I colori dell’aurora boreale
di Antonino Trotta
Eccezionale il concerto che vede protagonista Nikolai Lugansky al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino per l’Unione Musicale. Un viaggio attraverso i paesaggi della taiga russa sulle note di Schumann, Chopin e Rachmaninov.
Torino, 31 Gennaio 2018 – Arriva a Torino per l’Unione Musicale il pianista russo Nikolai Lugansky. Ormai da anni frequentatore dei palcoscenici di tutto il mondo, Lugansky sceglie per questo recital un programma da concerto di grande presa. Schumann, Chopin e Rachmaninov sono i compositori che il pianista russo decide di leggere, con grande raffinatezza e sensibilità, al pubblico entusiasta numerosamente accorso nell’auditorium del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino.
C’è una precipua maturità artistica nella lettura delle Scene Infantili op.15: Lugansky non sfoglia un polveroso album fotografico ma rivive con consapevolezza le istantanee di un’infanzia passata. È la poetica del fanciullino a tingere di colori nitidi e rassicuranti i tredici racconti che compongono la suite: le sonorità sono nostalgiche, dalle sfumature autunnali, ma il procedere è maestoso. Nei momenti più lirici, come in quelli giocosi, il rigore ritmico profonde elegante autorevolezza all’esecuzione proteggendola da languide leziosità. Nella partitura di Schumann non ci si rifugia più nel mondo della rimembranza ma si scruta l’universo per carpire la chiave dell’eterna giovinezza.
Il pianismo di Lugansky trova quindi in Chopin momenti di somma raffinatezza. Ancora una volta l’eccelsa solerzia ritmica, adesso stemperata in diligenti rubati, è il tratto distintivo di una maestria strumentale che fa della Barcarola op.60 un quadro dove il carattere cullante evolve in un arabesco acquatico: nel suo moto ondivago la musica cresce, si torce, si aggroviglia, si scioglie. Il nitore dei trilli, la morbidezza delle fioriture, la dinamiche drappeggiate con colori chiaroscurali esaltano la liquidità dei sinuosi temi della partitura chopiniana. L’incisività del suono si fa poi protagonista della meravigliosa Ballata no.4. Lugansky scolpisce nella complessa architettura compositiva le dolenti quattro note ripetute del primo tema che attraverso perigrinazioni tonali si ripresenteranno costantemente all’interno dell’intricato discorso musicale. La modulazione ritmica di queste quattro note, plasticamente tornite in maniera differente ad ogni apparizione e distillate con incisività drammatica di grande trasporto, racchiude tutta la potenza lirica di questo capolavoro dove la rarefatta purezza timbrica si arricchisce di sopraffini variazioni in cui canti contrappuntistici, magnificamente pronunciati, si intrecciano con effetti funerei e misteriosi.
Ma è con la selezione di Preludi op.23 (1,3,4,5,6,7) e op.32 (1,2,3,4,5,12,13) di Rachmaninov che Lugansky approda nella propria terra d’elezione. Nella variopinta dimensione di invenzioni armoniche, ritmiche e melodiche, Lugansky coglie l’occasione per dipanare le peculiarità della sua invidiabile tecnica pianistica dove il piglio virtuosistico è sempre coadiuvato da un equilibrato senso della misura e da un ricercato gusto musicale. Attraverso le pagine del compositore russo che evocano suggestionanti immagini della tundra e della taiga, Lugansky proietta un’aurora boreale di colori cangianti che invade l’intera sala del conservatorio. La scrupolosa disciplina musicale si sostanzia in una sonorità spinta agli estremi. Sonorità che anche nei momenti più furenti non è mai metallica, sforzata, ma dà luogo ad un torrenziale flusso di suoni che si allarga e si stringe senza alcuna discontinuità. Finalmente la matrice russa del pianista, già a tratti percepita in Chopin nei momenti in cui il suono richiederebbe un minimalismo più acuito, si rivela in tutta la sua imperante e variegata potenza. Nei quadri dalle tinte più evanescenti (op.32 no.12, op.23 no. 1 e 4 ad esempio), in quelli energici e impetuosi (op.23 no. 5 e 7), nei preludi dove la trama musicale si fa più densa e avvolgente (op.32 no.13), Lugansky dà prova di una straordinaria profondità e versatilità che consente lui di confezionare un’interpretazione di gran classe.
Estasiato, il pubblico gli tributa un’ovazione, generosamente ripagata con tre bis (la sognante quinta romanza tratta dall’ op.21, il frizzante studio op.10 no.8 di Chopin e il trascinante Bourrée dalla suite in stile antico op.28 di Kapustin). Una serata di grande successo, per il protagonista, per l’Unione Musicale e per il pubblico che ha goduto di un simile spettacolo.