I colori degli affetti
di Valentina Anzani
Risuona al Teatro Rossini di Lugo Gli equivoci nel sembiante, opera scarlattiana diretta con fuoco da Rinaldo Alessandrini
Lugo, 21 dicembre 2016 – Il Teatro Rossini di Lugo è un gioiellino rosa: il numero di posti a sedere non eccessivo e le piccole dimensioni lo rendono la sede ideale per programmazioni dedicate a organici ridotti o solistici. É stato così per le scorse edizioni del Lugo Opera Festival, e così torna ad essere ora con il festival Purtimiro. Il neonato festival dedicato alla musica barocca era stato annunciato la scorsa primavera con la promessa di un programma ricco e vario, e si è dipanato lungo novembre e dicembre tra concerti, allestimenti operistici e appuntamenti divulgativi, che hanno visto susseguirsi sul palco lughese solisti e formazioni di calibro internazionale, diretti da Rinaldo Alessandrini.
La prima delle opere allestite durante il festival (è seguita La serva padrona di Paisiello in forma semiscenica) è Gli equivoci nel sembiante, che è tra le prime dello Scarlatti padre, Alessandro, risalente al suo periodo di servizio a Roma. I parallelismo tra il contesto creativo originario e l’attuale palco di Lugo sono più d’uno, a partire dal clima intimo che si ritrova qui, come lo era stato nella Roma di fine Seicento il teatro privato di casa Contini. Il pregio principale dello spettacolo è però nell’adesione ai principi espressivi del tempo, tenuti nella dovuta considerazione filologica e allo stesso tempo resi attuali e comprensibili allo sguardo più moderno.
Gli equivoci nel sembiante risale infatti a un momento storico in cui l’opera in musica era vicina al teatro di parola in un modo tale per cui la principale attenzione drammaturgica era legata al gesto e al testo. I cantori erano prima di tutto attori, e l’intonazione musicale era per essi un arricchimento dell’espressione, prima che ne diventasse la sede stessa. Esattamente così agiscono i quattro bravi cantanti impegnati nella produzione: con tanta attenzione all’espressione attoriale ancor prima che al canto, che ne diventa così estremamente esaltato nelle inflessioni. L’equivoco alla base della commedia è la netta rassomiglianza tra i due personaggi maschili, tanto simili l’un l’altro da poter essere scambiati persino dalle loro innamorate, la promessa sposa e la sorella di questa (un Così fan tutte ante litteram insomma). La ninfa Clori era Alena Dantcheva, voce bruna e agile, la sorella minore Lisetta era la frizzante Monica Piccinini, Eurillo (l’amato legittimo di Clori) era Raffaele Giordani. Un moto propulsivo s’innesca all’apparire di Armindo, il gemello di Eurillo, interpretato da Valerio Contaldo, e l’azione si arrotola in un intreccio tanto complesso da sbrigliare quanto piacevole da seguire.
La direzione di Alessandrini, in testa al Concerto Italiano, è accattivante, turbolenta e incalza lo scorrere di un’azione che alle nostre orecchie disabituate potrebbe apparire lenta: olia i meccanismi, colora di inflessioni di volta in volta comiche, diafane, ombrose; e immediatamente si riconoscono i cambi di affetti, quell’elemento di poetica tanto importante nell’epoca di Scarlatti, quanto riconoscibile nella resa scenica odierna. Le scene (Cristiana Aureggi) sono sobrie, ma mai povere e l’accurata selezione dei colori – pochi, il bianco onnipresente – è utile alla realizzazione di giochi di luce (Giuseppe Di Iorio): la scena s’illumina di un tono diverso ad ogni espressione saliente, in una lettura registica (Jacopo Spirei) che mai esagera, ma che anzi è sempre bilanciata pur non negandosi sorprese, e che evita la ripetizione del medesimo espediente se non quando è necessario per scelta retorica: per tutta la sera la consonanza continua di colori, umori, luce, e suono riempie gli occhi, convince i curiosi ed entusiasma gli appassionati.
foto Giuseppe Melandri