From Bad, no bad
di Giuseppe Guggino
Gioachino Rossini
Guillaume Tell
Andrew Foster-Williams, Michael Spyres, Judith Howarth, Nahuel Di Pierro
direttore Antonino Fogliani
Bad Wildbad, Trinkhalle, 13-21 luglio 2013
4CD Naxos/SWR 8.660363-66, 2015
Mettere in scena un monumento del teatro in musica del respiro del Guillaume Tell è impresa da far tremare le vene ai polsi; farlo senza ricorrere ai pragmatici snellimenti ingigantisce ulteriormente la portata della sfida. Ma da Bad Wildbad questo cd, frutto di esecuzioni dal vivo in forma scenica e di un concerto integrativo per le appendici, si dimostra come le imprese impossibili diventano possibili con l’impegno. In primo luogo la scelta del cast si rivela accurata, perché Andrew Foster-Williams canta plausibilmente il ruolo di Guillaume, soltanto con qualche eccesso truculento nella declamazione, Judith Howarth, dal timbro non eccelso, esibisce un bagaglio tecnico sufficiente per la difficile scrittura di Mathilde e Michael Spyres, ad onta di una non perfetta saldatura dei vari registri, affronta con il giusto piglio e la necessaria spericolatezza e incoscienza la protoromantica parte di Arnold; a questo si aggiunge un giovane basso estremamente interessante quale Nahuel Di Pierro, che sa essere sia padre sia compare di Arnold, giacché canta (e bene!) sia il vecchio Melcthal sia Walter Furst. Più problematico è il rimanente versante femminile del cast, giacché la soubrettina Tara Stafford è non poco fastidiosa (e non soltanto nei si naturali del finale primo), ed Alessandra Volpe è una mogliettina un poco sgraziata; molto equilibrati invece Raffaele Facciolà nel ruolo del tiranno Gesler, il pescatore di Artavzad Sargsyan, il Rodolphe di Giulio Pelligra e Marco Filippo Romano negli altri ruoli comprimariali. Particolare menzione per gli ultimi due che nell’appendice vestono rispettivamente i panni di Arnold e Guillaume assieme alla Mathilde di Diana Mian nell’esecuzione (non prima, giacché esisteva già testimonianza live in italiano, in una modestissima edizione, secondo la lezione della ripresa bolognese il cui autografo si trova nella Collezione Ragni a Napoli) di quel finale affrettato che si iniziò a innestare già nelle riprese parigine del 1831 poco prima di “Anathême a Gesler” del finale III, per concludere l’opera dopo la scena della mela, tagliando l’intero IV atto (e recuperando la grande aria di Arnold, opportunamente sfoltita, all’inizio del terzo): una stretta musicalmente impari al respiro dell’opera, sviluppata sul celeberrimo tema dell’Allegro vivace dell’Ouverture, la cui feticistica conoscenza nulla aggiunge alla grandezza del genio rossiniano. In appendice si può ascoltare anche una primigenia stesura del Pas de trois dal III atto (per la verità non molto differente dalla versione definitiva), oltre all’esecuzione di un Pas de ballet che sarebbe stato meglio includere nel primo atto.
Le dimensioni e la preparazione tecnica dei Virtuosi Brunensis e della Camerata Bach Choir sulla carta sarebbero non di grande auspicio per una partitura sì monumentale, e invece, complice la mano del maestro Antonino Fogliani, la resa complessiva è più che decorosa, grazie al compromesso (un po’ al ribasso, va detto) di ricorrere ad agogiche spesso sbrigative e trasformare tutti i finali d’atto in marcette da sagra della salsiccia: se, come scriveva Fedele D’Amico di un Guglielmo Tell integrale può durare meno di uno pesantemente tagliato, qui l’acuta osservazione trova conferma, in senso letterale, però.