Chi è Lulu?
di Federica Fanizza
A Bolzano un pubblico perplesso dal mondo sonoro di Alban Berg si fa affascinare dalle vicende di Lulu con la voce di Marie Arnet, protagonista, e nell’allestimento consolidato di David Pountney proveniente dalla Welsh National Opera.
BOLZANO, 15 gennaio 2016 - La Morte incombe sul palcoscenico: la morte rappresentata dalle tre sagome degli uomini amanti di Lulu morti per lei o uccisi da lei; appesi su un graticcio circolare, simile alla struttura aerea dei gasometri urbani. Ecco l'elemento scenografico portante creato da Johan Engels per la Lulu di Alban Berg proposta a Bolzano per la rassegna lirica 20.21 nell'allestimento della Welsh National Opera del 2013 per la regia di David Pountney.
Morte che entra nella scena di apertura dove Lulu emerge da un sacco per cadaveri portata in scena dal padre padrone Schigolg (Bernd Hofmann) in veste di Wotan con lancia e benda sull'occhio e ricompare nell'atto finale per portarsi via il cadavere della protagonista che traspare sullo sfondo come una macchia di sangue, appena sgozzata da Jack lo Squartatore, uno dei tanti personaggi che popolano la vicenda di Lulu, creazione di Frank Wedekind sviluppata in due pièce teatrali, Lo spirito della Terra (1895) e il Vaso di Pandora (1904), dalle quali Alban Berg stesso trasse il libretto per questa sua seconda opera, che lasciò incompiuta nel 1935.
Alban Berg fu presente alla rappresentazione clandestina del Vaso di Pandora nel 1905 sul palcoscenico del teatro Nestory Hof di Vienna, rappresentazione promossa da un altro spirito critico della Vienna della Finis Austriae, Karl Kraus: il dramma era stato condannato per oscenità e tutti gli esemplari del testi sequestrati.
Nella Germania di fine '800 Franz Wedekind (1864-1918) fu un personaggio emblematico di oppositore alla cultura borghese guglielmina vigente prima della catastrofe bellica del 1914. Al termine degli studi ad Hannover, lo scrittore si trasferì verso la fine del 1884 a Monaco di Baviera e infine a Zurigo. Interrotti gli studi di giurisprudenza, lavorò come versificatore per la ditta di brodi Maggi. Nel 1892, dopo aver pubblicato il primo lavoro teatrale, Risveglio di primavera, andò a Parigi, dove rimase fino al 1895. Qui si immerse nel sottobosco umano come direttore di varietà e circhi, vivendo tra prostitute e ballerine, scrivendo le prime canzoni, balletti e drammi, ed elaborando la tragedia di Lulu. Di questi anni è anche la relazione con Frida, moglie di August Strindberg, da cui nacque un figlio.
Tornato a Monaco, una dedica all'imperatore Guglielmo II gli costò sette mesi di carcere per lesa maestà, nel 1899. Quest'episodio contribuì fortemente alla sua fama di antiborghese e di outsider culturale. Dopo anni di profonda miseria economica, tra il 1900 e il 1904, Wedekind si esibì come chansonnier alla chitarra nel nascente cabaret tedesco, di cui fu un grande modello e tra i maggiori ispiratori. Raggiunse finalmente il successo nel 1906, grazie a un famoso allestimento di Risveglio di primavera a opera del regista Max Reinhardt. Da questo momento, benché colpito a più riprese dalla censura, Wedekind divenne il principale punto di riferimento per l'avanguardia monacense e tedesca fino alla prima guerra mondiale.
Egli stesso direttore di circo, mette in scena nel prologo della Lulu questo mondo variegato, specchio della morale borghese, alla quale si oppone l'esaltazione dell'istinto più frenato: Lulu è simbolo inconsapevole del vizio, astuta e ingenua, terribile e meschina. Il domatore del prologo si vanta di possedere gli animali più belli e selvaggi e, fra questi, è l'animale più affascinate e pericoloso, il serpente. In questo momento s'avvia la vicenda della nostra protagonista, che assurgen a simbolo di lussuria e icona della Femme fatale; ma in questo caso chi la rappresenta? L’immagine di Louise Brooks nel film omonimo di Pabst del 1929 o piuttosto il corpo contorto delle donne del pittore austriaco Egon Schiele (1890 – 1918)?
Berg completò la stesura dell'opera nel 1934 fino al secondo atto, ricavandone una Suite orchestrale che comprendeva anche una parte dell'orchestrazione del III atto, eseguita a Zurigo sotto la direzione di Erich Kleiber. L'11 dicembre 1935 venne rappresentata a Vienna alla presenza dell'autore ormai gravemente ammalato. Negli ultimi mesi aveva lavorato alla strumentazione ma la morte lo colse alla vigilia dello stesso Natale; Lulu, i primi due atti, venne presentata postuma a Zurigo nel 1937. Solo nel 1979 Friedrich Cerha completò il terzo atto e il 24 febbraio del 1979 venne eseguita all'Opera di Parigi la versione completa sotto la direzione di Pierre Boulez e la regia di Patrick Chéreau. A Bolzano abbiamo assistito alla versione realizzata da Eberhard Kloke, andata in scena in prima mondiale nel 2010 al Kingelige Teater di Copenhagen.
La trama è complessa, in un continuo susseguirsi di travestimenti, relazioni amorose, tradimenti suicidi e omicidi. Ma chi è veramente Lulu? Marie Arnet, soprano, protagonista vocale eccelsa per una tessitura vocale spinta all'eccesso nella Sprechstimme, del recitato-cantato, si presenta nelle forme più differenti, in relazione agli uomini con cui entra in contatto, cambiando abito e identità in ogni quadro, camaleontica come la forza d'attrazione per gli uomini, che perde nel terzo atto, prostituta per necessità. Attorno a lei tanti personaggi le offrono energia vitale, figure primarie come Alwa (Johnny van Hal), il dr. Schön (Paul Carrey), il Pittore (Mack le Brocq); la contessa Geschwitz (Natascha Petrinsky, specialista in questo ruolo e presente anche in Italia in occasione dell’allestimento dell’opera alla Scala di Milano nel 2010 per la regia di Peter Stein), donna che vede in Lulu l'oggetto del suo desiderio e le rimane al fianco fino al momento fatale in cui cadono entrambe sotto la lama dello Squartatore.
Berg ha voluto assegnare al mondo dei comprimari il ruolo di sottobosco umano tanto caro a Wedekind: domatori, principi e domestici, teatranti e banchieri, madri e ragazzi quindicenni, atleti giornalisti, ciascuno con una propria identità vocale e in questo caso talora condividendo i medesimi interpreti, dove possibile. Ai singoli Jurgita Adamonyte, Duccio Dal Monte, Alan Oke, Steve Scheschareg, Roland Selva, Keith Harris, Johannes Held, Rebecca Afonwy-Jones, Anna Lucia Nardi e Mary Jean O'Doherty il merito di aver condiviso la riuscita della rappresentazione.
Il regista David Pountney, al vertice della Welsh National Opera con un passato di direttore dell'English National Opera e, fino al 2014, dei Bregenzer Festspiele, ha voluto circoscrivere l'azione dentro e attorno a una struttura cilindrica metallica, posizionando al centro una scala a chiocciola in metallo. Teste di animali vistosamente colorate entravano in scena al momento del prologo, al circo e nella scena della festa del II atto, per trasformarsi in scheletri nell'atto finale. Fanno parte dell'apparato scenico manichini smembrati, gambe e glutei montati e rismontati come alla ricerca di una bambola spezzata. Risultava incomprensibile, nell’architettura dell’allestimento, la prigionia di Lulu del II atto ambientata in un ospizio, in luogo dello spezzone di un film muto previsto nel libretto per ripercorrere questo episodio.
I costumi creati da Marie Jeanne Lecca, consolidata collaboratrice del registra, ricreavano un ambiente stilisticamente coerente con la cronologia dell'opera e collocabile negli anni '30.
Al direttore inglese Antony Negus e all'orchestra Haydn di Bolzano e Trento è spettato il compito non facile di dare vita a questo capolavoro operistico del Novecento in cui convivono forme classiche, avanguardia atonale e una vocalità che alterna parlato (qua rese da voci fuori campo) e canto non senza allusioni al cabaret, tratti liederistici e la citata, innovativa Sprechstimme. Innovativa come la strumentazione, che prevede in orchestra sassofono e fisarmonica, vibrafono e pianoforte, nonché un'ampia gamma di percussioni, compresi trilli di campanelli e squilli telefonici. E il pubblico, composto dai tradizionali sostenitori e abbonati della stagione concertistica, perplesso e incuriosito dalla proposta, ha saputo raccogliere questa sfida riempiendo il teatro e applaudendo con convinzione alla fine dello spettacolo.
E quei giovani alla cui curiosità la stagione era indirizzata? Pochi. I cappotti hanno avuto il sopravvento sui jeans.
foto Benedetta Pitscheider