L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Poemi d’amore

di Antonino Trotta

Grande successo per Daniele Rustioni e l’Orchestre et Choeur de l’Opéra de Lyon, acclamati protagonisti di un doppio appuntamento nell’edizione 2024 di MiTo Settembre Musica.

Torino, 14 settembre 2024 – Difficile parlar di MiTo Settembre Musica senza far riferimento alla vistosa trasformazione che la rassegna più godereccia del panorama musicale torinese ha mostrato fin dalla sua presentazione. Con buona pace dei fedelissimi del festival che a settembre, eccitati da una programmazione succulenta per quantità e qualità, erano soliti far appello a tutte le proprie energie per affrontare quindici giorni di ininterrotta e ispirata peregrinazione da una sala all’altra della città, quest’anno MiTo sembra puntare a un bacino d’utenza più ampio e variegato: tra concerti in piazza, celebrazioni sportive e bignami operistici – come se a Torino un teatro dove scoprire Puccini e Turandot non ci fosse –, l’edizione 2024 riduce all’osso i concerti tradizionali, riservando a poche serate l’eccezionalità che in passato contraddistingueva più momenti di una stessa giornata. In questa manciata d’occasioni spicca sicuramente quella di sabato 14 settembre che vede protagonisti Daniele Rustioni e l’Orchestre et Choeur de l’Opéra de Lyon, impegnati in un doppio appuntamento – ciascuno dei due concerti rasenta appena l’ora di durata – all’Auditorium Giovanni Agnelli del Lingotto.

Il primo concerto si apre con Les eaux célestes di Camille Pépin, brevissimo poema sinfonico ispirato a un’antica leggenda della mitologia cinese che racconta l’origine della Via Lattea. Denso di effetti coloristici dal sapore impressionista che restituiscono perfettamente la dimensione onirica in cui la narrazione prende piede, Les eaux célestes è letto da un eccellente Rustioni con raffinata attenzione a quelle invenzioni timbriche e ritmiche che, in assenza di un materiale tematico evidente e unitario, costruiscono l’ossatura e il vero punto di fuoco del pezzo stesso.

Segue dunque Pelleas und Melisande op.5, opera monumentale per carattere e organico di un giovanissimo Arnold Schönberg che ancora mostra qui e là eredità e influssi di Wagner, Strauss, Brahms. Densa, appassionata, concitata, la concertazione di Rustioni, solido riferimento per l’ottima orchestra, s’impone ora per l’incandescente forza emotiva con cui egli anima queste pagine a tratti audaci per le soluzioni armoniche e strumentali che tessono la preziosa trama orchestrale.

Il vero capolavoro, però, arriva in seconda serata con la Daphnis et Chloé di Maurice Ravel, offerta nella rara versione integrale anziché in una delle due Suite sinfoniche. Qui Rustioni, alla guida di Coro e Orchestra, si fa artefice di un’esecuzione davvero eccezionale: con accento ora più rotondo e vario, il brillante direttore milanese danza lungo le flessuose linee della scrittura raveliana sfoggiando una tavolozza di colori e dinamiche apparentemente illimitata. La delicatezza e la morbidezza nel fraseggio nel primo Tableau, dove l’atmosfera rarefatta dà modo al direttore di raccontare con ispirata poesia l’amore di Dafni per Cloe; il fuoco che avvampa nel secondo, quando al centro della vicenda v’è il rapimento di lei da parte dei pirati; l’ebrezza sorvegliata e viscerale del baccanale che chiude l’ultimo quadro, sono solo alcuni dei momenti più entusiasmanti di questa “sinfonia coreografica” diretta da Rustioni con una visione d’insieme e una ricchezza espressiva tale da renderne indelebile il ricordo di questa serata.

L’auditorium del Lingotto, gremito, tributa al direttore e ai complessi la meritate ovazione.


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