Sogno di una notte d’inverno
di Alberto Ponti
Debutta in Italia lo spettacolo dello Staatsballett Berlin
TORINO, 20 dicembre 2016 - Ti aspetti la neve, le atmosfere ovattate della grande fiaba ma quando il sipario si solleva prende vita lo spettacolo di un realismo onirico, notturno e solare allo stesso tempo, nel mondo fantastico evocato dalla musica di Čajkovksij, a rischiarare con il suo turbinoso sfavillio una Torino incupita da una pioggia costante e prolungata.
La scenografia pulita ed essenziale, splendidamente assistita dalle luci di Brad Fields, domina tutto il prologo e i tre atti di questa Bella addormentata natalizia del Regio, nell’allestimento dello Staatsballett di Berlino per la prima volta presentato nel nostro paese.
Trovano così spazio sovrano la regia e la coreografia dello spagnolo Nacho Duato: ariosa e lineare, assai moderna nella concezione, la messinscena privilegia gli assoli dei protagonisti, sempre di alto livello, togliendo i fronzoli e gli orpelli alle grandi scene d’insieme che pure costituiscono un indubbio fascino del balletto ottocentesco. Su tutti, emergono l’Aurora di Iana Salenko e il principe Désiré di Marion Walter ma anche la cattivissima fata Carabosse interpretata da Rishat Yulbarisov (salutata al termine da un’autentica ovazione) e il suo pendant benefico della Fata dei Lillà (Sarah Mestrovic).
I costumi di Angelina Atlagić giocano invece sull’accostamento di tinte pastello con una serie quasi infinita di nuances del bianco e del crema, con un effetto finale di estrema raffinatezza.
Il principale trait d’union, senza il quale anche la danza perderebbe il suo incanto, sono ovviamente le celebri melodie čajkovskiane, interpretate dall’orchestra del Regio nel pieno rispetto della tradizione, nonostante alcuni tagli operati dal maestro sul podio Pedro Alcalde (anche compositore e autore di diverse musiche ballettistiche) su una partitura che altrimenti oltrepasserebbe abbondantemente le due ore di musica.
La sua direzione, forse non bellissima a vedersi, con le braccia quasi sempre tese a fendere l’aria con il ritmo regolare delle pale di un mulino a vento, premia tuttavia il lavoro di scavo analitico fatto con la compagine subalpina: il fraseggio degli archi è pulito e impeccabile, di notevole bellezza per quanto riguarda i violoncelli, mentre gli inserimenti dei fiati e le trame delle percussioni hanno la precisione e la brillantezza di un perfetto meccanismo a orologeria in una scrittura che prevede raffinatezze ritmiche destinate a non essere ignorate dai grandi compositori russi del Novecento, a cominciare da Prokov’ev e Stravinskij.
Il grande valzer, la polacca, i passi a due e i passi a quattro, le apoteosi dei finali dispiegano tutto l’eccezionale talento di un musicista che ebbe il dono di un’inventiva inesauribile e di una strumentazione lussureggiante, ma soprattutto la capacità di far convivere una forma considerata frivola e puramente spettacolare come il balletto (unico è il talento di Čajkovksij nel sublimare il superfluo, che manca ad esempio agli eccelsi italiani come Rossini, Donizetti e Verdi quando sono costretti a scrivere le danze all’interno delle proprie opere) con la drammaticità di un racconto in cui, al di là del lieto fine, si toccano a tratti anche le corde della tragedia.
Il perfetto connubio fra azione scenica e musicale si verifica soprattutto nella scena della caccia del secondo atto, con il principe alla ricerca di Aurora, che non mancò di entusiasmare fin dalla prima pietroburghese del gennaio 1890, così come nelle danze caratteristiche all’esordio del terzo atto, con la magica allure di un’atmosfera già simile a quella del successivo Schiaccianoci : dalla scena dei gioielli (bravissimi gli interpreti Kevin Pouzou, Ekaterina Petina, Luciana Voltolini e Weronika Frodyma) alla gatta bianca e al gatto con gli stivali, dall’uccello azzurro a Cappuccetto Rosso e il lupo, tutti numeri applauditi a scena aperta al pari di quelli dei personaggi principali.
Un grandioso successo per l’intero cast corona una performance di rilievo europeo, con la presenza di un pubblico numeroso ed entusiasta ad ognuna delle rappresentazioni.
foto Yan Revazov