Eroici affetti, teneri diletti
di Roberta Pedrotti
Teresa Iervolino dà una lezione di eloquenza, gusto e stile in un programma tutto rossiniano con Giulio Zappa al pianoforte.
PESARO, 19 agosto 2023 - Tanto fu cara a Rossini la voce di contralto, tanti volti e affetti gli ha fatto assumere nella sua opera. Messi da parte per un momenti i panni di dame sofisticate, spiritose e seducenti come Isabella e Clarice, Teresa Iervolino sceglie, per il suo Concerto di Belcanto al Rof, due poli ben definiti: l'opera e la musica da camera; la più alta nobiltà desunta dal mito, dal racconto biblico o dal medioevo cavalleresco da un lato, i toni scherzosi, teneri o irriverenti dall'altro.
All'opera son quasi tutti personaggi en travesti, ma mentre Tancredi e l'Arsace di Semiramide, che aprono e chiudono il programma, son giovani guerrieri che fanno il loro ingresso di ritorno nella terra natale (in un caso, inconsapevole) e pensano alla donna amata, Ciro è un uomo maturo, Gran Re dell'impero persiano, marito e padre. E proprio al figlioletto si rivolge, nella toccante “T'abbraccio, ti stringo” che apre la prima Gran Scena contemplata in un'opera rossiniana. Qui padre, dunque, e poco prima madre, ché sempre al figlio e sempre in drammatica prigionia Andromaca (in Ermione) canta la cavatina “Mia delizia, un solo istante”. Non troppo distante è la tenera, intima berceuse Le dodo des enfants, in cui una madre culla il sonno del figlio malato pregando per la sua salute. Vivido, invece, il contrasto con l'infanzia insolente della Chanson du bébé o la spavalderia di Zora. La petite bohémienne.
Iervolino si muove in questo mondo di sottili connessioni poetiche e scarti di registro espressivo con splendido gusto, un'eleganza nobile e affettuosa protesa all'ideale del “cantar che nell'anima si sente”. Il legato è suadente, la parola articolata con limpida intenzione, il timbro di vero velluto contraltile, le agilità sgranate e gli acuti sicuri. Peccato solo non averla ascoltata in un'altra sala, perché l'Auditorium Pedrotti avrebbe agevolmente accolto la medesima quantità di pubblico con un'acustica (e, perché no?, un'estetica) ben più appaganti. Purtroppo, però, per questioni d'agibilità, anche questo spazio è indisponibile: peccato, il Rof merita di poter contare su spazi alla sua altezza.
Un valore aggiunto è, invece, la presenza di Giulio Zappa al pianoforte, sempre sensibile complice del canto ed eccellente solista nei due Péchés de vieillesse per piano solo con cui punteggia la scaletta: Valse lugubre e L'innocence italienne. La Candeur française.
Dopo questo bel saggio d'eloquenza eroica, patetica e ironica rossiniana, i bis ci trasportano a sorpresa in tutt'altro mondo. Da una cantante di origini partenopee, in realtà, Era de maggio non giunge come un fulmine a ciel sereno, ma incanta comunque per la nostalgica delicatezza con cui è intonata; i primi accordi di “Stride la vampa”, invece, suonano come una scossa elettrica: possibile? Possibilissimo, naturalmente solo in recital, ma con un piglio davvero infuocato e allucinato e chiarissima scansione del testo (la prossima volta, però, aspettiamo il trillo, che le riesce tanto bene in Rossini!). Ma, dopotutto, il dramma di Azucena non è legato al suo essere figlia e madre? Ascoltarla dopo le premure genitoriali di Andromaca e Ciro non un'idea malvagia. C'è da riflettere, mentre, naturalmente, il pubblico applaude.