Caccia alle streghe
di Giuliana dal Piaz
Allo Stratford Festival, il dramma di Arthur Miller torna a rievocare cacce alle streghe d'ogni epoca, la repressione della società e il fermento dell'istinto.
STRATFORD, 21 agosto 2019 - Uno dei significati della parola “crogiolo” – suggerisce il regista Jonathan Goad nelle sue note introduttive, forzando un po’ una delle definizioni date dal vocabolario – è quello di “situazione di severa messa a prova, che sfocia nella creazione di qualcosa di nuovo”. È in questo senso che va inteso il titolo che Arthur Miller diede al suo dramma del 1953, in piena attività del famigerato Comitato Parlamentare per le Attività Antiamericane, che rinnovava per fanatismo ideologico (l’anticomunismo maccartista) nel XX secolo, la “caccia alle streghe” che per fanatismo religioso aveva funestato Salem, Massachussets, nel 1692.
Trentacinque anni più tardi, riflettendo sul successo che il suo dramma riscuoteva a livello internazionale, lo stesso Miller osservava: “Il suo significato è alquanto diverso in luoghi e momenti diversi. Posso quasi dire qual è la situazione politica di un paese quando improvvisamente vi scoppia il successo del [mio] dramma – o è il preavviso di una tirannide in arrivo o il memento di una tirannide appena passata” (Arthur Miller, Timebends, 1987), riferendosi alle vicende che, nella Cina di Mao o nei paesi del blocco sovietico, coincidevano con presentazioni di grande risonanza del Crogiolo.
La pièce riproduce abbastanza fedelmente gli eventi e i personaggi storici, modificando solo qualche dettaglio: riduce, ad esempio, di molto l’età di Proctor e aumenta quella di Abigail, per creare tra loro una tensione sessuale credibile e stabilire la colpa di lui. In realtà, nel nascere e diffondersi della follia collettiva, i risentimenti personali e alcune faide sui terreni, che fermentavano tra gli abitanti del villaggio, giocarono un ruolo maggiore dell’aspetto sessuale: questo soggiaceva represso nell’immaginario delle ragazzine, ma di fatto veniva contemplato solo nel rapporto tra Satana e le sue pretese adepte. Stabilendo una responsabilità del protagonista, Miller aggiunge effetto drammatico all’azione. Ma percepisce anche le dimensioni psicologiche parallele tra le due vicende storiche. È il senso di colpa, egli dice, che permette il sorgere di entrambe le “cacce alle streghe”: la colpa “di nutrire illeciti sentimenti repressi di alienazione e ostilità nei confronti di una società, standardizzata alla luce del sole nei termini espressi dai suoi rappresentanti più ortodossi”.
Semplice ed efficace la scenografia di Michael Gianfrancesco con sullo sfondo la spettrale presenza del bosco in cui – lo dicono le battute della scena iniziale – è cominciata la vicenda, con la danza proibita delle ragazzine per la pretesa evocazione del demonio. Tradizionali i costumi dei personaggi, ben disegnate le luci, buoni gli effetti speciali.
Anche se a tratti la concitazione dei movimenti in scena appare eccessiva, è ottima la recitazione di tutti gli attori, principali e comprimari. Particolarmente convincente quella di Shannon Taylor e Tim Campbell (i coniugi Proctor), che passano dalla serena atmosfera serale della loro casa – lui consuma tardi la sua cena, lei impasta e mette a lievitare il pane per il giorno dopo – al turbine delle denunce e dell’arresto.
Ben tratteggiata da Rylan Wilkie la figura del Reverendo Hale: entusiasta e impetuoso al suo arrivo a Salem da un’altra diocesi, diventa l’unica voce sensata che cerca inutilmente di farsi ascoltare al processo. Ed è lui che sa mostrarsi sconvolto nel narrare la visione di un villaggio desolato, dove le mucche non sono più munte e accudite e, dopo mesi di processo, centoquarantuno arresti, venti esecuzioni capitali e cinque morti in prigione, tanti bambini orfani vagano abbandonati per le vie.
Brave le giovani attrici che impersonano le ragazzine amiche e complici di Abigail e ne seguono le direttive espresse e sottintese, quando si abbandonano alla scena di isterismo collettivo in cui fingono di vedere il diavolo incombere su di loro nell’aula del processo.
All’uscita dal teatro, gli spettatori commentano positivamente lo spettacolo a cui hanno assistito e che hanno applaudito con entusiasmo.
Foto di scena: Cylla von Tiedemann
THE CRUCIBLE (Il crogiolo),di Arthur Miller (1953) – Avon Theatre, Stratford, dal 16 agosto al 25 ottobre.
Regia: Jonathan Goad. Scene: Michael Gianfrancesco. Luci: Bonnie Beecher. Musica e regia del suono: Debaschis Sinha. Direttore di movimento: Adrienne Gould. Combattimento in scena: Anita Nittoly.
Personaggi e interpreti:
Reverendo Parris – Scott Wentworth
Betty Parris, sua figlia – Aviva Goad
Abigail Williams, sua nipote – Katelyn McCulloch
John Proctor – Tim Campbell
Elizabeth, sua moglie – Shannon Taylor
Francis Nurse – Rod Beattle
Rebecca, sua moglie – Maria Vacratsis
Giles Corey – John Dolan
Martha, sua moglie – Kim Horsman
Ann Putnam – Jessica B. Hill
Thomas Putnam – Sean Arbuckle
Reverendo Hale – Rylan Wilkie
Sceriffo Herrick – Jordin Hall
Ezekiel Cheever, ufficiale del tribunale – Gordon Patrick White
Giudice Hathorne – Roy Lewis
Vice Governatore Danforth – Wayne Best
Sarah Good – Beryl Bain
Hopkins – Andrew Robinson
Ragazze amiche e complici di Abigail:
Susanna Walcott – Déjah Dixon-Green
Mercy Lewis – Jennifer Rider-Shaw
Mary Warren – Mamie Zwettler
Tituba – Ijeoma Emesowum
Altri cittadini di Salem: Qasim Khan, Alexandra Lainfiesta, Andrea Rankin