L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Orizzonti di dive

di Luigi Raso

Il recital di Anna Netrebko apre le celebrazioni callasiane del San Carlo evocando la diva di ieri attraverso un ritratto della diva di oggi, fra i ruoli che ne hanno decretato la fama e i più recenti approdi, cavalli di battaglia, splendori e limiti.

NAPOLI, 8 ottobre 2022 - Nel nome di Maria, Callas ovviamente. Il concerto inaugurale della Stagione di concerti 2022-2023 del Teatro San Carlo dà inizio alle celebrazioni per il centenario (nel 2023) della nascita di Maria Callas. E tocca ad Anna Netrebko, soprano tra i più acclamati della odierna scena internazionale, il compito di aprire e chiudere le celebrazioni in onore di Maria Callas: nel 2023, il 13 ottobre, un suo recital, integralmente dedicato alla musica russa, avrà l’onore di chiudere gli omaggi al soprano greco.

Anna Netrebko e Maria Callas, la diva di oggi e quella di ieri. Nei foyer virtuali all’epoca dei social è bastato il solo accostamento dei due nomi per far andar in escandescenze i più infuriati leoni da tastiera, tanto da far gridare allo scandalo, alla blasfemia, all’anatema sull’improvvido abbinamento. Ovviamente, l’intento del concerto non è quello di mettere a confronto due personalità artistiche, epoche e mondi musicali irripetibili e inconciliabili tra loro per molteplici motivi, ma è semplicemente quello di rendere omaggio a una diva del passato attraverso il canto di una diva dei nostri giorni. In effetti, il programma del recital, di notevole difficoltà tecnica, stilistica e interpretativa, scelto da Anna Netrebko e dal direttore d’orchestra Jader Bignamini è un viaggio nei repertori che il soprano russo- maggiormente frequenta.

Si parte dal Belcanto donizettiano, anni fa uno dei feudi musicali più amati da Anna Netrebko, “Piangete voi?... Al dolce guidami...Coppia iniqua” da Anna Bolena.

Alla diva odierna basta la prima domanda - “Piangete voi?” - per creare la giusta atmosfera della scena finale dalla Bolena. Il timbro ammalia da subito; ma a colpire è la tendenza a sfumare, a smorzare la linea di canto in seducenti mezzevoci, così come ad arroventarla con affondi drammatici improvvisi che, se non assicurano del tutto il perfetto fuoco vocale, ci fanno intuire che Anna Netrebko nel corso della serata saprà come conquistare e ammaliare il suo pubblico.

E in effetti già “Al dolce guidami” legato e cantato sul fiato convince: con l’evoluzione della vocalità, i trilli non hanno più quel nitore e quella precisione di anni fa, ma, complice il calibrato accompagnamento dell’orchestra diretta da Jader Bignamini e l’ottimo ricamo strumentale del corno inglese di Andrea Marotta, l’aria risulta levigata, tutta impostata su un canto a fior di labbro. I pianissimi e i filati di Anna Netrebko si dimostrano perfetti nel ricreare l’atmosfera nostalgica dell’aria. L’entusiasmo è tale che partono gli applausi ben prima della cabaletta “Coppia iniqua”, fremente e imperiosa, seppur con qualche nota acuta non propriamente messa a fuoco.

La Sinfonia da Nabucco consente ad Anna Netrebko di prendere fiato dopo l’impegnativo inizio donizettiano e a Jader Bignamini di immergere il teatro nella barricadiera atmosfera risorgimentale di Nabucco: stacca tempi sostenuti, la concertazione dà la giusta tensione drammatica alla sinfonia, ma il direttore si lascia prendere la mano nel finale, spingendo eccessivamente sull’acceleratore delle dinamiche e della ritmica.

Con “Ben io tʼinvenni... Anchʼio dischiuso un giorno” Anna Netrebkofa incursione nella parte di Abigaille, una delle sue ultime conquiste di repertorio e ruolo tra i più insidiosi dell’intero repertorio sopranile. Ascoltandola, si ha l’impressione che il soprano riesca sì a tener sotto controllo la scrittura vocale, che balza dall’acuto al grave nell’arco della stessa battuta, ma che la parte di Abigaille sia posta ai limiti della sua vocalità: il recitativo iniziale “Ben io tʼinvenni”nondifetta di potenza, ma questa sembra esser come presa a mutuo; con l’aria “Anchʼio dischiuso un giorno”si ritorna alla vocalità della Netrebko che amiamo e apprezziamo: cantata con intensità, ben legata e adagiata sul fiato, smussata con pianissimi di grande suggestione. Con la successiva cabaletta “Salgo già del trono aurato” Netrebko e Bignamini, ciascuno per le rispettive competenze, danno fuoco alle poveri: tempo serrato e dinamiche possenti infiammano una delle più vibranti cabalette verdiane. Per questa cabaletta le considerazioni sono a analoghe a quelle sul recitativo iniziale: gli acuti non sono del tutto a fuoco e si rinnova all’ascolto la conferma di trovarsi davanti alle Colonne d’Ercole della vocalità di Anna Netrebko.

L’Intermezzo da Manon Lescaut di Giacomo Puccini è un esempio dell’ottima prova dell’orchestra del San Carlo e delle sue prime parti (nell’ordine di intervento, Pierluigi Sanarica primo violoncello, Gabriele Pieranunzi violino di spalla, Leonardo Li Vecchi prima viola): nella meravigliosa pagina orchestrale di Puccini, Bignamini è particolarmente attento a trovare il giusto dosaggio dei colori della strumentazione pucciniana e l’adeguata temperatura emotiva dell’intero brano.

L’interludio sinfonico ci porta a “Un bel dì vedremo”,ben cantato e sostenuto - bellissimo il colore vocale emesso in apertura! - ma affrontato con fraseggio poco analitico, tanto che nel complesso l’intensa pagina sembra difettare della giusta dose di temperatura emotiva.

Archiviata la sezione dedicata al repertorio italiano, con “Printemps qui commence”, la più congeniale alla corda sopranile tra le arie di Samson et Dalila di Camille Saint-Saëns, si parte alla volta del repertorio francese. Il seducente inno alla primavera di Dalila è affrontato da Anna Netrebko con legato elegante, imbrunendo i suoni del corposo registro basso in modo da immergere tutta l’aria in un’aura di struggente sensualità.

Con “Dieu! Quel frisson court dans mes veines?” da Roméo et Juliette di Charles Gounod Anna Netrebko ritorna a una delle parti che maggiormente ha contribuito a decretarne il successo planetario: si ritrova nell’Aria del veleno, nell’abbandono alle volute melodiche di Gounod quel timbro luminoso e malioso tipico del soprano russo-austriaco. Oggi la sua Juliette ha acquistato una maturazione vocale e psicologica che la rendono ancor più palpitante e coinvolgente.

A traghettare il programma del recital dal repertorio francese a quello russo è la frizzante Ouverture da Ruslan e Ljudmila di Michail Glinka: qui Jader Bignamini fa di tutto (e anche di più) per esaltare il tratto travolgente e spensierato del brano orchestrale.

Segue lo splendido arioso “Uzh polnoch blizitsya... Akh! Istolimas ya gorem” da Pikovaja Dama di Pëtr Ilʼič Čajkovskij, a giudizio di chi scrive il vertice esecutivo e interpretativo di Anna Netrebko in questa serata: l’idioma, la meravigliosa e tormentata musica di Čajkovskij accendono l’anima russa di Anna Netrebko. Ai colori cangianti del timbri, oscillanti tra tonalità luminose e plumbee, alla ricerca di un fraseggio sempre più intenso e macerato, si accompagna una spiccata intensità interpretativa magnetica che pervade l’intero brano e che ipnotizza il pubblico.

La sezione finale del recital è dedicata a Richard Wagner, autore ultimamente corteggiato da Anna Netrebko. Preludio e Morte di Isotta, nella versione concertistica, chiudono il programma.

La precisa e intensa concertazione di Jader Bignamini del Preludio da Tristan und Isolde preparano un Liebestod (“Mild und leise”) lirico e sfumato, nel quale gli acuti appaiono il naturale approdo della linea vocale, più che fendenti caduti dall’alto nella trasfigurazione finale.Quello di Anna Netrebko è un Liebestod che concilia lirismo, intensità e un’impostazione vocale che trova i suoi fondamenti nel canto legato e ben appoggiato sul fiato, sulla variabilità dell’emissione piuttosto che nella esibizione della luminosità lama degli acuti.

Al termine, applausi, ovazioni, lanci di fiori dai pachi laterali come non si vedeva da tempo al San Carlo; entusiasmo del pubblico, del tutto ricambiato dalla Netrebko, alle stelle!

La diva non si lascia pregare e concede come bis Il bacio di Luigi Arditi, un valzer che stempera in sorriso le cupe armonie wagneriane del Liebestod conclusivo del concerto.

Ci si rilassa e sorride ancor più con il secondo bis, “Heia, in den Bergen”daDie Csárdásfürstin(La principessa della ciarda)di Emmerich Kálmán. Nella vorticosa aria Anna Netrebko si prende letteralmente la scena: accenna passi di danza, si acuisce la sensazione, presente sin dall’inizio del recital, che l’angusto spazio del palcoscenico che l’assetto del concerto le riserva le sia stretto, che necessiti degli spazi ampi del palcoscenico per esprimere la propria debordante personalità di artista e per dar sfoggio alla sua innata simpatia.

Un trionfo, ovazioni, applausi interminabili da parte di un teatro gremito e popolato da visi di spettatori gioiosi e felici.

Arrivederci tra un anno, Signora Netrebko!


 

 

 
 
 

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