L'irresistibile volo del Pipistrello
di Pietro Gandetto
In occasione della partecipazione dell’Austria a Expo 2015, la Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico Giuseppe Verdi propone, in forma semiscenica, uno dei più noti titoli del repertorio operettistico, Die Fledermaus di Johann Strauss, in una produzione davvero convincente sia per la qualità degli interpreti che per il contributo orchestrale.
MILANO 13 agosto 2015 - Con Il pipistrello, la più celebre delle operette viennesi – che, per il vero, non ha mai goduto di una capillare diffusione nei teatri d’opera italiani – il re del valzer, Johann Strauss, si confermava raffinatissimo pioniere del genere in terra austriaca in contrapposizione all’omologo musicale francese, primeggiato da Offenbach. Era il 1874, quando l’atmosfera leggiadra e giocosa della Vienna imperiale del fin de siècle – che si rifugiava nel divertimento per superare la crisi finanziaria di quegli anni – veniva sapientemente ed elegamente trasfusa in questo capolavoro dal quarantanovenne Johann Strauss II.
II pipistrello di Johann Strauss è probabilmente l’antologia dei valzer più belli e più ‘musicali’ del mondo. Si sa che mettere in musica un valzer era la specialità di Johann Strauss. Ma, con Die Fledermaus, si assiste a una perfetta simbiosi tra la linea del canto e i motivi orchestrali più originali dell’autore del Bel Danubio Blu, che ha così creato un gioiello di rara bellezza, in cui l’impulso ritmico delle danze, l’eleganza delle arie di agilità e l’orecchiabilità delle pagine strumentali traghettano il pubblico in un’atmosfera di magica festosità. Atmosfera festosa che peraltro emerge anche dal libretto di Carl Haffner e Richard Genée, tratto dall’opera di Meilhac e Halévy, Le Réveillon, che in francese indica proprio la festa della vigilia di Natale.
La musica è fresca, fluente, frizzante ed eufonica; le frasi veleggiano in prevalenza nelle tessiture acute e sovracute come ventate di freschezza e, chiudendo gli occhi, si ha quasi l’impressione di assistere ad un vero e proprio ballo in maschera in una delle innumerevoli regge della corte asburgica.
Quando ci si approccia a capolavori come questo, bisogna sempre tenere presente che altro è il melodramma, dove i sentimenti sono amplificati fino all’esasperazione; altro è, invece, l’operetta, in cui i leitmotiv della composizione, dei personaggi e delle situazioni sceniche sono la leggerezza e il divertissement; contenuti ben sviluppati dagli interpreti della Verdi, in un sottile gioco di menzogne, equivoci, coincidenze, sfumature, finzioni sceniche e acrobazie vocali.
Partendo dai cantanti, emblema della verve tipica dell’operetta viennese è stata Elisabeth Flechl, davvero un’apprezzabile Rosalinde. La cantante, ormai veterana di questo repertorio, domina il ruolo con destrezza e sapienza scenica e vocale. La voce è duttile, agile, sonora, un po’ indietro nel primo atto, ma ben presente in quelli successivi, pur senza mai eccedere. Una vera attrice, sempre puntuale nella modulazione scenica varie frasi, sorrette da una tecnica sicura e spigliata. Nella Czarda, la cantante si diverte e fa divertire il pubblico, governando la partitura, non certo agevole, con perizia e naturalezza.
Un po’ insipida e sbiadita, invece, la performance di Michael Heim nella parte di von Eisenstein. La voce è piuttosto ferma, priva di proiezione del suono, e molto spesso coperta dall’orchestra pur dalle prime file. La presenza scenica non è male, e il personaggio che se ne trae è spigliato e convincente, ma vocalmente le carenze non sono mancate.
Degna di nota la prestazione del bassbariton Horst Lamnek, nel ruolo di Frank, che ha sfoggiato una voce ragguardevole per volume ed emissione, ben amministrata e accompagnata da una spigliatezza scenica e da una naturalezza nei movimenti davvero sorprendenti. Sempre preciso nella resa comica di ogni scena e nella numerose gag che hanno animato la serata.
Perfetta per il ruolo della cameriera Adele, il soprano Mirjam Engel. Finalmente un vero lirico di coloratura: una voce giovane, rotonda, perfettamente in posizione e sempre a fuoco per intonazione e fraseggio. Nell’aria "Mein her Marquis", la sofisticata interprete ha deliziato il pubblico con un’esegesi raffinata, ma sensuale, lontana dalle solite svampite soubrettes che vengono propinate da chi non sa tirar fuori il giusto carattere da questo ruolo. Peccato per i sovracuti un po’ traballanti, unico neo a una performance vocale e scenica davvero encomiabile.
Di qualità anche l’esecuzione del tenore Thomas Ebenstein, dotato di una voce luminosa, ampia e puntuale nella declinazione del personaggio di Alfred. I volumi forse un po’ troppo elevati, ma il giovane tenore ha dato prova di saper cantare. Bene ha fatto anche il controtenore Jakob Huppmann nel ruolo del principe Orlofsky: garbato nell’emissione mai macchiettistica, squillante negli acuti e con i giusti volumi nel resto della partitura. Abbastanza sotto tono il Dr. Falke di Alfred Berger: la voce un po’ indietro e piuttosto spinta, non è stata compensata una presenza attoriale di prim’ordine.
Bene anche la voce narrante dell’attore Boris Eder, che ha sostituito i gravosi recitativi con una spigliata descrizione delle scene in un italiano simpaticamente “austriacizzante”, che ha fatto sorridere il variegato pubblico presente in sala.
La conduzione del giovane direttore palermitano Gaetano D'Espinosa è stata gradevole. Partendo dall’ouverture, si è apprezzata la resa dei colori, dei rubati e dei crescendo, soprattutto grazie a una sezione, quella degli archi, che ben ha saputo esprimere, con grazia e carattere, i motivi orchestrali. Ma anche più oltre l’orchestra è stata convincente: sempre presente e mai eccessiva. Nei numerosi terzetti e nei morceaux d’ensemble, perfetta sintonia d’intenti tra gli strumenti e la linea del canto, sia nelle agogiche, che nella resa delle dinamiche. Gradevole sia alla vista che all’ascolto il coro diretto dal Maestro Christoph Wigelbeyer.
A fine serata, circa 20 minuti di calorosissimi applausi per tutto il cast e per l’orchestra. Una piacevolissima serata nella splendida cornice acustica dell'Auditorium Malher di Milano, un luogo che conferma la rinomata e calorosa accoglienza dello staff, cortese e disponibile, in un contesto disteso e di piacevole condivisone, dove si ha sempre il piacere di apprezzare della musica di livello come quella dell’altra sera.