Nostalgia della musica
di Francesco Lora
I due concerti per pianoforte e orchestra di Brahms e le Sinfonie nn. 1 e 5 di Šostakovič (più un’aggiunta wagneriana) hanno sancito il sospirato ritorno di Zubin Mehta a Firenze: con András Schiff e soprattutto con l’uditorio e l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, ecco un saggio di amore per la musica.
FIRENZE, 28 e 30 giugno 2018 – Un corpo leggero e anziano che, dalle quinte al podio, procede a passi lenti, piccoli, faticosi: la malattia ha affaticato l’esuberanza di Zubin Mehta, il direttore che alzava la bacchetta ogni sera in una città differente, ovunque recando autorevolezza da padrone di casa. Davanti alla trasformazione fisica l’istinto di mille e più spettatori, seguendo con apprensione ogni movimento, sarebbe quello di corrergli incontro e dargli sostegno: il teatro è quello (stracolmo) del Maggio Musicale Fiorentino, la più vera casa artistica del direttore indiano e l’istituzione cui egli dà tuttora identità profonda; e il pubblico di Firenze, dell’Italia e del mondo – è venuta anche Sofia di Grecia, già regina di Spagna, con la sorella pianista Irene – non si è forse mai accorto di volergli bene più che in questa occasione. Cancellati per motivi di salute tutti gli impegni precedenti, Mehta non ha voluto rinunciare agli ultimi due previsti: ha chiesto di sospendere le gravose terapie, ha volato per tredici ore da Los Angeles, è tornato sull’Arno per tenere fede agli impegni del 28 e 30 giugno. Lo aspettavano l’amico András Schiff, onde eseguire i due concerti per pianoforte e orchestra di Brahms, e soprattutto l’Orchestra del MMF, da lui svezzata in decenni di collaborazione, onde eseguire le Sinfonie nn. 1 e 5 di Šostakovič.
Chi voglia saggiare cosa sia l’amore per la musica, avrebbe dovuto esserci per averne la più alta prova: musicisti e uditorio attenti come non mai al messaggio di un direttore che, impugnata la bacchetta, si trasfigura all’istante, trae forza da ogni suono, protesta la propria mortale nostalgia del podio, torna ad articolare il braccio destro con la solita inesausta e disumana chiarezza d’intenzione; un direttore che rifiuta lo sgabello, pianta come torri le sue gambe fragili per quattro lunghe ore di musica, aggiunge entusiasta al programma il Preludio all’atto I dei Meistersinger von Nürnberg di Wagner, si mimetizza infine tra l’orchestra per non perdere l’ascolto dei bis pianistici di Schiff. È un rito collettivo di consolazione, gratitudine, sublimazione; un momento di grazia umana e artistica.
Rito e momento, però, parimenti concreti e pragmatici, non soltanto simbolici ma anche pieni di voglia di lavorare e circostanziabili col repertorio retorico quotidiano della critica musicale. Il 28 giugno era il turno del Preludio wagneriano, del Concerto n. 2 di Brahms e della Sinfonia n. 1 di Šostakovič: il primo sanciva – niente di meno – l’incredulo ritorno di Mehta alla musica, accumulando involi, respiri e tensioni con un inedito senso celebrativo di festa; il secondo e la terza incedevano quasi ritraendo la mente e il corpo del maestro: un discorso sicuro, spedito, caparbio, pudicamente aperto a sfumature, orgogliosamente permeato di virtuosismo, ma con un impasto strumentale che, passato il primo impetuoso strato da falange macedone, si confessava anche fragile, dubbioso, penetrabile. Con una certa libertà vi si sovrapponeva il contributo di Schiff, cesellante dalla tastiera con classica compostezza, ma anche con un brillio sibillino, mellifluo, enigmatico, degno di uno schubertiano re degli elfi. Il 30 giugno era invece, tra Brahms e Šostakovič, il turno del Concerto n. 1 e della Sinfonia n. 5; con un orizzonte interpretativo ben differente rispetto a quello di due giorni prima: cercando in sé quasi con preoccupazione tecnica l’inaudito vigore di caduta richiesto, Schiff stesso si assoggettava alla poderosa lettura di un Mehta quanto più stanco, tanto più risoluto ed esigente; mirato al cuore delle composizioni, cioè, senza compiacersi di perifrasi, come se quello dovesse essere l’ultimo concerto. Il fresco annuncio ufficiale delle prossime rassegne del Teatro del MMF non lascia però dubbi: concerti diretti da Mehta sono lì tenacemente programmati per il 23 febbraio, 26 e 30 maggio e 2 giugno 2019. Firenze attende già il ritorno del proprio maestro.