L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Accademia londinese

di Roberta Pedrotti

Un ensemble di veri maestri e un programma esemplare, fra pagine strumentali e vocali di diverso tipo, in Sant'Agostino è fra le gemme dell'estate dell'Accademia Chigiana. 

VERONA, 28 agosto 2023 - Inaspettatamente, ecco che in Toscana si compone un trittico barocco: dopo i giovani nella campagna di Montalcino [Argiano (Montalcino), Abel 300,27/08/2023], spostandoci a Siena per l'estate dell'Accademia Chigiana incontriamo i maestri del Mozarteum di Salisburgo, che ha instaurato una solida e proficua collaborazione con la storica istituzione italiana. Caso vuole che, se fra i vigneti avevamo seguito il viaggio di Carl Friedrich Abel dalla Germania a Londra, ora nella chiesa di Sant'Agostino, nella Contrada della Tartuca, il titolo ironico Perfida Albione annuncia una panoramica musicale barocca sulla capitale inglese. Ritroviamo Abel e Johann Christian Bach, ovviamente Handel e Purcell, ma anche Francesco Geminiani, nato a Lucca, vissuto a Napoli, Londra e Dublino, e John Blow, maestro proprio di Purcell. A quest'ultimo, con i suoi ground per cembalo solo, si collega György Ligeti, che nel 1968 scrisse Continuum “nello stile dei grounds inglesi”; infine, Vivaldi è un omaggio alla storia della Chigiana e della Città: L'olimpiade fu riscoperta dopo due secoli di oblio proprio nella prima Settimana Musicale Senese del 1939. Oggi è Sara Mingardo, docente dei corsi di canto chigiani, a intonare l'aria di Licida “Gemo in un punto e fremo” dopo “Oh Lord whose mercies numberless” da Saul di Handel e “When I am laid in earth” da Dido and Aeneas di Purcell, con tutta la classe e la stilizzata intensità di cui e capace, magistra elegantiarum del canto barocco.

Il programma, alla maniera delle antiche Accademie, spazia fra arie d'opera e oratorio e pagine strumentali di diversa natura, che alternano combinazioni e pongono in rilievo voci e timbri diversi. Particolarmente interessante è Rules for playing in a true taste op. 8 (1748) n.4 An English Tune di Geminiani, una serie di variazioni in differenti andamenti (Tempo Giusto, Andante, Allegro assai, Assai moderato, Andante) eseguite qui da Marcello Gatti al traversiere con splendido controllo e sensibilità alle sfumature. Parimenti, sfugge alle trappole del mero esercizio di stile l'accostamento fra Blow e Ligeti, che invece carica di tensione il virtuosismo cembalistico di Florian Birsak. Suono morbidissimo, sapiente uso dei colori e fraseggio incisivo contraddistinguono sempre anche gli interventi dell'oboe di Alfredo Bernardini, dalla galanteria del Quintetto o in re maggiore op. 22 n. 1 (1780) per flauto, oboe, violino, violoncello e cembalo WB 76 di J. C. Bach all'eloquenza barocca della Trio Sonata op. 2 n. 1 (1717-19) per violino, oboe e basso continuo in do minore HWV 386a di Handel. Dello stesso Handel, la Sonata per violino in la maggiore op. 1 n. 3 HWV 372 (1722) mette in luce Hiro Kurosaki, primo violino d'impeccabile nitore, autorevole ma mai prevaricante nel bel gioco di squadra espressivo dei pezzi d'insieme. Lo stesso si può dire per Marco Testori, violoncello barocco che può porsi in primo piano nel dialogo del Quintetto di Bach, ma anche farsi carico del continuo nel Quartetto in sol maggiore per flauto, violino, viola da gamba e basso continuo WK 227 di Abel. Per fatalità, lo avevamo ascoltato solo la sera prima e, al di là delle caratteristiche specifiche di un ensemble giovane rispetto a un gotha di maestri, colpisce come la semplice scelta di affidare la parte del continuo al cembalo (Argiano) o al violoncello (Siena) ponga il brano in prospettive tanto diverse: da un lato un rapporto fra voci e accompagnamento di sapore contrappuntistico, un fondamento verticale all'intreccio delle linee melodiche, dall'altro, invece, una relazione a quattro che già illumina la strada verso l'amabile conversazione dei Quartetti di Haydn. La musica è la stessa, basta solo cambiare un po' l'angolazione dalla quale si osserva per riflettere su quanto la storia sia fatta di sfumature, ambivalenze, contiguità, più che di schemi e nette direzioni. In tal senso l'accostamento fra timbri e tessiture affini, ma distinti come quelli del violoncello e della viola da gamba può risultare, così ben gestito, in grande equilibrio,ancor più eloquente e merita un elogio speciale, anche per la presenza sonora non scontata, il gambista Vittorio Ghielmi, impegnato anche nel bel solo sempre di Abel, gioiello del virtuosismo settecentesco mai reso fine a sé stesso.

Nei brani vocali si fa necessaria, anche a parti reali, la presenza di un secondo violino e ai maestri salisburghesi si unisce la giovane Neža Klinar, perfettamente all'altezza della situazione. Un programma di circa un'ora e quaranta, articolatissimo, scivola quasi senza soluzione di continuità nel candore vanvitelliano di Sant'Agostino, seduti a pochi metri dalla Crocifissione del Perugino, poi si torna a passeggiare nella bella notte senese. Felici.


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