Giochi d'amore e lagrime furtive
di Roberta Pedrotti
Lo splendido Elisir d'amore firmato, teatralmente, da Damiano Michieletto, riprende vita sul palcoscenico dello Sferisterio di Macerata con un cast superlativo composto da John Osborn, Mariangela Sicilia, Alex Esposito, Iurii Samoliov e Francesca Benitez e con la brillante concertazione di Francesco Lanzillotta, direttore musicale del festival marchigiano. Alla prima, acclamato bis della "Furtiva lagrima".
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La messa in scena firmata da Damiano Michieletto con scene di Paolo Fantin e costumi di Silvia Aymonino è già ben nota e sembrerebbe difficile aggiungere qualcosa a un successo rodato e consolidato in tutta Europa (in Italia, a Palermo). Eppure, come un organismo vivo, questo Elisir d'amore si rinnova ad ogni ripresa, si adatta all'ampio spazio aperto e lo abita a meraviglia, entra in simbiosi con le personalità dei diversi interpreti, sempre con perfetta aderenza ai meccanismi e ai caratteri della commedia agrodolce di Romani e Donizetti. John Osborn, infatti, non è un Nemorino sciocco, ma un giovane uomo non prestante né appariscente, disinteressato alle apparenze, non troppo sicuro di sé. Un ragazzo tranquillo che è il negativo esatto del Belcore alto, biondo, atletico e vanesio di Iurii Samoliov. E anche vocalmente il giovane ucraino esibisce spavaldo una fresca e ben timbrata voce baritonale, mentre Osborn seduce con un timbro più maturo e virile di quanto non si sia abituati ad ascoltare in questa parte. Un timbro messo tutto al servizio di una poetica introspezione, di una musicalità finissima che ci regala “Una furtiva lagrima” mozzafiato, tutta cesellata nel legato, nelle mezzevoci, nelle mille sfumature con gusto elegante e sincero sentimento. Non per nulla lo Sferisterio esplode, chiede e ottiene un bis appagante: anche questo è teatro, quando abbiamo, come in questo caso, grandi artisti capaci di fare musica costruendo personaggi. E difatti questo Nemorino non è solo fascino lunare, è anche gioco e spirito: John Osborn è un sicuro padrone della scena, scherza, diverte, è anche dispettoso (già nel primo atto accoglie il rivale con un gavettone), subisce e commuove, ma reagisce anche, dimostrando, se non sicumera, sempre ironia e intelligenza superiori a Belcore.
Mariangela Sicilia è l'Adina perfetta per questo Nemorino, con una vocalità di pasta più lirica e ombreggiata rispetto a tanti soprani lirico leggeri che frequentano il personaggio, è spigliata, volitiva, giocosa, ma lascia emergere anche tratti di insoddisfazione, di malinconia in una vita inebriata da futili amori estivi, perfino una sottile sofferenza che si risolve, finalmente, nell'impegno d'un affetto sincero. Viceversa, la Giannetta di Francesca Benitez ha l'aria di una brava ragazza, anche amichevole con Nemorino, ma perfettamente integrata in uno stile di vita edonista e superficiale, fino a strapazzare Adina nel quartetto del secondo atto.
Strepitoso senza se e senza ma è, infine, il sulfureo e mercuriale Dulcamara di Alex Esposito. Detto che è difficile sentir cantare tanto bene (e all'aperto!) una parte così insidiosa, il basso-baritono bergamasco riesce ancora una volta a stupire per il travolgente talento attoriale. Non si tratta solo dell'energia e dell'agilità scenica incontenibile e indirizzata con arguzia, ma dell'autentico genio teatrale con cui lascia gradualmente trasparire il lato oscuro dell'imbonitore da spiaggia, estroverso e simpatico nel proporre le sue bibite energetiche, violento, losco, sessualmente aggressivo e sprezzante nel profondo, oltre che criminale e spacciatore di vari stupefacenti.
Tante sfaccettature, tanta energia emergono prepotenti anche grazie alla bacchetta di Francesco Lanzillotta, che propone la scelta sacrosanta ma purtroppo non scontata dell'edizione integrale della partitura, fatti salvi giusto alcuni passi di recitativo. Il respiro dell'opera ha tutto da guadagnare dal ripristino di riprese, transizioni e code troppo spesso trascurate e che invece affermano non solo l'altezza dell'articolazione musicale donizettiana, ma anche la sua plasticità teatrale, la sua forza espressiva. L'orchestra regionale, così come il coro preparato da Martino Faggiani, risuona precisa, brillante, animata dalla giusta verve ma anche da opportune pennellate melanconiche, da colori sempre ben calibrati, fino a quella “Furtiva lagrima” che quasi sospende il tempo nell'incanto della notte maceratese.
Un elisir perfetto, imperdibile. Ed è, inevitabilmente, un successo indiscusso.
foto Tabocchini