L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

La cantata per la Diva

di Roberta Pedrotti

Il Rossini Opera Festival riscopre dopo quasi due secoli la Cantata in morte di M. F. Malibran con musiche di Donizetti, Pacini, Mercadante, Coppola, Vaccaj.

PESARO, 14 agosto 2023 - Se si prova a inserire in un motore di ricerca online la chiave “club dei 27” pensando di trovare il noto consesso di appassionati verdiani con sede a Parma si avrà forse una sorpresa: il primo risultato riguarda un'espressione giornalistica nata per definire un gruppo piuttosto significativo di cantanti, per lo più rock, morti a quell'età. Fra loro Kurt Cobain, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Amy Whinehouse; solo poco più grande era l'attore Heath Ledger, morto qualche settimana prima di compiere ventinove anni. Tutti hanno lasciato un segno nei rispettivi ambiti e sono stati consegnati alla mitologia contemporanea anche dalla morte precocissima. Muore giovane chi è caro agli dei, diceva già Menandro nel IV secolo a.C., e par superfluo ricordare qui che non arrivarono ai quarant'anni Mozart, Chopin, Bellini (con Marilyn Monroe potrebbero quasi formare un altro club), né ai trenta Pergolesi, Manfroce o Lily Boulanger.

L'elenco sarebbe infinito e in esso Maria Malibran, morta a soli ventotto anni, entra a pieno diritto non solo sul versante degli artisti, ma anche dei divi, dei personaggi che oggi definiremmo mediatici o “icone pop”. Genio musicale riconosciuto unanimemente nel suo estro d'interprete, artista dal carisma magnetico, una delle donne più celebri – se non la più celebre tout court – del suo tempo: l'impatto della notizia della sua dipartita, in seguito a una caduta da cavallo, potrebbe forse paragonarsi a quello suscitato da quella di Lady Diana nell'incidente sotto il tunnel dell'Alma. Con la differenza che Malibran, nata Garcia, era una diva “da rotocalco” perché musicista, e una delle più grandi di tutti i tempi.

Nello sconcerto che segue la fatale notizia si preparano omaggi e commemorazioni. Un monumento, anche: un busto realizzato da Pompeo Marchesi, uno dei più rinomati scultori del tempo, per il ridotto della Scala. Per inaugurarlo e promuoverne il finanziamento si organizza una cantata celebrativa a dieci mani, quelle dei cinque compositori italiani più in vista del momento: Donizetti, Pacini, Mercadante, Coppola, Vaccaj. Manca Bellini, venuto a mancare nel 1835, ma Coppola ne cita il finale della Sonnambula (uno dei cavalli di battaglia di Malibran); Donizetti, da par suo, nella bella sinfonia affine al clima della Trilogia Tudor fa far capolino a una citazione del finale di Giulietta e Romeo di Vaccaj, che la commemorata usava sostituire al quadro corrispondente nei Capuleti e i Montecchi. Manca anche Rossini, probabilmente assorbito da altre faccende, giacché la sua stima per Malibran è ben nota e documentata.

Dopo l'esecuzione scaligera del 17 marzo 1837 (Malibran si era spenta il 23 settembre 1836), l'oblio quasi inevitabile per un pezzo d'occasione come questo. Lo si riscopre ora, nella revisione di Valeer De Vlam, in collaborazione con il Conservatorio di Anversa, nel ciclo Rossinimania del Rof, a rendere omaggio a una diva indissolubilmente legata alla storia esecutiva dell'opera del Pesarese. La musica su testi di Antonio Piazza non sarà memorabile, ma è di buona fattura: Donizetti, s'è detto, sfodera atmosfere gotiche (tanto più che la fine prematura della diva si è consumata in Inghilterra, a Manchester), Pacini, Mercadante, Coppola e Vaccaj declinano lo stile solenne delle cantate encomiastiche con diverse accezioni, dal belcanto classico più aulico e brillante a un respiro più ombroso e severo (l'ispirato Mercadante), in una progressione che dal compianto funebre doloroso arriva all'apoteosi della diva con la scopertura del busto marmoreo.

Nell'acustica infida del Teatro Sperimentale - una delle due sedi provvisorie del Festival in attesa che il Rossini torni agibile dopo i danni sismici e si concluda l'infinita attesa del Palafestival di Viale dei Partigiani – non aiuta e, per esempio, nasconde quasi completamente il Coro del teatro della Fortuna preparato da Mirca Rosciani. Tuttavia il lavoro di Diego Ceretta sul podio della Filarmonica Rossini è ottimo: mentre si ciarla di bacchette in cerca di riflettori più che di buona musica, ecco un altro esempio della serietà vera espressa dalle nuove generazioni. Gesto chiaro, pulito, equilibrio fra le parti, fluida e coscienziosa gestione di dinamica e agogica, adesione allo spirito della Cantata e alle caratteristiche dei cinque numeri di cinque mani diverse. Bene anche le voci schierate per l'occasione, quasi tutte passate negli ultimi anni dall'Accademia Rossiniana: i soprani sono Lyaila Alamanova e Giuliana Gianfaldoni, il mezzosoprano Shachar Lavi, il tenore Dave Monaco, i bassi Michael Mofidian (per lui debutto al Rof) e Giorgi Manoshvili.

In una calda mattina alla vigilia di Ferragosto i rossiniani indefessi non mancano all'appuntamento e vengono anche gratificati dal bis del finale. Una domanda, però, è legittimo farsela: il concerto è stato preceduto, il giorno prima, da una conferenza di Marco Beghelli resa disponibile anche sul canale youtube della Fondazione Rossini (per comodità la condividiamo in calce all'articolo), tuttavia per una tale rarità non sono previste note di sala che vadano oltre la locandina e l'elenco dei numeri musicali, né è stata predisposta la proiezione di un testo ignoto praticamente a tutti i presenti sullo schermo che pure sovrasta le scena. Peccato: per un festival che nasce da una vocazione di ricerca e riscoperta forse si potrebbe, sfruttando anche il digitale, provare a fornire qualche strumento in più.


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