Haydn in progetto
di Stefano Ceccarelli
L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia inaugura la stagione da camera con un appuntamento del progetto “Haydn 2032”, patrocinato dalla Fondazione Haydn di Basilea e che ha per fine l’esecuzione dell’intero corpus sinfonico di Franz Joseph Haydn entro il 2032, trecentesimo anniversario della nascita dell’austriaco. Questo appuntamento ha visto in concerto le sinfonie nn. 9, 65 e 67 Hob. vicino alle musiche di un contemporaneo di Haydn, l’amico Wolfgang Amadeus Mozart, di cui s’eseguono le rarissime musiche di scena per Thamos, Re d’Egitto K 354 (336a). Il concerto è un successo.
ROMA, 8 ottobre 2017 – La grazia classica della musica di Franz Joseph Haydn è perfetta per introdurre degnamente questa nuova stagione di concerti cameristici all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. È la brava Kammerorchester Basel e il suo direttore Giovanni Antonini a dar vita alle musiche di Haydn, compositore dalla vena talmente prolifica da aver scritto più di un centinaio di sinfonie, che l’orchestra da camera di Basilea con Antonini hanno in programma di incidere integralmente prima del 2032 (un progetto, “Haydn 2032”, come si capirà, mastodontico).
Questa tappa prevede l’esecuzione delle sinfonie nn. 9, 65 e 67, assieme alla rarissima presenza delle musiche di scena di Thamos di Mozart. La Sinfonia n. 65 ci palesa subito il cristallino talento dell’ensemble: gli ottimi effetti chiaroscurali del I movimento, le opposizioni di pieno/vuoto del II, l’imprevedibilità ritmica del III e il deciso finale, modellato sulle musiche da caccia, non ci fanno rimpiangere una grande orchestra ma anzi ci restituiscono il respiro dei piccoli insiemi per i quali Haydn era solito scrivere, come quello del palazzo degli Esterházy. Gli orchestrali sono amalgamati benissimo, l’acustica è eccellente, vibrante la direzione di Antonini: e tale rimarrà nel corso della serata.
Il primo tempo si chiude con l’esecuzione delle musiche di scena, rarissime da ascoltare in una sala da concerto, di Thamos, Re d’Egitto di Mozart, su un dramma del barone Gebler. La storia della sfortunata pièce è debitrice della dilagante égyptomanie che investì l’Europa del tempo e descrive la consueta storia d’amore fra i più crudi intrighi politici. L’incedere massonico degli accordi d’apertura del Maestoso. Allegro ci portano già all’ouverture del Zauberflöte; riconosciamo la penna leggiadra di Mozart nelle dolcezze melodiche dell’Andante. L’esecuzione si lascia, poi, apprezzare per l’attenzione alla drammaticità e alla brunitura di molti passaggi, alle lunghe campiture sonore che anticipano l’Idomeneo, che Antonini sa imprimere con notevole talento; un Mozart intenso, come attesta la parte della morte di Pheron. Antonini dà prova di notevole sensibilità, soprattutto al dato teatrale.
Il secondo tempo si apre con la deliziosa Sinfonia n. 9, la cui brevità e lineare semplicità non sono facili da rendere con consona brillantezza: l’Andante è veramente incredibile, di una tale immediata semplicità che risulta, paradossalmente, assai difficile da rendere in maniera convincente. Chiude la serata la Sinfonia n. 67. L’orchestra dimostra ancora la sua sensibilità timbrica nei chiaroscuri dei volumi del Presto; l’Adagio presenta energiche venature e un finale teatralmente d’effetto; straordinari il Minuetto e il Trio, ancora giocati su una maestria orchestrale che Haydn aveva acquisito nel corso di una lunghissima gestazione: l’uso dei due violini soli per il Trio conferisce al pezzo il suono di uno sfumato idillio pastorale; energico il Finale. Gli applausi fragorosi e le numerose richieste di bis – cui Antonini non dà seguito – attestano il gradimento del pubblico per questi straordinari musicisti che si affaticano nell’esegesi e nella resa artistica del patrimonio sinfonico di uno dei più importanti musicisti della storia della musica.