Una Giulietta senza tempo
di Michele Olivieri
È interessante scorgere oggi l’arte della Savignano nell’essere una moderna Giulietta, figura matura che cambia nel tempo, passo dopo passo sospesa nell’eternità.
Il Teatro Nuovo è stato spettatore di un’acclamazione indirizzata al mito di Luciana Savignano, la quale è tornata ad esibirsi con un pezzo, in prima assoluta, dal titolo Juliet. Tra le ultime grandi signore della danza, ha trionfato ancora una volta, dopo aver incantato intere generazioni di spettatori. Attesa e pubblico delle grandi occasioni per l’étoile scaligera che ha compiutamente donato la sua grazia e la sua arte, con un tocco straordinario che da sempre la contraddistingue, interpretando una inedita Giulietta senza l’amato Romeo.
A introdurre la serata, nella prima parte, Calligraphy, un omaggio a Sibilla Aleramo di Elena Albano in vari quadri supportati dalla presenza fuori campo della voce narrante. L’appassionata poetessa italiana, ma ancor prima donna intrappolata in un’esistenza senza colore, con un marito non stimato in una città provinciale a lei insopportabile, alla via di fuga dall’oppressione esistenziale cercata nella nascita del figlio rivelatasi una vana illusione spentasi in un tentativo di suicidio, fino alla rinascita grazie all’impegno per le letture e gli scritti, alla pubblicazione dei primi articoli, per giungere poi rapita dai suoi stessi versi con una vena di follia. Il gruppo “Aconcoli Dance” restituisce la poetessa mediante una danza basata sull’opposizione tra contrazione e rilascio, dando risalto alle qualità drammatiche ed espressive, una qualità del movimento pensata per essere ballerine attive e decise, non puramente decorative nei loro colorati e variegati costumi di scena, come se il corpo venisse determinato dalla lunghezza d’onda che la gradazione riflette al movimento.
Nel secondo tempo, Luciana Savignano affiancata dai giovani danzatori Alessandra Calloni, Anna Chiaravalloti, Concetta Colanero, Stefania Coloru, Marie Colosimo, Clara Dossena, Ilenia Ferrari, Noemi Perelli, Giulia Robustelli, Maria Teresa Rodio, destina una Giulietta la quale racconta un itinerario interiore ed introspettivo ponendo in risalto l’eleganza dell’étoile che ha ricevuto l’omaggio del suo pubblico da sempre adorante, nel quale si riconoscevano tanti amici e tanti volti gloriosi del balletto scaligero. Luciana appare in scena nell’essenziale abito bianco, simbolo di uno stile personale con una danza alta supportata dalle emozioni su cui ha trionfato il prestigio drammaturgico, facendo vibrare l’espressività che racchiude tutta la sua conoscenza a coronamento di una memorabile carriera ancora in divenire. La creazione di Elena Albano è un cammino all’inverso verso l’elevazione spirituale, c’è l’amore, la passione, il turbamento, il rimpianto, la gioia con quel sentimento che lega gli incontri; quindi l’amore ma anche il dolore. La serata è stata avvinta dalla intensità della Savignano apparsa inossidabile, da grande artista qual è, offrendo suggestioni di spessore e di esempio per tutti; ponendo al centro solo figure femminili, le quali hanno saputo impadronirsi dello spazio rendendolo passo dopo passo un libro su cui sfogliare il talento della vita, dei sentimenti e dell’esistenza terrena.
È interessante scorgere oggi l’arte di Luciana nel proposito di essere una moderna Giulietta, figura matura che cambia, relazionandosi a partner più giovani pur mantenendo fresca e spontanea l’esecuzione. In quest’ottica ci si accosta alla inedita creazione ispirata alla tragedia di Shakespeare con un sentimento da luogo ideale per il fiorire dei temperamenti, e alla solidità di ben definite tecniche: una Giulietta senza tempo, sospesa nell’eternità nel rimembrare pensieri ed emozioni legati a quella lontana ragazza diventata immediatamente donna, cresciuta e meditata nel breve spazio di una notte, solamente per amore. Nel finale di Juliet il componimento tragico lascia il posto alla speranza, a una scelta di vita, ad una luce. L’intreccio, mosso e variegato nei toni, ha consentito di affrescare gli spazi immaginari dei Montecchi e dei Capuleti con armonia descrittiva e didascalica in un’ambientazione coreografica dove la psicologia del personaggio è aderente agli accadimenti della storia. Il maestoso passaggio delle braccia da una posizione all’altra della Savignano costituisce la sua libertà vissuta oggi con un intimo ritmo interno - che già in passato l’aveva decretata protagonista della scena internazionale - come fosse argilla da plasmare in memoria di creazioni firmate per lei da immortali maestri.