La poesia del colibrì
di Roberta Pedrotti
Mariam Batsashvili, prima donna a vincere il concorso Liszt di Utrecht, inaugura il festival Pianofortissimo 2015 imponendo la sua visione profonda e poetica dell'opera del grande virtuoso ungherese.
BOLOGNA, 18 giugno 2015 - Bis, La campanella di Liszt da Paganini. Partiamo dalla fine, da una scelta che potrebbe sembrare il suggello di un pianismo appariscente e accattivante, di un virtuosismo che punti semplicemente a brillare e coinvolgere, e che, invece, ci dice tutt'altro, perché le mani della giovane georgiana Mariam Batsashvili sembrano due colibrì, tanto leggere e veloci che rimaniamo ipnotizzati dal loro movimento senza riuscire a cogliere l'istante in cui effettivamente si posano sui tasti, e il loro volo non è spettacolo ma poesia. Gli intervalli onomatopeici, il crescendo dinamico, la tessitura intera di questa pagina viene fraseggiata con una naturalezza disarmante da questa ragazza minuta che, fresca vincitrice del premio Liszt di Utrecht, sembra possedere il segreto mirabile per sottrarre l'Ungherese a pirotecnici narcisismi senza cedere di un passo sul campo delle difficoltà tecniche.
Per l'inaugurazione del terzo Festival Pianofortissimo a Bologna la direzione artistica di Alberto Spano ha messo davvero a segno un colpo formidabile con l'esordio di questa ventiduenne praticamente sconosciuta in Italia, ma che, ci scommettiamo, in capo a un paio d'anni sarà contesa dalle maggiori istituzioni ansiose di offrirle un debutto.
Ora ce la godiamo in una serata serena e piacevolmente fresca, nel cortile dell'Archiginnasio (vale a dire uno dei palazzi più belli di Bologna), sotto un cielo stellato che al crepuscolo si vede attraversare da qualche benvenuto – e discreto, benché non del tutto silenzioso – pipistrello urbano. Meno benvenuto, ché la sua utilità ecologica è tutta da dimostrare, il rimbombo amplificato proveniente a tratti dalla limitrofa piazza Galvani: possibile che, dandosi a pochi metri un concerto all'aperto, si autorizzino anche tali interferenze? Tiriamo un profondo respiro e passiamo oltre le due intrusioni acustiche, che, comunque, non arrivano a farci perdere il piacere dell'ascolto di Mariam Batsashvili e del suo intrigante programma.
Si comincia con un incontro a distanza fra contemporanei – Bach che trascrive il Concerto in re maggiore di Benedetto Marcello – per passare a una rara lettura ottocentesca di una pagina barocca poco nota – Sarabanda e Ciaccona di Liszt su un tema dell'Almira di Haendel – che conduce direttamente all'autore cuore della serata e alla sua suggestione non più musicale, ma letteraria: Après une lecture de Dante: Fantasia quasi Sonata.
Interpretazione di grande maturità, notevolissima soprattutto se si pensa all'età e all'esperienza di questa ragazza, evidentemente dotata di una sensibilità non solo musicale innata e spiccatissima. La tecnica c'è eccome, ben salda, sì da permetterle di venire a capo senza impacci né affanni di questa scrittura, ma soprattutto è tale da poter esser essere trascesa dall'interprete, da non apparire come protagonista assoluta, da poter essere dimenticata dall'ascoltatore, che a mente fredda non potrà non riconoscerla pur serbando, però, in primo luogo la memoria del pensiero musicale. Ecco dunque perché premio Liszt non avrebbe potuto essere più prezioso e meritato: perché sottrae l'Ungherese al predominio di virtuosi iperbolici ma fini a se stessi o di pianisti, semplicemente, esteriori, per dimostrare come, anche nei suoi anni di brillante carriera solistica prima degli ultimi sviluppi mistici e intellettuali, Liszt può essere materia musicale, poetica più che circense (absit iniuria verbis).
Bella la plasticità del fraseggio, bella la ricerca dei colori nell'affresco dantesco, come sarà pregevole la divagazione ante e post Liszt con il Rondò a Capriccio beethoveniano La rabbia per il soldino perduto e l'Allegro Barbaro di Bartòk. Come sarà, soprattutto per la Rapsodia Ungherese n. 13 e la Tarantella (Venezia e Napoli) che chiudono il programma ufficiale, confermando come anche il valore del pianista possa trasformare una medesima scelta, per un gran finale, o in leziosa e ruffiana o in intrigante e ipnotica. Mariam Batsashavili non sembra voler conquistare a tutti i costi il pubblico italiano e proprio così ci seduce e ci fa sperare di rivederla presto e spesso nei nostri cartelloni. Perché fa musica, perché questa ragazzina guizzante e minuta dalle mani di colibrì ha personalità da vendere e una naturale poesia che potrebbero regalarci un'esplorazione della letteratura lisztiana da sogno.
E La campanella chiude il cerchio, fra gli applausi entusiastici.