L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

L'Olandese sarà redento?

di Luis Gutiérrez

Dopo l'inaugurazione con Il trovatore, l'Ópera de Bellas Artes di Città del Messico rende omaggio all'atro illustre bicentenario con Der fliegende Holländer di Wagner. Una celebrazione tutto sommato convincente, anche se non sono mancate perplessità su alcuni interpreti.

CITTA' DEL MESSICO, 3 ottobre 2013 - L'anno del bicentenario della nascita di due dei più importanti compositori d'opera è stato celebrato dall'Ópera de Bellas Artes con la programmazione di due delle loro opere più popolari, Il trovatore nel giugno passato e, all'inizio di questo autunno, Der fliegende Holländer, in coproduzione con il Festival Internacional Cervantino.

La produzione era presentata come atto unico, soluzione che mi è sempre gradita nonostante la durata di quasi due ore e mezza. Questa divisione in un atto era nel disegno originale del compositore, benché durante la sua vita sia sempre stato riproposto in tre, il che, a mio parere, spezza inopportunamente il flusso drammatico, oltre a ritardare l'ora di cena.

Uno dei temi ricorrenti nell'immaginario wagneriano è la ricerca di redenzione dell'eroe attraverso la fedeltà della donna, più ancora che attraverso il suo amore. La redenzione è intesa in modo pressoché religioso ed è sempre accompagnata dalla morte della salvatrice; Senta, Elisabeth, Brünhilde, Isolde e Kundry muoiono e redimono. Detesto il "semireligioso". Data la immensa letteratura fiorita intorno a Wagner, sono certo che qualcuno avrà certamente esplorato questo tema. Il tradimento di Wagner stesso verso i suoi amici con le loro mogli può esserne stata una causa, anche se devo riconoscere che anche Minna, la sua prima consorte, gli era stata infedele proprio prima di lasciare Riga fuggendo dai creditori. Quella di non pagare fu un'altra costante della vita di Wagner.

Come al solito sono partito per la tangente ma questo è pressoché inavitabile nel mio caso, così mi dico "concentrati sulla tua recensione!"

L'Olandese è stato incarnato dal giovane olandese (si perdoni il bisticcio) Bastiaan Everink, che ha cantato con una bella voce di baritono senza traccia di "latrato wagneriano". La sua prova nei panni del condannato a vivere finché l'amore di una donna non lo redima è stata convincente nel trasmettere la sua angoscia quando appare dopo sette anni senza aver mai incontrato, ovviamente, una donna disposta a dare tutto per lui. E ha mostrato disperazione nel credere, erroneamente, che Senta fosse fedele a Erik, dopo che la giovane gli aveva già offerto ogni garanzia del suo amore pure e redentore.

Il soprano scozzese Lee Bisset ha interpretato Senta. La signorina Bisset possiede un registro medio bello, per quanto non molto ampio; quando la voce si innalza verso le note acute è però calante e denuncia un vibrato esagerato, soprattutto per la sua giovane età. Durante la ballada di Senta, “Traft ihr das Schiff im Meere an”, gli acuti suonavano stridenti e la mettevano in difficoltà. La recitazione è stata adeguata, specialmente nell'unirsi al ritratto dell'uomo il cui viso è quello dell'olandese, collocato chissà perché nella sala principale della casa di Daland. 

A un livello vocale inferiore si collocavano il basso Gary Jankowski come Daland e il tenore John Charles Pierce come Erik, poiché entrambe le voci, pur belle e intonate, erano del tutto inudibili quando unite a quelle dell'Olandese o di Senta, figuriamoci in assiemi più numerosi. Il ruolo di Daland, padre di Senta, è affrontato in molte occasioni come parte comica, bilanciando il suo amore per i piaceri di questo mondo, la sua avarizia, i pensieri metafisici della figlia e dell'Olandese. Il basso americano ha esagerato, a mio parere, nell'esprimere la smania di trovare un buon partito a Senta, ai limiti dello sfruttamento della prostituzione. Il curriculum di Pierce dice che avrebbe cantato Tristan, il che mi pare incredibile per la voce che ho sentito.

Il timoniere è stato ben cantato e recitato adeguatamente dal tenore leggero messicano Emilio Pons e il contralto Ana Caridad Acosta è tornata al Palacio de Bellas Artes (dove ha debuttato nel 1987) dando vita come si conviene a Mary, la governante di Senta.

Armando Gama ha debuttato in Messico come regista e ha realizzato un'ottima messa in scena pur con un'importante variazione nella trama: Senta non muore fisicamente, ma solo spiritualmente. Ma questo è tutto materiale per un seminario su redenzioni "semireligiose". In effetti, già nell'overture appare un'attrice che impersona Senta anziana mentre vaga con la musica come faceva l'olandese; l'attrice riapparirà dopo che Senta svanisce con l'Olandese nel finale dell'opera. A me piace l'idea di Gama, ma credo che il problema sia per coloro i quali vedono l'opera per la prima e forse unica volta: non sapranno che "veramente" Senta muore per redimere "veramente" l'Olandese.

La scenografia di Robert Pflanz era semplice e funzionale senza distrarre dall'azione scenica, i costumi si accordavano con l'ambientazione negli anni '50 del secolo scorso. Ho sinceramente apprezzato la presenza costante del mare, ma devo dire che lo schermo che mostrava in proiezione la massa d'acqua aveva un'inclinazione tale da farmi temere che da un momento all'altro la scena ne sarebbe stata inondata. Le luci disegnate da Patricia Gutiérrez sono parse adeguate senza essere artistiche.

Il Coro del Palacio de Bellas Artes ha proposto un'esecuzione, come dire, instabile. A volte bene, come le donne che intonano il canto delle filatrici, a volte meno, come gli uomini che interpretano i marinai, quelli di Daland, essendo quelli dell'altro vascello già condannati fino al giorno del Giudizio. Suppongo che Gama abbia supervisionato la coreografia del coro, giacché la sua prima carriera è stata di ballerino. Credo che però abbia avuto poco tempo per occuparsene, giacché i colpi dei piedi dei marinai erano più irregolari di quelli dei bambini a una lezione di karaté.

 

A mio parere il Coro necessita urgentemente di un maestro stabile, altrimenti non avremo mai la garanzia che questo o quel direttore ospite possa ottenere in un paio di settimane di prove un risultato sufficientemente buono.

La direzione musicale di Niksa Bareza è stata soddisfacente, avrebbe potuto essere più brillante, ma i tempi tendevano sempre alla lentezza. L'orchestra del Teatro de Bellas Artes ha offerto una delle migliori prove che io abbia sentito, nonostante la scrittura assai esigente per gli ottoni nell'overture.

I definitivam credo che il bicentenario della nascita di Wagner sia stato celebrato con qualità e dignità, tanto da poter tornare a questo Der fliegende Holländer, il che, per uno che guarda sempre Wagner con sospetto, antiwagneriano impenitente, è decisamente molto.

Città del Messico, 03/10/2013. Palacio de Bellas Artes. Richard Wagner: Der fliegende Holländer, opera in un atto (1843) su libretto del compositore. Arturo Gama, regia. Robert Pflanz, scene, costumi e video. Patricia Gutiérrez, luci. Bastiaan Everink (Olandese), Lee Bisset (Senta), Gary Jankowski (Daland), John Charles Price (Erik), Emilio Pons (Timoniere), Ana Caridad Acosta (Mary). Coro e Orchestra del Teatro de Bellas Artes. Direttore ospite del Coro: Pablo Varela. Direttore musicale: Niksa Bareza. Capienza della sala: 1800 post. Posti venduti: 95%.


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