L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Da Rossini a Sinatra

di Roberta Pedrotti

Gregory Kunde al Rossini Opera Festival rinnova il plauso incondizionato per un artista capace di attraversare con classe e nonchalance generi diversi. Resta invece qualche perplessità sull'impostazione generale del cartellone concertistico.

PESARO, 18 agosto 2024 - Diciamolo subito, è un piacevolissimo pomeriggio quello che trascorriamo in compagnia di un grande artista come Gregory Kunde a Pesaro. Si tratta, però, anche di un evento bifronte, valutabile da (almeno) due diversi punti di vista.

Il concerto in sé per sé è una nuova graditissima occasione per incontrare un cantante, un musicista, un uomo di teatro del calibro di Kunde, che al Belcanto e al Rof ha dato moltissimo, dalla Semiramide del 1992 alla Zelmira del 2009, senza contare la sua carriera internazionale, dai sovracuti dei ruoli Rubini fino a Canio e Peter Grimes. Oggi, a settant'anni compiuti, ha tutto il diritto anche di divertirsi spaziando fra i generi e di scegliere i programmi in base ai suoi desideri, ma anche ai suoi mezzi e alla sua forma. Stiamo pur certi che quel che fa lo farà sempre al meglio, con intelligenza e che le sue non saranno mai opzioni di comodo o scontate. Il tributo a Rossini è reso con tutti gli onori dall'aria di Arnold ripresa a ventinove anni dal primo Guillaume Tell rappresentato al Rof. La voce è cambiata con il tempo e il repertorio, ma il senso del testo, della musicalità e dello stile, il controllo del suono sono sempre lì, esemplari.

Poi, si volta pagina, si vola oltreoceano con la benedizione di Leonard Bernstein: “Maria” da West Side Story cantata da Kunde è un gioiello di franchezza, ispirazione, equilibrio fra emissione leggera, accenni di parlato, ed espansione lirica. Adesso ha in mano il microfono, ha indossato una giacca bianca e mutato atteggiamento, da vero padrone del palcoscenico che sa rimanere fedele a sé stesso e trasformarsi come interprete.

Non è scontato incontrare un tenore che sappia adattare la propria emissione alle esigenze di altri generi e all'uso del microfono. Kunde non perde mai l'appoggio e il fuoco tecnico anche alleggerendo all'uopo l'impostazione; allo stesso modo, il fraseggio, l'articolazione della parola mettono da parte l'eloquenza operistica ma non la cura raffinata anche in uno spirito franco e colloquiale. Attraversa i grandi classici della canzone americana di Howard, Legrande, Marks, Young, Heusen e Myrow con una comunicativa, una sincerità e un'aderenza stilistica encomiabili. Gli arrangiamenti di John G. Smith, impegnato anche al pianoforte, sono peraltro di gran pregio e offrono i momenti migliori per l'Orchestra Filarmonica Rossini e la concertazione di Alessandro Cadario.

I due bis rappresentano i due volti dell'artista Kunde: “My way” è impeccabile, ma soprattutto profondamente sentita e commovente, un'interpretazione da ricordare; “Nessun dorma” è dovuto all'anno pucciniano e coniuga la popolarità estrema con la sensibilità di un un artista che non si abbandona all'effetto ma sa misurare ogni nota con saggezza.

In definitiva, per quel che concerne Gregory Kunde, la sua versatilità, la sua caratura di musicista e interprete, non possiamo che ribadire che si sia trattato di un bel concerto, con musica di grande qualità senza barriere di genere. Archiviamo, semmai, con un po' di rammarico una sinfonia della Gazza ladra piuttosto uniforme e sbrigativa, con alcuni soli (ancora il corno, vero tallone d'Achille della Filarmonica Rossini quest'anno) non all'altezza; roboante ma più convincente l'ouverture di Candide, per quanto non esente da sbavature.

Resta, tuttavia da fare una considerazione di ordine generale. Come si inserisce un concerto come questo nel programma del Rossini Opera Festival? È vero che Kunde è un artista al quale, anche per riconoscenza, ci si può permettere di dare carta bianca senza temere delusioni, ma in una manifestazione specialistica come questa non avrebbe avuto più senso metterlo in cartellone come evento speciale e non come Concerto Lirico Sinfonico, che ha tutt'altra impostazione (per guardare solo al programma di quest'anno, Giorgio Caoduro proporrà Handel, Mendelssohn, Rossini e Britten)? L'impressione è quella che i concerti, sia con orchestra sia con pianoforte, siano una sorta di zona franca in cui, una volta selezionati i solisti (tutti eccellenti), si lasci loro totale libertà senza indicare una linea. In un festival soprattutto sarebbe auspicabile poter riconoscere un progetto artistico e scientifico e proprio il Rof da questo punto di vista è sempre stato un punto di riferimento. Singolarmente, ciascun concerto ci ha offerto un autoritratto d'artista d'indubbia qualità, siamo sempre usciti soddisfatti e per Kunde ci spelliamo e ci spelleremmo ancora le mani fra gli applausi. In una visione più ampia, però, la miscellanea di questo cartellone desta qualche perplessità.


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