Il tardoromanticismo di Nagano
di Giuseppe Guggino
Per la prima volta alla testa dell’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo Kent Nagano sigla una notevolissima lettura analitica della Quarta di Bruckner.
Palermo, 18 settembre 2022 - Dopo un’incursione nel repertorio sinfonico e corale del primo romanticismo, dedicata a due pagine emblematiche quali la Erste Walpurgisnacht di Mendelssohn e la Symphonie Fantastique di Berlioz, la stagione sinfonica del Teatro Massimo di Palermo torna a soffermarsi – con maggiore felicità di risultati – su un’altra partitura di ampie proporzioni del sinfonismo ottocentesco: la Quarta sinfonia di Bruckner, proposta nella versione di più usuale esecuzione del 1878-80. Elemento catalizzatore del buon esito è indubbiamente la presenza di Kent Nagano, per la prima volta alla testa dell’Orchestra del Teatro Massimo, che pare visibilmente galvanizzata dalla prestigiosa presenza.
La caratura artistica dell’eclettico direttore si manifesta nella grande eleganza del gesto, scevro da ogni soverchia teatralità, l’intesa con la compagine orchestrale è invece evidente nel continuo scambio di reciproci sguardi d’intesa e nei numerosi sorrisi che balenano durante la serata. Purtroppo per tutto il primo e buona parte del secondo dei quattro movimenti il rumore dell’impianto di condizionamento della sala (di intensità paragonabile al suggestivo tremolo degli archi di apertura della sinfonia) pregiudica la concentrazione generale. Quando finalmente la ventilazione è tacitata si ha la prova che il carismatico maestro riesce ad instaurare quella magnetica intesa oltre che con l’orchestra anche con il numeroso pubblico in sala, come testimonia quel silenzio irreale di grande concentrazione che si percepisce specie in corrispondenza pianissimi impalpabili o l’istintivo applauso – subito represso – che le sonorità lohengriniane conclusive dello scherzo inevitabilmente innesca. Eppure, nonostante l’organico giustamente smisurato, la concertazione di Nagano concede poco più del giusto al turgore sonoro, sembrando molto più protesa a rendere trasparenti i giochi contrappuntistici di cui vive un po’ tutto il sinfonismo bruckneriano, fatto di pochi spunti tematici, men che meno ispirati, e di grandi elaborazioni, trasfigurazioni, scomposizioni e ricomposizioni fra canoni, corali e rimpalli da una sezione all’altra dell’orchestra. Molto bene fanno gli ottoni tutti, che in tutta la sinfonia giocano un ruolo di primissimo piano, in particolare i notevoli tromboni nella magniloquente coda conclusiva e il drappello dei quattro corni, validamente capitanato da Andrea Mastini, a cui spetta l’onere del solo di esposizione del primo tema della sinfonia. Non demeritano però né legni e percussioni, mentre fra gli archi rispondono molto bene viole (che si segnalano nel secondo tema del secondo tempo) e i secondi dei violini, a cui fanno da contraltare dei celli e violini primi talvolta manchevoli di identico smalto.
Scontato il successo conclusivo che vede la signorilità e la modestia di Nagano – quasi restìo a risalire sul predellino per raccogliere le meritate approvazioni del pubblico – salutata dal rumoreggiare di piedi da parte dell’intera orchestra.