L'antidoto dell'esattezza
di Roberta Pedrotti
Arcadi Volodos in recital per Musica Insieme a Bologna offre un'impareggiabile lezione di intelligenza interpretativa capace di sedurre facendo quasi dimenticare il magistero tecnico dell'artista.
BOLOGNA, 15 gennaio 2024 - Tornare a casa diversi da come eravamo usciti, tornare arricchiti: non c'è bisogno di un intento didattico, di un programma ricercato per sostenere una tesi o esporre una scoperta, il risultato di uno studio. Basta l'arte con cui Arcadi Volodos si serve di una tecnica stupefacente, anzi tanto più eclatante perché ci si trova di tanto in tanto a fermarsi, far mente locale e renderci conto che dobbiamo essere stupefatti proprio perché la prossimità alla perfezione è tale da farci dimenticare la difficoltà di quel che percepiremmo come naturalissimo. Non sembra ci sia nulle di più semplice, immediato, su una tastiera, di quella gamma infinita di colori, pesi e dinamiche che pure stanno lì, per logica necessità, nell'arco musicale della frase e del testo.
Al rischio, non solo in musica, di assuefarci ad approssimazioni e schematismi retorici, Volodos oppone la semplice lezione di una limpida proprietà di linguaggio. I Davidsbündlertänze di Schumann non si muovono solo fra le personalità opposte e complementari di Eusebio e Florestano, ma anche in una serie di indicazioni precise e minuziose alternate nello spazio di pochi minuti, e continue modulazioni, l'una dall'altra: Lebhaft (Vivace), Innig (Intimamente), Mit humor. Etwas hahnbuchen. Schneller (Con humor. Un po' impetuoso. Più veloce), Ungeduldig (Con impazienza), Einfach (Semplicemente), Sehr rasch und in sich hinein (Molto rapido e intimo), Nicht schnell. Mit ausserst starker Empfindung (Non veloce. Profondamente espressivo, Frisch (Con freschezza), Lebhaft (Vivace), Balladenmassig. Sehr rash (Come una ballata molto veloce), Einfach (Semplicemente), Mit humor (Con humor), Wild und lustig (Selvaggio e divertente), Zart und singend (Dolce e cantabile), Frisch (Con freschezza), Mit gutem Humor (Con buon umore), Wie aus der Ferne (Come da lontano), Nicht schnell (Non veloce). Nel pianoforte di Volodos ogni sequenza è definita, esatta, perché l'impazienza non è la stessa cosa dell'essere impetuosi o rapidi, il buon umore non è il divertimento o la vivacità, indicazioni prossime non sono identiche, né è indifferente il rapporto con ciò che segue e che precede, in un continuo sobbalzare emotivo in cui si riflette la psiche di Schumann.
Anche laddove non ci siano le parole a indicare il pathos e il logos, la dialettica interna, la logica, i rapporti semantici della scrittura trovano acuta e profonda espressione, com'è nella Sonata n. 16 in la minore D 845 di Schubert, che apre la serata. Qui non è solo la superficie retorica a essere scardinata, ma anche un certo sterile formalismo d'analisi contrapposto in maniera manichea a esaltazioni d'affetti ed effetti: qui ogni scelta strutturale, dalla forma sonata alla variazione, ogni rapporto tematico e ogni suo trattamento è compreso, espresso e vissuto come parte irrinunciabile di un discorso che può farsi perfino sorprendente nel suo scontornare e sfumare dettagli, ma mai fine a sé stesso. D'altra parte, non è fine a sé stessa né solo pirotecnica la versione – pur ipervirtuosistica – della Rapsodia Ungherese n. 13 in la minore S 244 di Liszt che Volodos ha personalmente realizzato. La chiusura del programma ufficiale ribadisce un magistero tecnico disarmante e quasi impercettibile nella sua identificazione con un fraseggio magnetico, tanto fine e analitico da giungere a una sintesi dall'apparenza perfino spontanea, certo seducente. Parimenti è disarmante la chiarezza della consequenzialità di logiche ed affetti, di sentimenti e riflessioni all'interno di diverse forme del linguaggio musicale, l'ampia sonata, la raccolta di brevi pagine, la rapsodia. E, di seguito, il discorso prosegue, si ripete e si approfondisce anche nei tre fuori programma offerti a un pubblico comprensibilmente infiammato: il Minuetto interiorizzato e rivisitato da Schubert, la radice tradizionale e popolare stilizzata da Lecuona nella Malagueña, il bozzetto impressionista di El lago di Mompou. Tutto semplicemente, inesorabilmente esatto, sapiente e naturale nelle mani di uno dei più grandi pianisti viventi.
A corollario della serata, un'altra nota di merito sempre nel segno della proprietà di linguaggio: la presentazione del concerto consueta nei programmi di Musica Insieme è affidata ad Alberto Spano, che prima di raccontare da par suo – simpatico, competente e lungimirante conoscitore e scopritore di pianisti – la carriera di Arcadi Volodos esordisce “Io non sono un musicologo”. In un tempo in cui basta aver visto un po' di concerti o possedere un po' di dischi, disporre di una connessione internet o essere individuati dal caporedattore come l'appassionato di musica da trasferire alla pagina Cultura e Spettacoli per fregiarsi di patenti di musicologia, una tale onesta affermazione non può che valere stima incondizionata. Dovrebbe essere d'esempio, come lo è il pianismo di Volodos, per riconsiderare il valore della proprietà di linguaggio.