Variazioni sul mito
di Giuseppe Guggino
Al Massimo di Palermo Gabriele Ferro propone un concerto dedicato alle declinazioni in musica del mito di Prometeo, da Beethoven a Scriabin. Enigmatiche le proiezioni video di supporto affidate a MASBEDO.
Palermo, 3 giugno 2022 - «Un tempo gli uomini chiedevano il fuoco agli dèi e non sapevano conservarlo perennemente. In seguito Prometeo lo portò sulla terra» sintetizza Igino. E nella struttura del mito il fuoco è sovrapponibile alla musica, a cui la mitologia greca riconosce sovente una forza soprannaturale. Non a caso agli albori della musica “a programma” si affaccia subito un primo Prometheus di Liszt, dopo che al personaggio della mitologia greca il giovane Beethoven aveva già rivolto la sua attenzione per un balletto per le coreografie di Salvatore Viganò. Con il voluttuosissimo Prométhée di Scriabin il mito diviene poi avanguardistica e un poco utopica partitura per orchestra, pianoforte solista, coro e luci.
Di per sé non del tutto originale l’idea di riunire in una serata le pagine dagli orizzonti stilistici ed estetici piuttosto disparati – già balenata a Berlino nella mente di Claudio Abbado, Martha Argerich in Scriabin e con in più alcune pagine dal Prometeo di Luigi Nono – l’elemento di novità costituisce l’aver contornato il concerto delle installazioni musicali del tandem MASBEDO con la drammaturgia di Klaus-Peter Kehr. Sia nel Prometheus lisztiano che nelle seguenti pagine scelte dalle beethoveniane Creature di Prometeo una videoproiezione mostra un giovane seminudo Prometeo viaggiare in una metropoli contemporanea a bordo di un’automobile in movimento (forse un taxi). Fra pioggia battente e luci metropolitane in rapida dissolvenza, le immagini montate scorrono forse monotone senza che la parte musicale sembri giovarsene particolarmente. Per contro Gabriele Ferro in buona forma alla testa dei complessi di casa ottiene un buon suono, specie dalla sezione degli ottoni, in Liszt mentre la selezione di pagine beethoveniane sembra risentire troppo dell’organico da orchestra romantica ereditato dal primo pezzo, guadagnando in turgore sonoro e perdendo in nitidezza. Nel polittico di pagine senza soluzione di continuità, si approda al lavoro di Scriabin che nella lettura di Ferro appare essere indubbiamente quello di precipuo interesse, su cui profondere le maggiori cure, grazie ad un’Orchestra ben pronta a raccogliere le sollecitazioni dal podio. Preziosa la presenza di Roberto Cominati che, da assiduo frequentatore del repertorio per pianoforte e orchestra del primo novecento da Rachmaninov a Ravel, bilancia con sapienza e discrezione il tocco ora percussivo ora ipnotico.
Per l’ultima pagina la proiezione video si sposta in presa diretta, con l’ingresso in sala del Prometeo contemporano, già visto vagare nell’anonima metropoli dei nostri giorni (l’attore Sabino Civilleri) che, sdraiato su un lettino disposto a fianco all’orchestra, viene quasi “vivisezionato” dalle riprese proiettate in tempo reale nel grande schermo a fondo sala. Anche in questo caso il senso drammaturgico risulta sfuggente, né sembrano di grande aiuto le note di MASBEDO nel programma di sala, tuttavia la colorata e sontuosa orchestrazione di Scriabin assicura il successo collettivo agli applausi finali, convinti ancorché sbrigativi.