Spiriti e spettri
di Antonino Trotta
MITO SettembreMusica evoca lo spirito di Arcangelo Corelli e lo spettro della Nona di Beethoven con due distinti appuntamenti del ricco cartellone, l’uno affidato alle premure dell’orchestra Modo Antiquo diretta dall’eclettico Federico Maria Sardelli, l’altro allo storico duo pianistico Ballista-Canino.
Torino, 10-12 settembre 2020 – Nonostante a noi sia pervenuta una modesta quantità di composizioni, la grandezza di Arcangelo Corelli si può tutta misurare nell’ascendente che egli esercitò sulle generazioni di compositori a lui contemporanee e successive: Geminiani, Vivaldi, Händel, financo un vivissimo Sardelli, individuarono e individuano nel concerto grosso corelliano un modello di equilibro e perfezione tale da assurgere a paradigma assoluto del genere. Intorno a questa grande creazione musicale del periodo barocco, caratterizzata nella forma dal dialogo tra il concertino (due violino più un continuo) e appunto il concerto grosso (due violini, viola e basso eventualmente raddoppiabili, detto anche ripieno), verte l’appuntamento di MITO SettembreMusica – sabato 12 settembre – che nell’impaginato di sala annovera il concerto grosso n. 4 op. 6 di Corelli, il concerto grosso n. 3 op. 3 di Geminiani, i concerti grossi n. 4 op. 3 HWV 315 e n.6 op. 6 HWV 324 di Händel e il concerto n. 11 RV 565 di Vivaldi.
La concertazione di Federico Maria Sardella, alla guida del suo prezioso ensemble Modo Antiquo – che, superfluo precisarlo, suona strumenti originali –, è di finezza eccezionale. Nel perimetro descritto dal rigore filologico, dallo studio scientifico della partitura e del modo di eseguire tale repertorio, i complessi barocchi si esprimono con un linguaggio che colpisce per sì per la superba varietà di colori, dinamiche, accenti, ma affascina soprattutto per lo sfoggio di preziosismi e geometrie, prospettive e angolazioni che nello sbalzare repentino di uno strumento sull’altro sembrano disegnare paesaggi tridimensionali. Così un programma per certi aspetti impegnativo – un’ora e passa di soli concerti grossi è sempre un’ora e passa di soli concerti grossi –, annunciatosi quale balsamo dell’intelletto e nutrimento per l’insaziabile curiosità musicale, nel giro di un solo movimento riesce a trasformarsi in una festa dell’ascolto affermandosi, ormai a MITO concluso, come uno delle serate meglio riuscite dell’intera rassegna. Menzione a parte, poi, merita l’esecuzione della prima assoluta – a quanto pare ancora fresca d’inchiostro – del Concerto grosso nello spirito di Corelli che l’eclettico Sardelli ha composto, con la canonizzata struttura quadripartita, per l’occasione e che tra Händel e Vivaldi non sfigura affatto.
Scomodare l’aldilà, comunque, non sempre è un buon affare. Se poi si parla di Beethoven e della Nona, è facile che evocandone lo spirito ci si ritrova a esserne tormentati dallo spettro. Anche partendo dal presupposto che Antonio Ballista e Bruno Canino non sono un duo pianistico ma una vera e propria istituzione musicale e senz’altro riconoscendo il valore di una tecnica pianistica di prima classe, spiace osservare che il concerto di venerdì 10 – Lo spirito della Nona – proprio fatica a decollare: la Nona di Beethoven è troppo vasta anche per il signore tra gli strumenti musicali, raddoppiato. Ballista e Canino lavorano di fino sui colori, sulle dinamiche, mettono in luce le differenza timbriche tra le parti destinate alle varie sezioni dell’orchestra, tuttavia nella scrittura così densa di Liszt è disumano pensare di poter animare con un’intenzione diversa ciascuna delle venti dita. È vero, forse nell’ascolto di questa versione per due pianoforti bisognerebbe abbandonare ogni confronto uno a uno con la scrittura originale, evitare di sovrapporle come lastre per evidenziarne coincidenze e divergenze, ma si tratta pur sempre di una trascrizione e non di una fantasia su e, già sulla carta, l’operazione è talmente fuori di senno che è inevitabile interrogarsi su come Liszt abbia pensato di riuscirci. Ne faremo tesoro per la prossima occasione.