Sognare l’Egitto
di Antonino Trotta
A causa di previsioni meteo avverse l’Aida en-plein-air prevista all’Anfiteatro Giovanni Paolo II di Sordevolo si sposta al Teatro Coccia di Novara, dove la messinscena ideata da Alberto Jona riprende vita in una forma più intima ed egualmente efficace. Spiccano, nella compagnia di canto, Serena Farnocchia, Veronica Simeoni e Gustavo Castillo.
Novara, 6 luglio 2024 – Non sarà il meteo pazzo dell’ultimo mese a mettere i bastoni tra le ruote al resiliente Coccia: se Aida all’aria aperta non si può fare, ecco aperte le porte del teatro novarese per una seconda prima di uno spettacolo che appena la sera prima era andato in scena a settanta chilometri di distanza. Non è un ripiego, va’ detto fin da subito, perché il regista Alberto Jona e la squadra di tecnici del teatro, con encomiabili sforzo e professionalità, han sfruttato fino all’ultimo secondo per confezionare una serata che non lasciasse lo spettatore orfano di una gradevole messinscena. Alla base dello spettacolo vi è il desiderio di legare in qualche modo l’opera al territorio che la ospita: eccoci allora proiettati nel sito archeologico dell’illustre egittologo Ernesto Schiapparelli – nato a Occhieppo Inferiore, a tre chilometri da Sordevolo – dove, tra papiri, sarcofagi, statue e reperti vari ben imballati per raggiungere i musei europei, Aida prende il via, con eleganza e pulizia, quasi fosse un viaggio onirico in quel mondo tanto lontano del tempo che tanto ha affascinato e tutt’ora affascina la fantasia dell’uomo moderno. Così, grazie anche alle proiezioni di Luca Attilii, alle luci di Ivan Pastrovicchio, ai bei costumi di Silvia Lumes, ai suggestivi inserti di Controluce Teatro d’Ombre e all’eccellente prova del danzatore Gérard Diby, lungamente applaudito nella scena del trionfo, si può godere di un allestimento che rassicura il pubblico per la delicata tradizionalità e il garbo dei preziosi dettagli visivi con cui il capolavoro di Verdi è riproposto.
Alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana, Marco Alibrando confeziona una concertazione vivace e marziale, caratterizzata principalmente da dinamiche asciutte e tempi incalzanti. Particolarmente efficace là dove il dramma infiamma o avanza con altera baldanza – la marcia, le piazzate di Amneris, lo scontro familiare di Aida, per fare qualche esempio –, la lettura di Alibrando si dimostra più fragile sul versante dei colori, un po' troppi asciutti in quadri come quello di apertura del terzo atto che abbisogna di amalgama sonora più flessuosa e screziature timbriche di più ampio spettro.
Le signore trionfano in questa compagnia alternativa che di seconda ha solo la posizione in cartellone. Serena Farnocchia è un’Aida dal timbro corposo, squisitamente drammatico, e dall’accento regale e dolente: con canto solido, contezza tecnica e di mezzi, la Farnocchia porta in scena una principessa etiope di indubbio valore, immediatamente misurabile nel fraseggio equilibratissimo che si ammanta ovunque di legato e colori. Lo spigolo più tagliente di tutta la parte conferma anche in questa recita la perfidia di Verdi, ma non mette a repentaglio una prova pienamente soddisfacente sul piano attoriale e vocale. Anche l’Amneris di Veronica Simeoni conquista il pubblico col suo fare indomito e ferino. Artista raffinatissima, fraseggiatrice e attrice eccellente, scava e plasma la sua furoreggiante principessa tutta nel testo, sempre porto con una miriade di sfaccettature tale da tratteggiare, con estrema teatralità, le peregrinazioni emotive di questo irresistibile personaggio. Accanto alle due primedonne, Gustavo Castillo, Amonastro, si fa decisamente notare per il timbro statuario, correttezza d’emissione e vigore nel drammatico duetto che anima tutto il terzo atto. Jason Kim, Radamès, per peso vocale e ingegno d’interprete, soffre invece di più il ruolo, pur cantando, tutto sommato, in maniera corretta. Luca Park, il Re, si presenta in scena e spiazza per una voce d’autentico basso; Davide Lando, un messaggero, sa imporsi all’attenzione anche solo con due frasi. Completano il cast Stefano Paradiso, Ramfis annunciato indisposto, e l’ottima sacerdotessa di Elena Malakhovskaya. Buona, infine, la prova del coro San Gregorio Magno istruito dal maestro Alberto Sala.
Il teatro strapieno accoglie con calore tutti gli artisti, segnando il trionfo di una serata egregiamente salvata in meno di ventiquattr’ore.