L’Ape musicale

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I concerti

Il primo concerto a cui abbiamo assistito appariva di discreto interesse. Direttore d'orchestra era l'ungherese Ádám Fischer, alla guida della Bamberger Symphoniker – Bayerische Staats philarmonie. La prima parte prevedeva la celeberrima sinfonia Nr. 25 in sol minore KV 183 di Mozart. Sinceramente l'esecuzione non ci ha entusiasmati appieno, poiché non è stata sfruttata l'ottima acustica della Max-Littman-Saal con tempi troppo staccati, impetuosi e la ricerca di sfumature e fraseggio poco approfondita. Il lavoro su colori e nuances non è parso assente, ma più adatta alla sfilata di un atelier di moda che non a un'espressione artistica. Oltretutto, nonostante l'ineccepibile tecnica musicale dei professori, qualche piccola sbavatura è stata avvertita. Discorso simile nella seconda parte, con il concerto per violino e orchestra Op. 77 di Johannes Brahms, ben eseguito da Frank Peter Zimmermann, anche se molti passaggi sembravano esprimere un virtuosismo fine a se stesso più di carattere scientifico - in senso moderno - che non artistico.

Grande soddisfazione personale ci ha dato il successivo concerto delle 22:30, nella bella sala dell'albergo che ci ospitava, che voleva ripercorrere lo spirito frivolo e trasognato del cabaret parigino di fine Ottocento. Oltre che ottimo pianista, Siegfried Mause si è dimostrato grande intrattenitore, nel suo racconto appassionato agli astanti dello spirito, del sogno e dell'estasi (traiamo pillole del suo discorso) dell'epoca. Più frivolezza e malizia ci sarebbe piaciuta da parte della cantante Amélie Sandmann, purtroppo vittima di un'intonazione troppo spesso precaria. Il programma comprendeva brani di Erik Satie, Maurice Ravel, Claude Debussy (purtroppo tradotto in tedesco) e Édith Piaf.

Il giorno dopo siamo stati accompagnati in una passeggiata per le vie della città e delle curiose strutture del luogo. Zar, imperatori, principi, capi di stato si sono avvicendati presso Bad Kissingen, alla ricerca del beneficio che si poteva ottenere dalle acque salate, uniche per il loro poteri curativi.

Tutto questo prima di assistere, nella Rossini-Saal (anche il maestro pesarese fu spesso in quel luogo) al concerto della The Chamber Music Society of Lincoln Center New York I. La prima parte è stata dedicata a Wolfgang Amadeus Mozart, con il trio per clarinetto, viola e pianoforte KV 498, seguito da un brano (qui torna la filosofia del festival) contemporaneo di Marc O'Connor e, prima della pausa, abbiamo avuto il piacere di ascoltare Rhapsody in Blue di George Gershwin. Seconda parte, al contrario, monopolizzata dal quintetto per pianoforte, due violini, viola e violoncello, op. 44 di Robert Schumann.

Tutti i brani sono stati eseguiti bene, con partecipazione e discreta passionalità, consentendo agli interpreti di ottenere un convinto successo. Ci piace ricordare uno per uno gli esecutori, che sono stati Wu Han (pianoforte), David Finckel (violoncello), Chad Hoopes (violino), Arnaud Sussmann (violino), Matthew Lipman (viola), Jose Franch-Ballester (clarinetto) e Gloria Chien (pianoforte).

Trascorsa la giornata di sabato in tranquillità, grazie anche a un bel concerto mattutino nel locale parco, non facente parte del festival, ma ugualmente piacevole, ci siamo avvicinati all'evento che suscitava maggior interesse nel nostro soggiorno: il Gala di Cecilia Bartoli con Diego Fasolis e i Barocchisti. Il titolo del concerto Von Venedig nach St. Peterburg (da Venezia a San Pietroburgo), poteva far pensare a una semplice promozione delle ultime fatiche discografiche della Bartoli. La cantante italiana, invece, si dimostra fine artista e seria esecutrice. Il volume non è sicuramente imponente e l'artista pare risparmiarsi in più punti, specialmente nella coloratura, per delle non perfette condizioni di salute, ma fraseggio e pathos artistici sono assolutamente indimenticabili. La Bartoli presta cure doviziose ad ogni accento, senza lasciar alcun respiro al caso. La tecnica è raffinata e appropriata al repertorio e la gestione dei fiati ottimale. Concerto molto lungo, s'è detto, ma mai noioso. Quasi tre ore di musica - con un piccolo intervallo nel mezzo - fuggono in pochi istanti. La prima parte è interamente dedicata ad Antonio Vivaldi, con l'esecuzione di cinque arie cantate e due brani orchestrali. Seconda parte più originale e intricata della prima, con brani di Hermann Haupach, Nicola Porpora e Francesco Domenico Araia. Quello appena citato non è stato l'ultimo autore eseguito, ma l'aria di Demetrio dall'opera Seleuco, “Pastor che a notte ombrosa”, è stata certamente la più bella e coinvolgente, anche per dei mirabili effetti di luci e scenografici, degni della più opulenta corte imperiale. Chiusura con Johann Adolph Hasse, ancora Araia e Raupach. Al termine alcuni bis fra cui “Ah, facile vittoria” di Agostino Stefani e la celeberrima aria di Cherubino “Voi che sapete” da Le Nozze di Figaro di Mozart.

Meritate ovazioni per Cecilia Bartoli, ovazioni meritate anche per la bacchetta di Diego Fasolis, ottimo concertatore e raffinato musicista in tutti i brani, sia che fossero per sola orchestra, sia in accompagnamento alla celebre e raffinatamente passionale solista che si trovava accanto.

Purtroppo impegni di vario tipo ci hanno costretti al rientro in Italia la mattina dopo, perdendoci l'interessante concerto “Notte italiana”, ma speriamo di poter seguire più assiduamente gli eventi del Kissinger Sommer negli anni venire, grati all'ottima organizzazione dell'ufficio comunicazione e di pubbliche relazioni, nonché a tutto l'organigramma della manifestazione.


 

 

 
 
 

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