Dal compianto al paradiso
di Roberta Pedrotti
Intensa inaugurazione per la stagione sinfonica del Comunale di Bologna con un percorso dedicato alla riflessione su vita e morte, senso e dolore fra Beethoven e Mahler. Sul podio Michele Mariotti.
BOLOGNA, 1 febbraio 2018 - Non si è ancora spenta l'emozione per la splendida e toccante Bohème inaugurale [leggi] e la stagione sinfonica del Teatro Comunale si apre sulle note del compianto e dell'elegia. L'Elegischer Gesang in Mi maggiore per coro e archi op. 118 di Beethoven introduce un'atmosfera delicatamente meditativa, un suono intimo, ben levigato, che nella sala del Bibiena si espande con aroma cameristico e soffuso, permeato di una dolente introspezione. Michele Mariotti, dal podio, mantiene l'atmosfera sospesa, fra leggerezza e concentrazione, nella trasparenza compatta di coro e orchestra, affinché il compianto abbia la sua naturale pacificazione nella prima parte, Sostenuto, di Meerstille und glückliche Fahrt op. 112. La quiete quasi innaturale del paesaggio marino che si trasfigura in una Todesstille fürchterlich (spaventosa calma di morte) rende universale il dolore più intimo e profondo; la tragicità insita nell'esistenza – sì, i versi sono di Goethe, ma come non pensare a Leopardi? – si fa sottile turbamento in uno stato di stasi irreale che trova uno sfogo necessario nell'euforia dell'Allegro vivace che indica la meta, un fine all'insensatezza dell'essere ed esplode nel presagio del glorioso finale della Nona Sinfonia.
Tributato il debito applauso all'eleganza e alla partecipazione del Coro del Comunale – preparato da Andrea Faidutti e adeguatamente valorizzato in questa inaugurazione – dopo l'intervallo ci troviamo catapultati dalla Vienna del Congresso a quella che lentamente scivolava verso il dissolversi dell'Impero. Da Beethoven a Mahler con due riflessioni sulla vita e la morte che in un caso si trasfigurano, nell'altro si sostanziano in un inestricabile, seppur lucidissimo, reticolo di sensi e pensieri. Bruno Walter definì la Quarta Sinfonia di Mahler espressione di un “anelito struggente a superare l'esistenza terrena” e “la forma più incantevole in cui si sia mai espresso il suo humor”. Humor che intreccia con sapienza retorica le reminiscenze fisiche delle danze viennesi, delle musiche popolari delle sue radici ebraiche e boeme, della melodia e delle forme di Schubert, e infine canta la quiete dolente ed estatica di un terzo movimento ispiratissimo, affettuosamente consolatorio, canta un paradiso succoso di feste e banchetti. Un paradiso contadino, fisico ispirato dai versi di Des Knaben Wunderhorn, che Christiane Karg intona con spirito amabile e un'emissione talora perfino diafana, che ben rendono la cullante e pur tuttavia sottilmente perturbante atmosfera fiabesca di Das himmlische Leben (La vita celeste).
Al netto di un paio di sbavature negli ottoni, l'orchestra del Comunale dà bella prova di sé, compatta, equilibrata, ben a fuoco nel seguire la lettura di Mariotti, accurata quanto sentita nell'accarezzare la riflessione sull'esistenza, nel comprenderne il dolore come parte irrinunciabile e pulsante della vita nel suo essere carne, senso, passione. Dopo Beethoven, l'elegia prende strade diverse, conquista una tormentata e gioiosa dimensione fisica, ma si esprime sempre nella misura di uno sguardo introspettivo e comprensivo che abbraccia come in un'unica arcata lirica l'intera partitura, nei suoi giochi di richiami, come nel suo frastagliato universo, fino a chiudersi pudica nel soffio dei versi finali.
Non un finale trionfale, ma raccolto e meditato, per questa intelligente inaugurazione, che raccoglie i consensi meritati del pubblico bolognese.