Tra dei nordici ed ellenici
di Alberto Ponti
Il 2017 dell'Orchestra Sinfonica Nazionale si apre nel nome di Wagner e di un Salonen in prima esecuzione italiana.
TORINO, 13 gennaio 2017 - Narra la leggenda che, in occasione di un’esecuzione de Die Walküre a Bayreuth, Anton Bruckner, del tutto disinteressato alla messinscena, avesse chiuso le tendine del proprio palco per concentrarsi unicamente sulla parte musicale del grande affresco wagneriano. Già dunque al tempo dell’autore esisteva chi, senza badare troppo alle intenzioni programmatiche circa la sacra e indissolubile unità di musica, poesia e azione scenica, sacrificava volentieri l’ultimo aspetto in favore del primo, ritenuto di gran lunga superiore a tutto.
D’altronde Richard Wagner (1813-1883), come Mozart, Rossini, Verdi e i sommi operisti, ha nel proprio dna di compositore il dono del teatro. Prendete il furioso temporale con il quale si apre questa seconda giornata del Ring des Nibelungen: l’orchestra disegna con gesto rapinoso non solo lo scatenarsi degli elementi della natura ma anche l’errare sfiancante di Siegmund, esausto e ferito, e il tema della lancia, inabissandosi nelle profondità di violoncelli e contrabbassi, suggerisce l’idea del misterioso fato in attesa di compiersi con l’imminente incontro con la sorella Sieglinde. Ogni palcoscenico diventa superfluo, siamo già penetrati nella psiche del personaggio prima ancora che si esprima col canto. Mutatis mutandis, lo stesso contrasto tra lo spietato mondo esterno e l’ardente panorama interiore dei protagonisti alimenta ogni nota dei verdiani Rigoletto e Traviata (composti anch’essi, come la Walküre, nei primi anni cinquanta dell’Ottocento), rendendoli lavori di prima grandezza.
L’esecuzione in forma di concerto del primo atto di Die Walküre sotto la bacchetta di James Conlon con l’Orchestra Sinfonica Nazionale giovedì 12 e venerdì 13 gennaio, oltre a consentire di apprezzare senza menomazione alcuna una partitura concepita per il teatro, ha così dimostrato una volta di più la versatilità della compagine torinese e del suo direttore principale, capaci di passare con estrema facilità ed eccellenti risultati dal repertorio puramente strumentale del Mozart più aggraziato della Eine Kleine Nachtmusik udita prima di Natale alla complessità dell’universo wagneriano.
Affiancavano il maestro americano tre cantanti di grande esperienza in questo repertorio: il tenore Christian Elsner (Siegmund), il soprano Anja Kampe (Sieglinde) e il basso Kwangchul Youn (Hunding). A impressionare è stato i particolare l'ultimo solista, voce profonda e possente, dall'ampia varietà di sfumature e perfettamente integrata nella scrittura sinfonica. Più freddi e impersonali, nelle prime due scene, appaiono Elsner e la Kampe, a volte un po' a disagio nel registro acuto, all'interno tuttavia di una prestazione corretta e senza cedimenti.
La coppia consegue risultati migliori nella terza scena. L'attacco di Siegmund in "Winterstürme wichen dem Wonnemond", una delle più incantevoli melodie mai scritte, è suadente e morbido, vibrante di autentica passione. La risposta del soprano "Du bist der Lenz" trasmette tutta l'emozione di chi vede per la prima volta spalancarsi davanti a sé il vero amore, in un crescendo di intensità fino alla fiammeggiante conclusione del supremo duetto.
Gli applausi scroscianti e ripetuti di un pubblico non numeroso ma sempre partecipe hanno decretato il pieno successo della serata che si era aperta, omaggio al repertorio contemporaneo, con la prima esecuzione italiana di Nyx (2010) del finlandese Esa-Pekka Salonen (1958), noto soprattutto per la sua attività direttoriale di livello internazionale. Il lavoro per grande orchestra, ispirato alla divinità notturna della mitologia greca e strutturato in un unico ampio movimento di notevole varietà timbrica e dinamica, dimostra che come compositore Salonen sa esprimersi mediante un linguaggio accattivante e raffinato, non immemore, anche a scapito dell'emergere di una propria personalità meglio definita, di evidenti accenti e reminiscenze del Novecento storico, da Debussy a Stravinskij.
La direzione di Conlon, serrata e sempre coinvolgente, valorizza il virtuosismo di un'orchestra Rai ben registrata in ogni comparto, con esiti a nostro parere superiori per incisività e pienezza del suono rispetto alla levigatissima incisione diretta dall'autore con il complesso della radio finlandese, pressoché unica pietra di paragone per il brano.