Classe e batteria
di Roberta Pedrotti
Ultimo appuntamento per la rassegna Bologna Modern 2016: sfila al Comunale la storia del Jazz con il batterista Jack DeJohnette affiancato dai figli d'arte Ravi Coltrane e Matthew Garrison respettivamente al sassofono e al basso.
BOLOGNA 23 ottobre 2016 - Bologna Modern torna al Jazz con il secondo dei due contributi di Musica Insieme e chiude in festa la sua prima esperienza. L’aspettativa era alta, perché accanto a due illustri figli d’arte, Ravi Coltrane, figlio di John, e Matthew Garrison, figlio di Jimmy, bassista dello stesso Coltrane sr, spiccava una leggenda vivente come Jack DeJohnette, già batterista, tra gli altri, con Miles Davis, Keith Jarrett, John Coltrane.
E proprio DeJohnette non delude mostrandosi in una forma che sarebbe strepitosa anche non considerando quei settantaquattro anni compiuti il nove agosto e traditi appena appena da un incedere cauto e leggermente incurvato. Alla batteria, però, è un ragazzino con l’esperienza di un decano, uno di quei percussionisti favolosi in grado di farci dimenticare i limiti consueti dello strumento scovando colori, dinamiche, un potenziale melodico insospettato in quella selva metalli, membrane, rullanti, bacchette, dimensioni, materie, colpi, carezze, frizioni che lui solo sembra dominare in ogni direzione, nel tempo e nello spazio.
Talora, seppure due o tre volte appena, lascia il suo trono percussivo per sedere al pianoforte, DeJohnette, e possiamo capirlo: da leader del trio e patriarca del Jazz non poteva esimersi dal mostrare la versatilità propria e del gruppo e, sebbene non sia questo lo strumento in cui dà il meglio di sé, il lavoro sull’alternanza degli impasti timbrici, dei volumi, degli stili e delle atmosfere è assolutamente avvincente. Tutto è calibrato alla perfezione perché il classico e lo sperimentale, l’intimo duetto fra sassofono e piano o lo scoppiettante gioco a tre voci, lo scambio d’interlocutori, lo spazio dell’assolo si esaltino a vicenda in un equilibrio impeccabile dal ritmo fluidissimo, che DeJohnette interrompe solo un paio di volte con poche parole, scandendo brevemente il cocnerto in grandi macrosequenze.
La classe del percussionista coinvolge e sostiene i più giovani colleghi, alle prese per di più con eredità ingombranti. Si potrà invidiare lo straordinario humus musicale d’origine (anche se Ravi perse il padre a due anni, Matthew a sei), meno il paragone inevitabile con genitori leggendari con i quali condividere strumenti e genere. Fare onore al proprio nome e distinguersi è d’obbligo, e Ravi Coltrane imbraccia sì più volte il sax tenore paterno, conferendogli un carattere discreto e intimista a portare calore negli assieme, con tono quasi parlante dei duetti, ma diviene più incisivo e propositivo nel fraseggiare con il sax soprano.
Da parte sua, Garrison persegue una musicalità morbida e felpata, in curiosa complementarietà con l’esuberante batteria di DeJohnette; in un quadro piacevolmente acustico, con un’amplificazione ben calibrata senza eccessi e ridondanze, è al bassista che spetta soprattutto la gestione di tutto quel che acustico non è, divertendosi anche con manopole, consolle, campionature, distorsioni, ma sempre con discrezione, senza turbare l’equilibrio fra gli strumenti, le studiate alternanze e le ponderate divagazioni nell’improvvisazione. Su tutto sovrintende sempre l'eleganza sorniona di DeJohnette, con fare di complice più che di guida, la cui autorità è dettata soprattutto dal carisma e dalla storia che si condensa nelle sue mani: molti standard illustri sono utilizzati questa sera e portano le firme di gente come John Coltrane e Chet Baker, tutti musicisti che DeJohnette ha conosciuto molto da vicino. Non è poco.
Con un po’ di festa (c'è anche un party, nel foyer, a cura di RoBOt festival), un po’ di storia e un pizzico d’invenzione si conclude così la prima edizione di Bologna Modern: ottima scelta, perché le mille facce del Jazz sono parte integrante dei percorsi artistici e musicali dell’ultimo secolo.
Bravi, dunque, e arrivederci all’anno prossimo!