L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il furore e la dolcezza

 di Alberto Ponti

Il direttore greco, affiancato dalla violoncellista argentina, affronta un programma dedicato al sinfonismo di fine Ottocento

TORINO; 15 marzo 2019 - È un vero peccato che un maestro come Constantinos Carydis sia abbastanza poco conosciuto nel nostro paese, se si eccettuano alcune apparizioni romane negli ultimi anni. Il concerto alla testa dell'OSN Rai giovedì 14 e venerdì 15 marzo ha rivelato al pubblico torinese una personalità istrionica e trascinante, in grado di rendere al meglio tre pagine caratterizzate da una suprema ricercatezza nella scrittura.

Chasse fantastique (1887), di rarissimo ascolto dal vivo, è nei fatti l'unica composizione originale non totalmente dimenticata di Ernest Guiraud (1837-1892), conosciuto per aver musicato i recitativi di Carmen dopo la morte dell'amico Bizet, di cui fu autorevole e prezioso editor anche per altre partiture. Il breve poema sinfonico, che mostra più di un'affinità col franckiano Le Chasseur maudit di poco precedente, nell'interpretazione di Carydis sprigiona una crescente e turbinosa furia ritmica attraverso le incessanti fanfare dei corni, riprese dall'intera orchestra con tutta l'abilità della grande scuola francese, condotta nelle battute finali a un livello quasi orgiastico e parossistico.

Il Concerto per violoncello e orchestra (1876) di Edouard Lalo (1823-1892), è un brano di notevole magia timbrica, resa affascinante dalla presenza come solista di Sol Gabetta, sempre assai amata ad ogni suo ritorno sotto la Mole. La musicista argentina cesella con grazia vigorosa le raffinate volute disegnate dall'autore, che abbandona la facile orecchiabilità della celebre Symphonie espagnole in favore di un pathos ombroso e drammatico, soprattutto nel primo movimento, denominato Prélude e articolato in un Lento-Allegro maestoso dalla forma assai libera.

L'intonazione del Matteo Goffriller del 1730 trascolora da atmosfere pacate e sognanti, perdute in fantasticherie romantiche, a momenti di grande tensione in risposta ai secchi interventi della massa orchestrale che riportano il discorso sui toni di un eroismo un po' di maniera non privo di sfumature tra il burbero e l'appassionato, inverando il pensiero secondo il quale il violoncello è lo strumento che riproduce al meglio la versatilità della voce umana. L'estrema bellezza del suono di Gabetta non può non farsi apprezzare nella parte veloce del seguente Intermezzo, con le terzine in punta d'archetto oscillanti tra il piano e il pianissimo sullo sfondo di un saltellante controcanto dei flauti, connubio strepitoso di eleganza e virtuosismo. Un più serrato dialogo tra solo e tutti impronta invece il Finale, che vede in opposizione lo scalpitante tema principale, sviluppato con una cavata sempre morbida e purissima, priva di grinze e asperità, e la cantabilità di un'idea secondaria in cui, nel frenetico moto di 6/8, si insinuano maliziose semicrome in legato,affrontate con la stessa emozione espansiva e calorosa presente anche ne El cant dels ocells nella versione di Pablo Casals, eseguito come bis.

Gli impetuosi applausi tributati dalla platea a Sol Gabetta si ripresenteranno immutati al termine della serata per Carydis e tutti i componenti dell'Orchestra Sinfonica Nazionale, dopo una lettura esemplare per intensità e accuratezza di un caposaldo del catalogo di Nikolaj Rimskij-Korsakov (1844-1908): la suite sinfonica Shéhérazade op. 35 (1888). Ogni intento descrittivo della partitura ispirata ai racconti de Le mille e una notte è sublimato in un ambito di superiore urgenza espressiva che non prescinde dalla rigorosa coerenza interna dell'opera, con i motivi del sultano e della fanciulla a far da filo conduttore lungo i quattro movimenti. Il contrasto netto ma equilibrato tra la quiete marina dell'apertura e le acque impetuose che sconquassano la nave di Sinbad, gli entusiasmanti crescendo del secondo tempo, la furiosa vitalità percussiva della Festa a Bagdad resa con il pieno dominio di una tavolozza timbrica quasi figurativa nell'iridescenza del suo continuo rinnovarsi non sono che alcuni esiti di un gesto direttoriale sempre a segno tra le sfaccettature di un pezzo che impegna notoriamente a fondo ogni risorsa strumentale. Ci auguriamo di riascoltare presto nel nostro paese questo interprete intenso e sensibile, dallo stile casual senza fronzoli e senza bacchetta, magari nell'ambito operistico che lo ha reso di casa in molti teatri del mondo anglosassone con titoli che vanno da Händel a Wagner.


 

 

 
 
 

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