Carismatica Genaux per l’“altro” Orfeo
di Francesco Lora
Il Teatro Comunale di Ferrara ha organizzato una rara esecuzione dell’Orfeo ed Euridice di Bertoni, ricalcato sulla più celebre partitura di Gluck. Spiace la quantità di tagli inflitta a un’opera di per sé già brevissima, ma la parte eponima vanta un’interprete di dedizione totale
leggi l'intervista a Vivica Genaux
FERRARA, 25 febbraio 2014 – Non solo musicato sullo stesso libretto di Ranieri de’ Calzabigi e non solo anch’esso dato alle stampe in partitura (un’eccezione, nel Settecento, quando la musica per il teatro circolava di norma manoscritta): l’Orfeo ed Euridice di Ferdinando Bertoni (Venezia 1776) assomiglia a quello di Christoph Willibald Gluck (Vienna 1762) come se ambi fossero gocce d’acqua. Nella prefazione alla partitura stampata Bertoni non fece mistero del calco, appellandosi alla necessità di seguitare un modello musicale insigne in mancanza di un confronto diretto con il librettista. Ma altri erano probabilmente i pensieri del compositore di Salò, già allievo di padre Giambattista Martini e futuro maestro di cappella in S. Marco a Venezia: l’intenzione di salire sul carro del vincitore dopo il buon successo della riforma gluckiana, e soprattutto la convenienza di assecondare specialità, abitudini e aspettative del contralto Gaetano Guadagni. Quest’ultimo aveva già creato la parte eponima nell’Orfeo di Gluck e ne aveva poi fatto un feticcio, passando da un’intonazione musicale all’altra ma senza voler cambiare la propria impostazione interpretativa. Ed ecco fatta la breve storia di un’opera rara, che procede millimetricamente in parallelo con un’altra opera arcinota e che ne condivide molte bellezze musicali: talvolta Gluck guarda dall’alto Bertoni, più spesso i due avanzano testa a testa, talvolta è Bertoni a insidiare il primato. Piena di merito è, oggi, l’iniziativa del Teatro Comunale di Ferrara, che il 25 febbraio ha organizzato un’esecuzione in forma di concerto dell’Orfeo del 1776. Meno meritevole è la lettura musicale del direttore Roberto Zarpellon, in capo all’Orchestra da Camera “Lorenzo Da Ponte” e al Coro Accademia dello Spirito Santo. Si ascolti, per esempio, il second’atto: all’ingresso negli inferi l’aggressione delle furie suona piuttosto casuale e sorniona anziché ultraterrena e orrida, mentre all’ingresso nei campi elisi timbro e fraseggio conservano un che di farraginoso e non trovano l’involo etereo che si vorrebbe.
Spiace soprattutto – e soprattutto in una rara occasione di ascolto dal vivo della musica di Bertoni – la quantità di tagli inflitta a un’opera di per sé già brevissima: nell’atto primo spariscono un coro e un’aria; nel secondo, quattro numeri di balletto (peraltro testimoni del rilievo dato alla coreografia nell’àmbito della riforma gluckiana). [vedi postilla in calce alla recensione]
Se si considera l’onnipresenza del protagonista nel libretto di Calzabigi, a Ferrara si sono invece fatte le cose in grande chiamando Vivica Genaux per la parte di Orfeo. Mezzosoprano di timbro asprigno e votato più al virtuosismo senza rete che al legato del cantabile, ella non sembrerebbe l’ideale per il ruolo affidatole; tanto più che nella tradizione esecutiva dell’Orfeo di Bertoni non è affatto presente, come qualcuno potrebbe al contrario supporre, la spericolata aria «Addio, o miei sospiri», composta da Gluck rielaborando una preesistente aria di Bertoni stesso. La Genaux vanta però una dedizione totale alla causa dell’“altro” Orfeo, uno studio capillare della partitura, un’attenzione espressiva encomiabile, una carismatica capacità di sospendere il fiato del pubblico, benché in mancanza dell’azione scenica, anche solo con un piccolo gesto dietro il leggio. Compagnia di canto dignitosamente completata dal soprano Francesca Lombardi Mazzulli come Euridice e dal tenore Jan Petryka come Imeneo (omologo dell’Amore sopranile in Gluck). Lusinghiera affluenza di pubblico verso il titolo inconsueto, applausi speciali per la Genaux, corsa verso i cappellacci di zucca nel dopoteatro.
POSTILLA
Questa volta la stecca è stata del critico musicale: con una lettera del 19 marzo alla nostra redazione, Roberto Zarpellon, direttore dell’Orfeo ed Euridice di Bertoni a Ferrara, ha protestato di non aver «tagliato niente, non un ritornello, un trillo, niente!», mentre io mi rammaricavo della «quantità di tagli inflitta a un’opera di per sé già brevissima». La lista dei tagli, così come indicata nella recensione, figurava con tanta sfacciata chiarezza nel materiale fornito dal Teatro Comunale di Ferrara da aver lasciato perplesso più d’uno, e da avermi fatto sembrar superflua un’ulteriore verifica sulle fonti musicali. Come Zarpellon ci ha scritto, l’esecuzione è invece stata integrale, integralissima: una mia valutazione viziata da un refuso cambia così di segno, e attribuisce al maestro il merito di un’esecuzione non guastata da tagli.
Francesco Lora