La quadratura della farfalla
di Giuseppe Guggino
Si conclude con il successo pieno arriso a Madama Butterfly questa travagliata edizione del Luglio musicale trapanese, grazie alla convincente Yasko Sato nel ruolo eponimo, a Dario Prola in quello di Pinkerton e al grande lavoro in buca (per certi versi encomiabile) fatto da Marcello Mottadelli.
Trapani, 2 Ottobre 2016 - Il coordinamento non proprio ineccepibile delle attività culturali in Sicilia consente di imbattersi in due diverse Madama Butterfly a distanza di settanta chilometri nel giro di una settimana, sollecitando confronti tra istituzioni di prestigio e disponibilità di per sé non paragonabili, i cui esiti non sono però scontati [leggi la recensione della produzione del Massimo di Palermo]. Ecco quindi che la parte visiva dello spettacolo, affidata a Stefania Panighini con scene di Vassilis Anastassious e costumi di Tatiana Lerario può perfino risultare vincente, se non altro perchè priva di incongruenze; nella scelta pre-atomica (Cio-Cio-San fa harakiri proprio in quel fatidico 9 agosto 1945) e in tanti altri piccoli dettagli si coglie l’impegno nel confezionare uno spettacolo tradizionale ma non stucchevole, e i risultati sono piuttosto convincenti.
Altrettanto effetto si cava dalla volonterosità della parte musicale, a cominciare dal ruolo eponimo. Yasko Sato è Butterfly, ne rende bene la complessa sfaccettatura prima adolescenziale, poi lo spessore tragico con innegabile coinvolgimento emotivo; dal punto di vista strettamente tecnico la voce è ben amministrata in tutti i registri, sebbene la non sempre riuscita ricerca di ampiezza della voce finisca per farle pesare talvolta troppo alcuni passaggi in acuto nei quali si lancia sempre senza risparmio, arrivando fino in fondo al terribile ruolo. Altrettanto ottima è la prova di Dario Prola come Pinkerton che, pur non ripetendo del tutto la perfezione rasentata lo scorso anno come Calaf [leggi la recensione], si avvale di uno strumento solido e di bel colore, occasionalmente scalfito da qualche minima fibrosità. Francesco Vultaggio disegna poi uno Sharpless scenicamente plausibile, cosi come Nicola Pamio in Goro tiene testa ai mezzi ragguardevoli del primo tenore. Decorosi risultano anche la Suzuki di Alessandra Palomba e il comparto comprimariale in cui si segnala il Bonzo veemente ma senza eccessi caricaturali di Enrico Rinaldo.
Una menzione speciale spetta ai complessi del Luglio che, come si sa, hanno natura stagionale ed età media da studenti appena usciti da Conservatorio, per cui ogni risultato apprezzabile – peraltro in titoli molto onerosi per le masse – assurge a qualcosa di miracoloso. Ancora una volta Fabio Modica ottiene una discreta omogeneità dal Coro e Marcello Mottadelli non è bacchetta che si accontenta della bolsa correttezza, ma si adopera dall’inizio alla fine a infondere un fraseggio serrato, teatrale, ottenendo generosissime arcate dai violini (ancorché in numero ridottissimo) e limitando i danni di una sezione di violoncelli evidentemente da puntellare in futuro.
Né il Luglio si ferma qui, giacché fonti non ufficiali danno per possibile una Lucia di Lammermoor in novembre, ed esprimiamo l’auspicio che anche durante l’inverno i complessi possano continuare a sperimentare l’affiatamento nel fare musica assieme, magari con qualche concerto sinfonico.