Molto talento per nulla
di Susanne Krekel
Un dispiego di impegno, professionalità e talenti all'altezza della fama del Maggio Fiorentino non riesce a superare la fragilità intrinseca nell'Amico Fritz di Mascagni.
FIRENZE, 3 marzo 2022 - Si viene sempre al Teatro del Maggio con aspettative molto alte quanto alla qualità artistica degli spettacoli. Da questo punto di vista non siamo stati delusi. L'opera, per contro, è tanto sciocca quanto magniloquente: un giovanotto ricco e generoso che si dichiara scapolo per principio, vuole essere amico di tutto, scommette di non sposarsi, si trova prontamnete innamora e... si indovina il seguito. La musica è nondimento sentimentale e banale, pur con una certa aggressività, come se l'autore avesse voluto insistere da parte sua sulla porale patriarcale della storia.
Per fortuna, la produzione è piacevole e la compagnia e l'orchestra più che all'altezza.
Rosetta Cucchi ha trasferito l'azione degli USA degli anni '50, scelta affatto consona, visto che l'intreccio piuttosto piatto esprime i valori in voga in quell'epoca: amore, matrimonio (eterosessuale, s'intende), famiglia, tutto ciò che può piacere al buon Dio. Che di ciò sia un rabbino a farsi avvocato e non un prete cattolico è un elemento che avrebbe potuto arricchire il libretto di qualche riflessione, ma non se ne fa nulla.
Il primo e il terzo atto si svolgono in un classico drugstore, con il bancone, i tavolini rotondi, all'esterno si vedono facciate con scale antincendio; il poliziotto di ronda ha preso perfettamente l'allure da macho del piccolo uomo con un piccolo potere. Il posto è affollato, l'amico Fritz tiene la sua corte, circondato dai suoi amici, lo si vede aiutare una giovane coppia che deve sposarsi, si scopre che ha aiutato degli orfanelli gitani. È Teresa Iervolino nei panni di Beppe, il violinista gitano, a raccontare questa storia toccante, e pure lei è toccante, formidabile con una voce eccezionale di mezzosoprano dal timbro di bronzo, calda e potende, e un eccellente gioco attoriale, tale che la si sarebbe presa veramente per un uomo. Non c'è bisogno di presentare Charles Castronovo, che realizza un Fritz ammirevol, la cui voce radiosa si sposa perfettamente con quella sopranile argentina di Salomé Jicia quale Suzel. Il loro ‟duetto delle ciliegie” nel secondo atto è incantevole, anche per la recitazione, con spirito e leggerezza. Per il secondo atto siamo in un'azienda vinicola e ci si domanda di sfuggita come il paesaggo idilliaco e vagamente toscano si combini con l'ambientazione newyorkese del drugstore americano di prima. Idea graziosa, comunque, quella della "golf cart" con cui arrivano gli amici di Fritz, con pic nic e rabbino. È Massimo Cavaletti che incarna questo personaggio con molta partecipazione e gran presenza scenica benché il suo strumento vellutato paia talora forzato in acuto. Malgrado tutto il talento e la professionalità di questa bella compagnia, la loro azione resta in superfice, si sente la difficoltà nel riempire un testo vuoto e banale di vere emozioni. Riccardo Frizza alla testa dell'orchestra del Maggio Musicale, con i suoi ottimi solisti, non riesce a sua volta a dare qualche sostanza a una musica tutto sommato vacua.
Una serata interlocutoria, dunque, che ci lascia un poco perplessi con la riscoperta di un'opera che potremo fare a meno di rivedere.