Ottimo inizio
di Daniele Valersi
L'edizione 2023 del festival dedicato ad Arturo Benedetti Michelangeli in Trentino inizia assai bene con i recital di Tomoki Sakata e Mariya Kim.
LAVARONE 23 luglio e RABBI 30 luglio 2023 - Una partenza di stile sopraffino per il festival Omaggio all’arte pianistica di Arturo Benedetti Michelangeli, con il giovane Tomoki Sakata (trent’anni d’età ancora da compiere) che ha dato un’ottima prova di sé nella sala del Centro Congressi di Lavarone (TN), al gran completo per il concerto di apertura. Interprete di bravura sorprendente, Sakata riusciva a stupire in un’esecuzione costantemente fluente e precisa, impreziosita da un’agogica cangiante, da pause espressive di grande tensione, dall’episodico sprigionarsi di un’energia trascinante. Alla formazione del suo stile deve aver senz’altro contribuito il vorace interesse di Sakata per le storiche interpretazioni dei grandi pianisti di ogni periodo, dei quali colleziona tutte le registrazioni che riesce a reperire; tuttavia, è ragionevole pensare che questo da solo non basti e che facciano la loro parte anche una preparazione meticolosa e la diligenza nel ricercare un’espressività in sintonia con lo stile dei diversi autori. L’esordio del recital toccava le radici del pianoforte beethoveniano con la Sonata n. 8 op. 13 “Patetica”, alla quale Sakata riesce a dare un’impronta personale soprattutto mediante una gestione non banale, in ogni movimento, di discrete variazioni nell’agogica. Un’esecuzione impeccabile per nitidezza del fraseggio e per gusto ricercato nella dinamica restituiva alla partitura (la cui intitolazione fu autorizzata dal compositore stesso) sia la sua insita, classica bellezza sia l’abito di sofferenza e di irrequietudine che la caratterizza. Il valore di Sakata si faceva poi apprezzare con una selezione dai Preludi op. 28 di Chopin, dei quali esponeva i primi dodici, mantenendo l’andamento seriale dato dalle rispettive tonalità, dal Do maggiore al Si maggiore, ciascuna con il suo doppio umbratile rappresentato dalla relativa minore. Una proposta, questa, che non si accorda con la diffusa prassi di suonare la raccolta integralmente, ma che pare incontrare piuttosto le intenzioni dell’autore, che non ne aveva previsto l’esecuzione integrale. Volendo stilare una graduatoria all’interno del programma, i Preludi di Chopin, pur interpretati in modo più che convincente, risultavano come la parte meno brillante e accattivante, in un programma pensato a delineare un climax sia in senso cronologico sia per quel che compete alla prestanza strumentale. Tutta dedicata al Liszt “italiano” la seconda parte del concerto, con i Sonetti del Petrarca n. 104 e n. 123 (n. 5 e n. 6 da Années de Pèlérinage – 2me année S161), la parafrasi di Danza Sacra e Duetto finale dell’Aida (S436) e Réminiscences de Norma S394. Si passava in tal modo dalla polarità tra agitato e cantabile dei sonetti petrarcheschi, realizzati nelle lucenti tonalità di mi maggiore e di la bemolle maggiore, a un graduale, parossistico incremento di tecnica e intensità, ammiccante seppur con grandiosità negli episodi verdiani, sfociante nella incredibile parafrasi su Bellini, dove il bravo interprete aveva modo di sfoggiare il suo arsenale tecnico nel susseguirsi di trilli, volate, scale in ottave ed effetti “tre mani”. Un solo brano fuori programma, à Chloris di Reynaldo Hahn, veniva concesso dall’artista a una sala entusiasta, che ne avrebbe ascoltato volentieri almeno uno in più.
Ha avuto luogo nella chiesa di San Bernardo a Rabbi il successivo recital di Mariya Kim (artista nel pieno di una carriera che sta toccando le sale di Europa, Asia e Stati Uniti d’America), che ha messo in luce un pianismo definito, solido e ben fondato, espressione di una personalità artistica matura. Suscitava curiosità e aspettative la selezione di Preludi dalle raccolte di Anatolij Ljadov, autore russo del tardo Ottocento che in qualità di didatta ebbe tra i suoi allievi Prokof’ev e Mjaskovskij, le cui composizioni sono in pratica tutte da scoprire, a parte Une tabatière à musique, l’unica sua pagina pianistica eseguita con una certa frequenza. Di Ljadov, in apertura della seconda parte del recital, Mariya Kim eseguiva con tocco particolarmente felice i Preludi op. 11 n. 1, op. 40 n. 3, op. 46 n. 1 e n. 3, op. 57 n. 1, rivelando un autore che meriterebbe di essere maggiormente presente nei programmi di concerto, non fosse altro che per il gusto squisito che esprimono queste pagine, di dimensione miniaturistica, che prendono spunto dalla concisione di matrice chopiniana e che rimandano stilisticamente al primo Scriabin. In termini di tempo, i cinque pezzi occupavano una parte minimale del programma e pertanto davano modo di gustare solo un breve assaggio dei pregi e della poetica di questo autore. Kim si imponeva da subito con un’esecuzione impeccabile della Sonata n. 3 (op. 2 n. 3) di Ludwig van Beethoven, che reca il titolo apocrifo di “Militare”, pagina tra le preferite dal grande ABM, scelta quale pezzo d’esordio. Complessivamente meno preciso, viziato da una certa frettolosità soprattutto all’inizio risultava invece lo Scherzo n. 2 op. 31 di Fryderyk Chopin; l’artista convinceva pienamente in seguito, nello Scherzo n. 3 op. 39 nel quale dimostrava di ritrovare quell’esattezza e quella risolutezza che costituivano la cifra della serata. Il culmine della maestria interpretativa si aveva con la pagina conclusiva, la Sonata n. 6 op 82 di Sergeij Prokof’ev, che Kim sa svolgere con l’energia e la musicalità adeguate, conferendo al brano sia il drammatico espressionismo che ne costituisce il fondamento sia i caratteri accessori che lo fanno risaltare per contrasto, come la giocosità che veste il secondo tempo e la malinconia di cui è pregno il terzo. Prima di quella triade denominata “di guerra”, particolarmente amata da Svjatoslav Richter, la Sesta Sonata sancisce la sintonia dell’autore con le vicende storiche attraversate dal suo paese per mezzo di una scrittura che può essere citata quale antitesi del simbolismo, senza ombreggiature né sfumature, senza fregi decorativi, senza allusioni. Il pubblico era letteralmente catturato dall’implacabile incedere dell’artista, alla quale tributava lunghi applausi e numerose chiamate in scena alla conclusione, alle quali Kim corrispondeva con una Sonata di Clementi fuori programma.