Dianne Reeves, sophisticated lady
di Carla Monni
All'interno del cartellone del Ravenna Jazz 2015 Dianne Reeves, una delle più importanti interpreti jazz contemporanee, nel suo tour 'Beautiful Life'.
Ravenna, 08 maggio 2015 – Classe, eleganza, ma anche forte senso dell'umorismo, il tutto concentrato nel concerto che si è tenuto lo scorso venerdì al Teatro Alighieri di Ravenna con protagonista Dianne Reeves, l'unica cantante jazz a poter vantare ben cinque Grammy Award – tra l'altro tre consecutivi – nella categoria Best Jazz Vocal Album: In The Moment (2001), The Calling: Celebrating Sarah Vaughan (2002), A Little Moonlight (2003), Good Night, and Good Luck (2006) e Beautiful Life (2015), l'ultimo disco prodotto da Terri Lyne Carrington, registrato nel 2014 dall'etichetta californiana Concord Records e proposto al Ravenna Jazz 2015 assieme ad alcuni standard indimenticabili.
L'album contiene cover leggendarie, accuratamente personalizzate, come Waiting in Vain di Bob Marley, Dreams dei Fleetwood Mac, I Want You di Marvin Gaye, 32 Flavors di Ani DiFranco, ma anche pezzi inediti – Cold e Satiated (Been Waiting) – e standard jazz. Il risultato è una commistione di generi, dal rhythm'n'blues al pop più sofisticato, che la Reeves manipola e affronta dimostrando ancora una volta la sua versatile vocalità, e spaziando – non poco – al jazz più tradizionale e alla musica latin. Ad accompagnarla sul palco del Teatro Alighieri un cast d'eccezione: Peter Martin al pianoforte, Romero Lubambo alla chitarra acustica e semi acustica, Reginald Veal al basso e contrabbasso e Terreon Gully alla batteria. Sono loro ad aprire la serata con la memorabile Summertime, guidata dal contrabbasso sfrenato e percussivo del chicagoiano Veal che sostiene il virtuosistico solo della chitarra acustica del brasiliano Lubambo. La Reeves entra sul palco presentata dall'intro celestiale del pianoforte di Martin, decisamente di matrice gospeliana, dai compatti rimshots di Gully e dagli echi chitarristici di Lubambo nel brano di Stevie Nicks, Dreams. La cantante abilmente rispetta l'atmosfera mite del brano, grazie alla scelta di una lirica dai vocalizza tenui e l'utilizzo delle pause nei momenti opportuni, che poi sfociano in uno scat afro-latino che si affretta sempre maggiormente fino a chiudersi in una nota tenuta lunga. Impossibile non notare il controllo impressionante nella fascia vocale più grave e gli acuti ariosi nella bellissima ballad dal raffinato arrangiamento in 6/8, Stormy Weather, marcata e farcita dalle dinamiche ben misurate e dalle invenzioni ritmiche della bacchetta di Gully, specialista nello sfruttare tutte le sfumature timbriche dei differenti elementi della batteria.
In Tango, pezzo originale scritto dalla Reeves, invece la ritmica si fa sempre più incalzante. Il brano è interamente sprovvisto di parole e la melodia sfocia man mano in una salsa sempre più furiosa; la voce esplode accompagnata dalle percussioni di forte matrice afro-cubana e dal contrabbasso ipnotico di Veal, il quale sommerge il pubblico con svariati impulsi ritmici, e intanto Martin gioca sui colori dei tasti del pianoforte, mirando soprattutto all'utilizzo di accordi quartali.
Non sono mancati inoltre alcuni brani appartenenti ad album precedenti, come lo swingante You're Driving Me Crazy, tratto da Good Night and Good Luck, colonna sonora dell'omonimo film di George Clooney, che ha raggiunto la quarta posizione nella classifica Jazz Albums; e Softly As In The Morning Sunrise, compreso nel disco I Remember del 1991, in cui la Reeves sfida i musicisti creando un dialogo tra loro, a mo' di botta e risposta, in particolare con Martin, le cui note non fanno solo da riempitivo alla melodia, ma a tratti accentuano letteralmente la voce della cantante. Accattivante è stata The Man I love, in cui la Reeves rispetta questa volta il motivo straziante gershwiniano, a metà tra jazz e blues, ben lontano dalla bossa che solitamente propone nei suoi live. Toccante è l'intero chorus interpretato dalla voce accompagnata dal solo walking bass di Veal, che anticipa l'entrata pacata della batteria prima e del pianoforte e della chitarra poi. La Reeves gioca sulla melodia in maniera raffinata, ne plasma le parole e le vocalizza in maniera velata.
La serata si chiude con uno dei sui cavalli di battaglia, la bellissima Love for Sale porteriana, in cui la cantante trascina gli spettatori a cantare con lei e a imitarne i vocalizzi. Il pubblico fa da background al suo repentino scat caraibico, dove mischia le acrobazie melodiche ai suoni delle percussioni, ribattendo i rimandi colti di Gully e la melodia della chitarra acustica di Lubambo. Nel ritorno al tema iniziale, di rimandi r&b, la Reeves ne approfitta per presentare il suo quartetto, cantando a ritmo una spiritosa descrizione di ciascuno dei componenti della band. Il complesso rientra quasi subito per dedicare un ultimo brano alla platea, e lentamente la Reeves abbandona la scena intonando gli ultimi vocalizzi che si attenuano sotto gli applausi euforici degli spettatori del Teatro Alighieri.
Ironica e affascinante, grazie alla sua grande espressività, Dianne Reeves è riuscita ad arrivare al pubblico e ad unire nelle sue musiche – inedite e non – la sua vocalità aggressiva a un timbro più morbido, legando vocalità classica e moderna insieme. È una delle poche cantanti che ha capito come abbattere i confini che separano i diversi stili, e che sapientemente fonde nel suo personale gusto estetico. Citando la Reeves “at its essence, life is beautiful, and I wanted to celebrate that which is too often overlooked”.