L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

daniela schillaci, la straniera

L’estranea Straniera

 di Giuseppe Guggino

L’inaugurazione di stagione del Teatro Bellini di Catania presenta la rara Straniera belliniana in una nuova edizione critica, assicurando alla parte visiva una riuscita pressoché convincente. Viceversa la parte musicale, complici le molte indisposizioni nel cast, stenta a rivelarsi come indimenticabile, denunciando una sostanziale estraneità alla poetica belliniana.

Catania, 21 dicembre 2016 - La contemporaneità di inaugurazione delle stagioni d’opera dei due principali teatri siciliani offre qualche interessante spunto di riflessione; l’eleganza non manca in entrambi i contesti ma se la serata di Palermo, per via delle numerose presenze istituzionali e politiche regionali pare essere quasi l’inaugurazione della campagna elettorale delle prossime consultazioni amministrative e regionali di primavera, il Massimo catanese viceversa si impone all’interesse per il nuovo tassello musicologico ed editoriale sul compositore di casa. La prima esecuzione della Straniera nella nuova edizione critica curata da Marco Uvietta, infatti, non può che richiamare inevitabilmente in quel di Catania gli studiosi più autorevoli nel campo del melodramma di primo Ottocento, se non altro per l’incognita su quale delle due “versioni” dell’opera si sarebbe ascoltata.

Composta sempre per il Teatro alla Scala, nella stagione seguente quella del clamorosissimo successo del Pirata, per Meric-Lalande e Ungher nei ruoli femminili con Tamburini e il giovane tenore Reina (subentrato a Winter, troppo inviso a Bellini) in quelli maschili, l’opera, in occasione della ripresa scaligera a distanza di un anno dalla prima, fu adattata nella parte tenorile con pesanti riscritture e il trasporto di un intero numero su misura per Giovan Battista Rubini, senza però sortire il clamore sperato da Bellini. L’edizione critica adesso rende praticabili entrambe le versioni, sebbene lo spettacolo catanese abbia riproposto esattamente il testo della prima assoluta, relegando ancora una volta la curiosità dell’ascolto della “versione Rubini” all’unico tentativo di riesumazione avvenuto molti anni or sono ad opera di Gregory Kunde (con l’ausilio musicologico di Philip Gossett) a New York con Eve Queler sul podio.

Le aspettative musicali di questa inaugurazione catanese, forse perché troppo alte, purtroppo sono andate complessivamente deluse. Nel cast hanno pesato certamente l’indisposizione del soprano della prima compagnia che ha dovuto cedere il passo a Francesca Tribuzi, giovane non priva di interesse per temperamento e colore vocale, ma dall’amministrazione vocale ancora in via di consolidamento e purtroppo spesso esausta e vistosamente calante nel corso dell’impegnativa parte di Alaide. La stagione invernale particolarmente rigida ha colpito anche i mezzosoprani di entrambe le compagnie di canto, ricorrendo in via emergenziale alla giovane Sonia Fortunato che ha cantato in buca con correttezza la parte di Isoletta. Altrettanto corretto è stato Enrico Marrucci nei panni di Valdeburgo, pure subentrato a un collega sostenendo tutte le recite, la cui morbidezza di emissione è però ben lungi da ciò che abbisognerebbe a una parte pensata per la vocalità di Tamburini. Sicché il migliore elemento della distribuzione, completata dal sonoro Priore di Maurizio Muscolino, da Alessando Vargetto come Montolino e dall’Osburgo di Riccardo Palazzo (in ordine decrescente di saldezza), ancorché sottodimensionato, è quell’Arturo che tanto aveva arrovellato la mente di Bellini nello stadio compositivo, qui impersonato da Emanuele D’Aguanno, forte di un timbro peculiare adatto al ruolo e capace di un certo slancio, sebbene non con costanza di tenuta e volume in tutta la serata.

Se il contesto non è stato tale da valorizzare i dettagli che l’edizione critica certamente avrà portato in luce rispetto all’usuale edizione a stampa finora disponibile, a parte l’integralità assoluta, anche dei recitativi di collegamento tra i numeri, la responsabilità sarebbe anche da ascrivere alla mano di Sebastiano Rolli (parimenti giunto durante le prove in sostituzione del previsto Fabrizio Maria Carminati), che a differenza della recente Sonnambula catanese, domina poco la partitura probabilmente più sperimentale del catalogo belliniano in quanto a ricerca del perfetto connubio tra parola e declamazione, di architetture formali inusuali e continuità del discorso musicale. Se la varietà di tempi in questo repertorio può non dispiacere (anzi, talvolta risultare vincente, vedasi la terza strofa del terzetto cantata da Alaide, molto più lenta delle prime due), è parso certamente eccessivo l’appiattimento agogico alle esigenze di ogni solista, specie se coniugato ad una povertà di fraseggio e a troppe imprecisioni in orchestra, spesso scollata al suo interno e con la scena (rasentando con Osburgo il massimo del tollerabile). Più buona la prova del Coro, che è parso comunque troppo perso ad inseguire finezze, risultando sovente privo di nerbo.

Frecce più puntute ha riservato lo spettacolo affidato ad Andrea Cigni che s’è avvalso dell’impianto scenico vincente pensato da Dario Gessati: in uno spazio prismatico color antracite, uno specchio d’acqua, prima riflesso al di sotto di un suggestivo spazio lacustre sospeso, rivestito da vegetazione alofila, diveniva al second’atto specchiato su un pannello subverticale sul quale si materializzerà una croce nel finale. Giochi d’acqua, riflessi, tagli di luce tecnicamente ineccepibili (a cura di di Fiammetta Baldiserri) e qualche non irrinunciabile videoproiezione hanno confezionato uno spettacolo di sicura presa visiva, ancorché drammaturgicamente non dirompente e talvolta un poco rinunciatario nella gestione delle masse, se non fosse stato per i costumi di Tommaso Lagattolla, decisamente impari.

Successo di pubblico in una sala che, in vista dell’anno zero di un nuovo prossimo “Festival Bellini” a settembre con Adelson e Salvini in edizione critica, si auspica essere più numeroso.


 

 

 
 
 

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.