L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Asciutto, sottile, coinvolgente

 di Irina Sorokina

La versione di Ratmansky del leggendario balletto di Prokof’ev è nata per The National Ballet del Canada con sede a Toronto. Ma grazie alla bravura dei giovani artisti del Bolshoi ha trovato la sua vera patria a Mosca. Una coreografia asciutta, sottile, coinvolgente: siamo nel ventunesimo secolo ormai.

MOSCA, 19 gennaio 2018 - Un’altra volta Romeo e Giulietta, direbbe qualcuno, e avrebbe ragione. La partitura di Prokof’ev - che entra, senza dubbio, nella lista “top” dei balletti più rappresentati in tutto il mondo - vanta una grandissima popolarità e una lunghissima tradizione nel teatro di balletto russo. A cominciare dalla prima rappresentazione a Leningrado, con le coreografie di Leonid Lavrovsky, passando attraverso le versioni di Yury Grigorovich per il Teatro Bolshoi, Natalya Kasatkina e Vladimir Vasilyov per il Balletto Classico di Mosca (attualmente il Teatro Statale Accademico del Balletto Classico), Oleg Vinogradov e Nikolay Boyarchikov per il Teatro Maly di Leningrado (attualmente il Mikhaylovsky di San Pietroburgo), Vladimir Vasylyev per il Teatro Accademico Musicale K. S. Stanislavsky e V.I. Nemirovich-Danchenko, senza nominare le numerose versioni per i teatri d’opera e balletto sullo sconfinato territorio dell’Unione Sovietica.

Ed ecco una nuova versione del famoso titolo, russa, ma non troppo, verrebbe a dire. Rappresentata per la prima volta al Bolshoi di Mosca a novembre del 2017, è stata creata dal coreografo russo Alexey Ratmansky per la compagnia del National Ballet of Canada che si basa a Toronto, nel 2011. Toronto certo non può vantarsi del titolo di una delle capitali mondiali della danza, ma Mosca si. Sei anni dopo un balletto ideato per una grande città canadese arriva alla capitale russa, e l’operazione appare perfettamente riuscita.

La versione di Ratmansky, una volta il direttore artistico del Balletto del Bolshoi e attualmente il coreografo dell’American Ballet Theater, è sorprendente. Bellissima. Se qualcuno aspetta qualche concetto “nuovo” o qualche cosa scioccante, si sbaglia di grosso. Perché il pubblico assiste a un racconto coreografico dettagliato e compiacente della storia dei giovanissimi amanti veronesi, come ci si aspetta.

Ratmansky non tocca lo storico libretto di Adrian Piotrovsky, Sergey Radlov e Sergey Prokof’ev e tanto meno la magnifica ed estesa partitura di quest’ultimo, che a suo tempo creò tantissimi problemi alla squadra artistica a cui toccò di affrontarla per la prima volta. In Russia non è dimenticata una frase rimata che recita: “Non c’è una storia più triste nel mondo che la musica di Prokof’ev per il balletto”. Ratmansky, famoso per la sua sensibilità musicale, riesce a coreografare un’immensa partitura con naturalezza e fantasia. Non c’è un punto morto nel suo spettacolo, il suo talento di coreografo è pari a quello di regista. La sua versione di Romeo e Giulietta colpisce dall’impeccabile senso di teatro, la logica e la bellezza visiva.

Nel creare quest’ultima, si avvale della collaborazione di una persona di talento, lo scenografo e costumista Richard Hudson. Le scene di Hudson sono appena accennate, minimaliste, quasi povere. Si riconoscono facilmente le loro fonti d’ispirazione: il Castelvecchio a Verona, il Castello Estense a Ferrara. Appaiono un po’ troppo astratte, preferiscono il color rosso dalla sfumatura particolare che ricorda quella dei mattoni. La creazione degli altri ambienti, diversi dalla piazza veronese dove avvengono gli feroci scontri, avviene a vista, nel modo tradizionale. Cala un sipario a metà palcoscenico e siamo nella camera da letto di Giulietta; cala un fondale con le vetrate dipinte e assistiamo al fatale ballo in casa Capuleti. Oltre alla piazza Hudson crea la casa di Giulietta coll’immancabile balcone e una maestosa e cupa cripta dove viene deposto il corpo della giovane.

Le scene asciutte sono in un certo contrasto con i costumi di una folgorante bellezza, evidentemente ispirati alle opere di Piero della Francesca e contemporanei. Tagliati con una grande eleganza, fatti dei tessuti preziosi, affascinano soprattutto per i colori, tra cui trionfano il rosso mattone, il bianco panna, il turchese, il blu, il pervinca, il marrone, il nero. Stupefacenti sono tutti i quattro abiti di Giulietta.

In perfetta armonia con le scene e i costumi di Hudson sono le belle luci di Jennifer Tipton.

Una gioia per gli occhi, la coreografia di Ratmansky, molto fantasiosa e altrettanto misurata. Il corpo di ballo nelle scene in piazza (le ragazze con le scarpette con tacco) non è mai numeroso e ogni ballerino/a sembra avere una certa personalità, comprese due disinibite prostitute, non prive d’eleganza. La coreografia, non certo facile, costringe gli artisti a dividersi in piccoli gruppi, a lavorare mantenendo un ritmo molto elevato, battere i piedi en dedans, trasmettere uno spirito un po’ volgare, mentre nella scena del ballo in casa Capuleti rievoca i maestosi movimenti dei balli rinascimentali chiedendo dagli artisti di camminare con una postura perfetta e una grazia estrema e di formare gruppi pittoreschi con una precisione altissima. Non mancano i momenti spettacolari, come quello quando Romeo e Giulietta si guardano issati, lui dagli amici, lei da Paride. In questo momento sono due angeli di purezza contro il mondo in guerra. La coreografia di Ratmansky richiede anche l’agilità e la capacità di usare le armi da tutti gli interpreti maschili e i ragazzi del corpo di ballo.

Ratmansky è creatore dei magnifici passi a due, che usano il linguaggio della danza classica e nello stesso tempo lo arricchiscono di movimenti insoliti, coraggiosi e azzardati. Questa versione di Romeo e Giulietta è un ballet d’action, con la parte narrativa dettagliata e scrupolosa, ma anche questa ha come protagonista la danza. Ratmansky è creatore dei pezzi di grande effetto, come la danza di quattro maschere in piazza nel secondo atto, semplicemente condannata al successo per il virtuosismo e lo spirito ironico. L’arte del coreografo russo non sembra messa in difficoltà dall’eccessiva lunghezza dei alcuni pezzi della partitura che tradizionalmente suscita la disperazione nei coreografi, soprattutto nella scena del balcone o nel monologo di Giulietta che deve bere la pozione del Frate Lorenzo.

La coppia dei giovani amanti è la stessa a cui Jean-Christophe Maillot tre anni prima aveva affidato i ruoli di Caterina e Petruccio nella sua spigolosa versione della Bisbetica domata: Ekaterina Krysanova e Vladislav Lantratov. È una grande fatica, credere che siano sempre loro. Tre anni prima, tre giorni prima [leggi la recensione] sono stati due indomabili teppisti al limite di rozzezza e violenza, e adesso sono una coppia dei giovanissimi amanti “senza pelle”.

La tradizione sovietica vuole che sia Giulietta la vera protagonista della storia, grazie a una intramontabile interpretazione del ruolo di Galina Ulanova, un eterno mito del balletto classico. Nella versione di Ratmansky i giovani amanti sono pari. Ekaterina Krysanova–Giulietta è una stella grandiosa di cui la luce è tutt’altro che dolce e lontana. È una stella calda e pulsante che illumina in pieno tutto ciò che la circonda. Una ragazzina, quasi una "bambina-capretta” che si distingue per la vivacità, la voglia di scherzare ed amare, la fretta di vivere che la porta a dimostrare un raro coraggio. Rifiuta lo sposo predestinato, entra in un conflitto irrisolvibile con suo padre, subisce la sua ira e la violenza. Da delle sequenze classicissime, da un brillante pas de chat all’italiana che sembra la sua “firma” passa ai movimenti drammatici e strazianti, le cadute sul pavimento. Vladislav Lantratov è un Romeo vibrante e coraggioso come l’amata Giulietta, a volte pensieroso e studioso, appare col libro in mano, non estraneo allo scherzo che in pieno appartiene ai suoi amici Mercuzio e Benvolio. Le figure degli amanti veronesi sono scolpiti esclusivamente coi mezzi coreografici, senza una melodrammatica recitazione.

Non è da meno Igor Tsvirko nel ruolo di Mercuzio ,che merita il titolo di terzo protagonista. Dotato di un bellissimo volto, di una particolare verve attoriale, di una forte tecnica, disegna un Mercuzio come non semplice buffone, ma come una specie di spensierao gaudente, innamorato della vita e del suo lato erotico. Corteggia le prostitute, prende in giro nel modo malizioso la Nutrice. Quando cade per mano dell’insano Tebaldo, sembra che sia scomparso il sole.

Tutti i ruoli di contorno sono elaborati con cura ed amore dal coreografo e sono eseguiti così bene che lasciano un’immagine indimenticabile nel cuore e la mente dello spettatore: un giocoso Benvolio di Dmitry Dorokho; un elegantissimo e sadico Tebaldo di Vitaly Biktimirov; un perfetto bellone senza volto, Paride di Yegor Khromushin; una simpaticissima e leggermente grottesca Nutrice di Anastasia Vinokur; un dignitoso e umanissimo frate Lorenzo di Yegor Simachev; gli inflessibili all’inizio e penitenti alla fine signori Capuleti di Nikita Elikarov e Kristina Karasyova ed i signori Montecchi di Aleksandr Fadeyechev e Ekaterina Barykina; il maestoso Duca di Verona di Alexey Loparevich.

Pavel Klinichev guida l’orchestra del Bolshoi con la mano sicura, ottenendo dinamiche perfette e sonorità brillanti, valorizzando i numerosi strumenti ai quali sono affidati assoli meravigliosi.

La versione di Ratmansky del leggendario balletto di Prokof’ev è nata per The National Ballet del Canada con sede a Toronto. Ma grazie alla bravura dei giovani artisti del Bolshoi ha trovato la sua vera patria a Mosca.

Il più importante teatro dell’opera e del balletto russo annuncia che terrà in repertorio due versioni di Romeo e Giulietta, quella di Yury Grigorovich sul palcoscenico storico e quella del Ratmansky su quel nuovo, molto più piccolo. La decisione che dovrebbe soddisfare due gusti che appartengono a due epoche diverse: quel dell’Impero Sovietico e quel dei giorni nostri. Il lavoro di Ratmansky è asciutto, sottile, coinvolgente: siamo nel ventunesimo secolo ormai.


 

 

 
 
 

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