L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La stella della Liederabend

 di Pietro Gandetto

Successo trionfale per Diana Damrau al recital di canto al Teatro alla Scala. Ovazione e sette bis: il pubblico incantato dai lieder eseguiti dal soprano bavarese e dal pianista Helmut Deutsch.

MILANO, 4 maggio 2015 - Lunedì 4 maggio il Teatro alla Scala ha ospitato il recital di canto del soprano Diana Damrau, che ha eseguito un variegato programma liederistico – genere non certo popolare in Italia – eseguendo i più noti lieder di Liszt, Strauss e Rachmaninov.

Il fil rouge della serata è stato appunto il lied, letteralmente una “canzone”, nella sostanza un microcosmo musicale incentrato sulla parola e sulla melodia, un’“opera in miniatura”, in cui cantante e pianista sono chiamati, entrambi da coprotagonisti, a interpretare una vasta gamma di emozioni, stati d’animo e atmosfere differenti con un’espressività romantica e profondamente intima.

Davvero eccellente la performance di Diana Damrau, uno dei più grandi, forse il più grande soprano di coloratura del momento, richiesto dai maggiori teatri del mondo. Accolta con un caloroso applauso da un pubblico che la attendeva con impazienza e curiosità, il soprano ha fatto il suo ingresso sul palco avvolto in un abito blu cobalto con un sorriso rassicurante in volto. Al suo seguito, il Maestro Helmut Deutsch, pianista austriaco specializzato in musica da camera e in liederistica, partner artistico consolidato di Damrau, e presenza costante nei recital di canto del tenore Jonas Kaufmann.

Il concerto si è aperto sulle note di Liszt, che nei suoi lieder richiede ai cantanti figure simili a quelle tipiche delle composizioni pianistiche. Una musica intensa e intimistica, nella quale Diana Damrau ha dato prova delle sue ben note e versatili qualità vocali: un susseguirsi di virtuosismi, preziosissimi filati, acuti e sovracuti omogenei e ricchi di colore, note medio-gravi grondanti di enfasi drammatica e un fraseggio puntuale e musicalmente corretto.

Uno dei momenti più emozionanti della prima parte del concerto è stato il celebre lied O lieb, so lang du lieben kannst! R 589, in cui Diana Damrau ha “stregato” il pubblico con un canto soave ed elegante, senza mai cadere in quell’eccesivo sentimentalismo in cui può sfociare questo repertorio. Un perfetto connubio tra la durezza della pronuncia della lingua tedesca – cui il pubblico milanese non è, in fondo, così avvezzo – e l’estrema poesia d’atmosfera delle melodie di Liszt.

Altrettanto valida l’esecuzione dei lieder in lingua francese come Ce qu'on entend sur la montagne, S'il est un charmant gazon, in cui il pianoforte non è stato mero accompagnamento del canto, ma interprete deputato all’evocazione di un mondo fiabesco, fatto di colori, profumi, e luci d’antan. Le note di Damrau cadevano come perle sugli ascoltatori e la cura nella ricerca di colori e nuances vocali è stata, come sempre, davvero notevole.

Meno coinvolgente è stato invece il trittico dei sonetti del Petrarca, forse anche in ragione della trasposizione in lingua italiana di un genere, quello del lied, sostanzialmente estraneo alla nostra lingua. Qui la signora Damrau è parsa meno incisiva nell’espressione e con qualche lievissima sbavatura nell’intonazione.

A seguito dell’intervallo, il concerto è ripreso con i lieder di Strauss, vere e proprie poesie in cui le originalissime melodie del compositore tedesco si sono alternate a slanci passionali come quelli di Cäcilia, altro brano in cui Diana Damrau ha saputo esprimere con la voce e con il volto l’enfasi drammatica voluta dall’autore.

Passando poi ai lieder di Rachmaninov è mutata la lingua, ma non il leitmotiv della serata, ovvero quello di un canto perfettamente aderente e, a tratti, quasi ancillare rispetto alla vis poetica del testo. Nei lieder di Rachmaninov il pianoforte diventa protagonista, con controcanti, virtuosismi, melodie di gusto esotico derivanti all’utilizzo di scale pentafoniche. Meraviglioso, tra tutti, il Siren’ op. 21 n. 5, del 1902, in cui il pianoforte dialoga con la linea del canto, evocando atmosfere impressionistiche da fin de siècle. Una musica attualissima, insomma, proprio perché oggi, come allora, gli artisti sono chiamati ad esprimere da un lato, il crollo di un sistema di valori e di un modello di vita, e, dall’altro lato, l'alba di una nuova epoca.

Al termine del concerto una vera e propria standing ovation per Diana Damrau: circa mezz’ora di meritati applausi inframmezzati dall’esecuzione di ben sette bis. Oltre ad altri titoli del repertorio liederistico, la cantante ha eseguito "Adieu notre petite table" dalla Manon di Massenet, e "O mio babbino caro" dal Gianni Schicchi di Puccini, dimostrando una volta di più la propria versatilità e la capacità di attraversare territori musicali così lontani, mantenendo sempre standard qualitativi eccellenti.

Tra le caratteristiche che hanno reso celebre Diana Damrau, sono state certamente determinanti la sua spiccata musicalità, l’emissione sicura, omogenea e apparentemente “semplice”, la qualità timbrica, la presenza scenica e la sua simpatia; doti, tutte, che ben supportano il consenso raccolto negli anni da quest’indiscussa protagonista del panorama musicale internazionale.

Un elogio va ad Helmut Deutsch, pianista di qualità dotato di un tocco delicato ma assertivo, che non ha mai coperto la linea del canto nonostante la parte pianistica di alcuni lieder fosse preponderante. Un pianista in piena sintonia di intenti con il canto, cui il pubblico scaligero ha elargito meritatissimi e calorosi applausi.

Dopo il concerto, Diana Damrau ha incontrato con la consueta cortesia e disponibilità le folte schiere di fan che la attendevano nel foyer per firmare gli autografi. Un vero successo, in attesa di rivederla alla Scala nella Lucia di Lammermoor il prossimo 28 maggio.


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