La seduttrice che volle esser sedotta
di Luis Gutiérrez R
Eccellente ripresa, al Palacio de Bellas Artes, della produzione di Rusalka già applaudita nel 2011. Spiccano, nel cast, Daniela Tabernig, Kristinn Sigmundsson e Belem Rodríguez.
Città del Messico, 26 aprile 2018 - La produzione di Rusalka presentata dalla Compañía Nacional de Ópera in questa stagione aveva debuttato con successo nel 2011. Di fatto, si trattò del debutto assoluto dell'opera al Palacio de Bellas Artes. Lo spettacolo era apparso un anno fa anche al Teatro Colón, dove pure aveva ricevuto ottima accoglienza [leggi la recensione].
Il regista è Enrique Singer, attualmente a capo della Compañía Nacional de Teatro. Segue molto da vicino la drammaturgia testuale e musicale dell'opera di Antonín Dvořák, per quanto abbia almeno tre tocchi d'originalità. Due di questi aggiungono spunti positivi alla trama: l'orgia degli invitati che si svolge sullo sfondo dell'aria del secondo atto dello spirito delle acque, Vodník, accentua il carattere del mondo del principe, e un ballerino come anguilla al servizio della strega, Ježibaba, rappresenta la tentazione della sensualità. Il terzo elemento è, invece, assai negativo, poiché travisa, a mio parere, la relazione fra la strega e lo spirito, che appaiono in scena baciandosi e ancora stretti in un bacio appassionato al calar del sipario.
La scenografia disegnata da Jorge Ballina è lussuosa e accattivante, trasmette inequivocabilmente lo spirito dell'opera nella concezione del regista. Consiste in piattaforme che simulano le onde del fiume, o lago, in cui vivono gli esseri acquatici – onde non molto comode per gli spostamenti degli interpreti – e, durante il secondo atto, un'altra piattaforma piana chiusa sul fondo dalla porta d'ingresso del palazzo del Principe e ampliata visivamente dalla divisione tramite balaustre dove si svolge il balletto – che si tramuta rapidamente nella citata orgia. Le luci disegnate da Víctor Zapatero sono state perfette. A mio parere, il suo miglior lavoro al Palacio de Bellas Artes; in compenso, i costumi, ideati da Eloise Kazan, sono parsi scomodi e a tratti hanno causato problemi nei movimenti agli interpreti. Considerata nel complesso la realizzazione scenica è stata corretta a visivamente piacevole.
Devo riferire che in questa recita, la prima di quattro, si son verificati vari problemi tecnici, in particolare il forte rumore causato da un movimento delle piattaforme e il malfunzionamento del moto della luna proprio nel momento cruciale dell'apparizione dell'astro. Son certo che questi inconvenienti saranno risolti dai tecnici per le recite successive.
Nella recitazione degli interpreti non si sono ravvisati difetti, nonostante gli impacci che avrebbero potuto provocare le piattaforme ondeggianti e i costumi.
Quel che è stato davvero notevole è stato l'esito musicale della recita. Uno dei risultati del passaggio della produzione al Colón è stata la conquista di unaninfa la cui interpretazione è stata splendida. Nel suo numero principale, l'aria del primo atto “Měsíčku na nebi hlubokém" (l'inno alla Luna) in cui Rusalka chiede all'astro notturno di potersi trasmormare in un essere umano ed essere amata dal Principe, ha dispiegato una bellezza lirica e una musicalità formidabili. La voce di Daniela Tabernig, la naiade del Río de la Plata, possiede un timbro affascinante, una potenza di primo livello e un'intonazione costante per tutta l'opera. Speriamo di rivederla presto.
Lo spirito delle acque, padre delle ninfe, Vodník, è stato affidato a un grande basso di oggi, Kristinn Sigmundsson. È veramente un privilegio ascoltare un cantante della qualità dell'islandese. Il suo timbro vocale è assai bello, la gestione delle dinamiche sorprendente, come l'intonazione nel corso dell'intera opera.
Il terzo cantante "dimportazione" era il russo Khachatur Badalian, che impersonava il Principe. Si tratta di un tenore dai buoni acuti, benché, a mio parere, in possesso di una voce generica che giunge ad apparire opaca nel confronto con Tabernig e Sigmundsson.
Chi, invece, ha brillato intensamente è stata la Ježibaba di Belem Rodríguez, mezzosoprano dalla voce autorevole e minacciosa, per di più ben timbrata ed educata con tecnica notevole.
I personaggi secondari sono stati ben interpretati da Lucía Salas, Edurne Goyarsu e Nieves Navarro, le ninfe sorelle di Rusalka, Antonio Duquecome guardiacaccia – in questa occasione maggiordomo del Principe –, Carla Madrid, lo sguattero di cucina, ed Edgar Gil, il cacciatore. Se Celia Gómez riuscirà a dominare un vibrato eccessivo, potrá interpretare una Principessa straniera adeguata nelle prossime recite.
Quella di Srba Dinić è stata, penso, la sua migliore prova a capo dell'Orchestra e del Coro del Teatro de Bellas Artes – preparato in questa occasione da Carlos Aransay. Dinić ha realizzato un equilibrio perfetto fra il lirismo del gran sinfonista e il grande ricercatore di musica popolare che fu Dvořák, senza mai coprire il canto ed esigendo da solisti, coro e orchestra un'obbedienza assoluta al suo gesto. Di certo, l'Orchestra del Teatro de Bellas Artes ha offerto una prova eccezionale.
Vorrei solo soffermarmi su un aspetto che attira la mia attenzione in quest'opera. Nessun personaggio ha un nome proprio. Nella mitologia slava, una rusalka può essere uno spirito femminile, una naiade, un succubo o un demone sirena, che abita uno specchio d'acqua. Secondo molte tradizioni le rusalki sono naiadi che vivono sul fondo dei fiumi; a mezzanotte salgono a camminare sulle rive per danzare fra le dune. Se vedono uomini belli, li affascinano con il canto e la danza, li ipnotizzano per trascinarli alla morte sul fondo del fiume. Vodník e Ježibaba sono, a loro volta, nomi generici degli spiriti acquatici e delle streghe.
La tragedia di Rusalka è quello di voler divenire da seduttrice a sedotta.
In definitiva, un'ottima serata d'opera alle Bellas Artes, speriamo che siano sempre così.