I volontari sono anche giovanissimi”, spiega Zenaida. “Ragazzi dei licei di questa città che sentono questa storia e vengono a conoscerci. Poi stanno bene e tornano”.

Zenaida ha piacere di raccontare i piccoli miracoli della sua associazione dal nome evocativo di “Casa di tutte le genti”. Nata nel 2003, si è formata intorno a un progetto di cooperazione allo sviluppo tra Italia e Capo Verde che prevedeva la realizzazione di un orto biologico e di un ristorante per i circuiti del turismo responsabile. Questa parte del progetto esiste ancora a Capo Verde, ma è in Italia che tutto ha preso una direzione non prevista. Perché quando le energie delle persone sono realmente volte a cambiare le cose che hanno intorno, è più facile identificare i bisogni veri e i problemi più urgenti da affrontare in ogni contesto.

E nel contesto italiano esiste un problema strutturale che impone, ancora soprattutto alle donne, enormi sacrifici per conciliare tempo del lavoro e vita familiare. Per le donne immigrate questa situazione è ancora peggio che per le donne italiane”, spiega Zenaida, “perché chi perde il lavoro per stare a casa coi bambini non solo non riesce ad arrivare a fine mese, ma può perdere anche il permesso di soggiorno per come funzionano le leggi sull’immigrazione”.

Zenaida ha partorito in Italia 3 figli che sono cresciuti senza avere accesso ai servizi per l’infanzia e senza il sostegno di una rete familiare. Proprio mentre i suoi bambini erano ancora piccoli e lei era costretta a restare tutto il giorno con loro, aveva fatto la conoscenza di alcune donne ghanesi che abitavano nel suo stesso palazzo e che ogni giorno vedeva partire per il lavoro con i bambini stretti contro la schiena avvolti nei teli colorati dell’Africa.

“Lasciateli a me!” aveva detto loro, “ve li tengo io”.

Il percorso italiano della Casa di tutte le genti è nato così, da una donna che ha incontrato il bisogno di altre donne, un bisogno che anche lei aveva conosciuto e a cui nessuno aveva saputo dare risposta.

E, a partire da quell’inizio, sempre più donne dai paesi più diversi del mondo hanno iniziato a mettere insieme le loro forze, le loro differenze e il loro condiviso essere madri, e a sostenere ciascuna i bambini dell’altra , a turno, permettendo a tutte di lavorare e di lasciare nel frattempo i propri figli in un posto sicuro. Quaranta bambini figli di genitori rumeni, nigeriani, polacchi, ghanesi, tunisini, ma anche palermitani, paradossalmente inviati, questi ultimi, dagli assistenti sociali che hanno a volte indicato “La casa di tutte le genti” alle famiglie locali in difficoltà. A loro e alle loro mamme si sono uniti nel tempo volontari anche professionisti, una psicologa segue tutte le attività.

 


 

 

 
 
 

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