Assaggi di normalità
di Roberta Pedrotti
Per l'Autunno sinfonico del Comunale di Bologna, il violoncellista austroiraniano Kian Soltani riscuote un meritatissimo successo nel Concerto in La minore di Schumann. Un po' più in ombra la performance del direttore Ryan McAdams.
BOLOGNA, Riprendiamo a mordicchiare qualche assaggio di normalità. Il pubblico deve ancora riappropriarsi della ritrovata, piena disponibilità di posti; c'è voglia di musica dal vivo, ma ancora un po' di diffidenza. Così, ritorniamo fianco a fianco, anche se permane qualche posto vuoti più di due anni fa. Andiamo comunque avanti, qui ora con la stagione sinfonica che il Comunale di Bologna ha costruito insieme con la Filarmonica dei suoi professori. Programma classico ottocentesco di sicura presa, Schumann e Brahms, un giovane solista in grande ascesa internazionale, il violoncellista austroiraniano ventinovenne Kian Soltani, e un direttore già familiare nelle nostre istituzioni, il trentanovenne statunitense Ryan McAdams.
La prima parte della serata è consacrata al Concerto in La minore per violoncello e orchestra op. 129 di Schumann, occasione perfetta per mostrare tutte le qualità di Soltani, non solo nella sicurezza tecnica, ma nella maturità che la introietta nell'articolazione, nel dosaggio dei colori, nel costruire un discorso unitario con un mordente virtuosistico di grande intelligenza musicale. Il bis è una sua elaborazione di danza persiana, pezzo perfetto per esaltare l'interprete fra allusioni contemporanee evidenti ma non troppo estreme e accattivanti slanci tradizionali, ponendo sempre in evidenza la comunicativa e la versatilità nell'approccio sonoro. Il pubblico è conquistato: era prevedibile, è meritato anche perché non solo Soltani è all'altezza della sua fama come violoncellista, ma sa anche entrare in empatia con il pubblico, presentando il fuori programma in ottimo italiano e senza fronzoli inutili.
La tendenza a una visione drammatica e un tantino muscolare già percepibile in Schumann, si fa più evidente nella Seconda sinfonia di Brahms e pone, invece, McAdams in una luce meno luminosa rispetto a Soltani. La lettura è compatta, pratica, la chiave interpretativa chiara, ma poco interessante, con i suoi contrasti anche violenti che restano in superficie senza cercare sfumature o quantomeno una maggior profondità di pensiero. Difatti, anche l'entusiasmo che aveva salutato la prima parte risulta un po' attutito al termine di una sinfonia che non s'imprimerà nella memoria. Anche in questo si riprende a mordicchiare qualche assaggio di normalità, a ricordare che non esistono solo gli eventi indimenticabili, ma anche il repertorio quotidiano.