Parigi, nonsense e sensibilità
di Gina Guandalini
Accoglienza turbolenta, all'Opèra Bastille, per La bohème che Claus Guth ambienta in un'odissea nello spazio. Ben altra atmosfera si respira assistendo alle lezioni di Raina Kabaivanska, sempre nella capitale francese.
Raina Kabaivanska, masterclass
PARIGI 4 dicembre 2017 - We all live in a yellow submarine, si cantava gioiosamente alla fine degli anni Sessanta. In una sorta di tondeggiante astronave gialla viaggiano per il cosmo i protagonisti maschili della Bohème di Puccini, che si svolge tutto dicembre all’Opèra Bastille di Parigi. Il regista tedesco Claus Guth legge l’opera come un'odissea nello spazio.
Rodolfo delira per la fame, il freddo e la mancanza di ossigeno; ha allucinazioni e visioni e ricorda l’incontro con Mimì, che è morta da tempo (il suo corteo funebre occupa la scena per tutto l’atto che dovrebbe essere del caffè Momus). L’astronave e le allucinazioni rievocano per volontà del regista il film di fantascienza Solaris «Non facciamo mai quello che cantiamo» ha lamentato uno dei giovani cantanti, «stufa o tavolino non ci sono, a "È freddo, entrate" non corrisponde alcuna azione del genere perché siamo tutti in un paesaggio marziano».
Benoît è per forza eliminato dall’azione: le sue frasi sono divise tra quattro figuranti che giocano muovendo gli arti di un cadavere di un membro dell’equipaggio, in una scena di ventriloquismo. Parpignol (Antonel Boldan) è un Pierrot lunare circondato da una folla di acrobati e si sdoppia in personaggio reale e personaggio onirico. Musetta (Aida Garifullina) appare all’interno di u una camera stagna. Alcuni interludi galattici vedono la proiezione ripetuta di vari versi con fragorose sonorità estranee a Puccini. Nella seconda parte i nostri sono allunati, ossia atterrati su un paesaggio tipo Apollo 13, e indossano tutti lo scafandro. La bisboccia dell’ultimo quadro non può avere luogo e i quattro bohèmiens si rovesciano addosso spuma di champagne sotto forma di lustrini che escono dalle bottiglie. Rodolfo insieme agli amici canta in karaoke in costume da clown, poi, mentre Mimì si innalza nei cieli, muore.
Non ha molta importanza segnalare che il direttore venezuelano Gustavo Dudamel dirige con vivacità e senso del teatro; che i due protagonisti, l'australiana Nicole Car e il brasiliano Atalla Ayan hanno voci ormai stressate, che fanno fatica a farsi sentire nell’immenso teatro, e che i loro colleghi (con la citata Garifullina, Artur Rucinski, Alessio Arduini, Roberto Tagliavini) sono marginalmente più freschi e ascoltabili. Dopo avere ambientato Ariadne auf Naxos anziché a Nasso nel più celebre ristorante di Zurigo, il regista Guth assalta all’arma bianca il passionale capolavoro di Puccini. Secondo l’ufficio stampa della Bastille, egli «situa il dramma in un futuro senza speranza dove l’amore e l’arte diventano l’ultima trascendenza». Tutto chiaro, no?
«Traditore!», «Abbasso la regia!», «Povero Puccini!» sono stati alcune delle molte urla che gli ha indirizzato il pubblico parigino. Ma non sembra che possano finalmente fermare il letale e detestabile trend delle messe in scena germaniche totalmente avulse dal significato del testo.
foto © Bernd Uhlig / OnP
Atelier lyrique con Raina Kabaivanska
PARIGI, 4-9 dicembre - Chi voleva tornare alla vera tradizione e alla vera arte dell’opera, poteva assistere all’Atelier lyrique che durante il giorno, tra il 4 e il 9 dicembre, ha tenuto Raina Kabaivanska nello stesso gigantesco edifico della Bastille. Che ha sei piani sottoterra e otto sopra, con una mensa di qualità e molto economica collocata al settimo. Non sembra che ai dirigenti dell’Opéra Bastille i mastodontici sotterranei (che ricordano un po’ la scena delle fogne nei film dei Miserabili e un po’ la pellicola horror As Above, So Below, che si svolge appunto nelle catacombe di Parigi) siano conosciuti in ogni dettaglio. Ma una sala al quarto piano inferiore e un grazioso auditorium a sinistra della scalinata hanno ospitato alcuni giovani artisti di canto per una ripassata ai vocalizzi e una messa a punto di arie celebri e un po’ meno.
La Kabaivanska condivide con tutti i grandi docenti un’attenzione all’impianto tecnico della voce, che nel suo caso deriva anche dagli insegnamenti di Rosa Ponselle. Un’attenzione intelligente ed efficace che le consente – comunicando in quattro o cinque lingue - di raddrizzare una postura sbagliata, di far appoggiare il fiato in modo giusto, di segnalare difetti e goffaggini di ogni genere, di incanalare la dizione con esattezza; e anche di farlo con umorismo e arguzia; sì che l’ingolato cantore, o l’urlatore calante, udito di martedì mattina, si ripresenta mercoledì pomeriggio come esecutore molto più accettabile, quando non addirittura già avviato interprete di un’aria che prima lo spaventava.
A parte la spigliata parigina Marie Perbost, che dispone di un suo sito personale e che affronta la cavatina di Ninetta della Gazza ladra con bella sicurezza, gli altri studenti da me ascoltati venivano posti con chiarezza davanti ai rispettivi problemi di intonazione o di tecnica o di preparazione generale. Il giovane tenore spagnolo (di Almerìa) Juan de Dios Mateos non ha paura di Don Ramiro della Cenerentola e dell’aria di Fenton dal Falstaff ma di “Una furtiva lacrima” sì; e la affronta con l’occhio fisso sulla severa docente. Ad affrontare Donizetti è anche un mezzosoprano del Colorado, Jeanne Ireland, che studia e canta nell’Illinois; “All’afflitto è dolce il pianto”, la cavatina di Sara nel Roberto Devereux, la vede sulle prime rigida e non troppo espressiva, poi più sicura e sciolta. Con la docente infatti si è creato un feeling a forza di parlare di postura, di giro del fiato, di vocali aperte e chiuse. Ammonisce la Kabaivanska: «La grande Rosa Ponselle – lo sai chi era, vero? – diceva “Sei ha il centro nelle posizioni giuste, l’acuto viene da sé, è solo una ‘spinta’ in più"».
Un miglioramento sorprendente è evidenziato dal basso- baritono Mateusz Hoedt (che lavora nel teatro Wielki di Varsavia e comprende agevolmente il bulgaro della Kabaivanska): al primo ascolto ha la schiena curva, è calante e disorientato: due giorni dopo “Infelice, e tuo credevi” dall’Ernani e la bella aria di Ivan Susanin da Una vita per lo zar di Glinka lo trovano ben piantato. intonato e padrone dell’emissione, meritevole di un convinto “Bravo!”. Altro polacco di aspetto aitante è il tenore Maciej Kwaśnikowski di Poznan; ha studiato con Neil Shicoff e vuole affrontare “Dalla sua pace”. Raina gli corregge le inesattezze di lettura senza lasciar passare nulla, e per Maciej si tratta di un bagno di professionalità. Il soprano franco-belga Marianne Croux si presenta con un raffinato Respighi, “Sopra un’aria antica”, e ascolta con attenzione tutti i piccoli ma numerosi rilievi della docente sulla sua emissione. Simpatica l’ammissione della giovane e graziosissima Sarah Shine, soprano nativo di Limerick in Irlanda: “Ho tante cose da imparare, ora lo capisco, e anche la lingua italiana! Lo farò, sono sicura”. Intanto canta “Sul fil d’un soffio etesio” con sicurezza, e qualche osservazione della Kabaivanska sull’aiuto che un fiato più ampio le può dare a un certo momento, la vede sensibile e pronta. Auguri a tutti questi ragazzi, che cercano di prepararsi solide basi con l’aiuto di una stakanovista dell’arte.