L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

Il sogno è il Teatro Odeon - Giacinto Prandelli

di Roberta Pedrotti 

 

Riportiamo il punto di vista del direttore artistico, Roberta Pedrotti, sul concerto Lumezzane ricorda Giacinto Prandelli. [qui la cronaca della serata]

Quattro anni fa avrei potuto sognarlo, ma non avrei mai osato scommetterci: arrivare a celebrare il centenario di Giacinto Prandelli con così grandi artisti, in un meccanismo teatrale perfettamente oliato, in un clima emozionante di arte, condivisione e commozione.

Non spetta a me, certo, tirare le somme, ma a chi sedeva in platea, tuttavia non potevo esimermi dall'esprimere il mio ringraziamento a tutti coloro con i quali abbiamo pecorso questo cammino, non potevo rinunciare al tentativo di tradurre in parole il significato di questa iniziativa.

Abbiamo cominciato con dedizione ed entusiasmo, pochi mezzi e tanta determinazione semplicemente perché era giusto farlo. Era un dovere nei confronti di un artista come Giacinto Prandelli, per me un motivo di orgoglio e di appartenenza fondamentale nei confronti di Lumezzane, quel natìo borgo cui mi legava e mi lega un filo indocile, agrodolce.

I mezzi sono rimasti pochi, e di questi tempi non c'era da sperare molto di più, ma la squadra ottima. Ci siamo sempre compensati a meraviglia per competenze, pregi e difetti, abbiamo sperimentato e siamo passati dall'avventura pionieristica dei primi anni via via a strutturare una macchina produttiva sempre più rifinita ed efficiente. Solo due anni fa ritagliavo a mano, uno a uno, i petali che avrebbero sparso Suzuki e Cio Cio San, e ora, con sara Poli, abbiamo un disegno luci, una regia e un montaggio video professionali; tutto costruendo con pazienza, tassello per tassello, un progetto che volevamo solido, concreto, di qualità, senza pretese al di fuori dalla nostra portata, ma con il punto fermo di un alto livello artistico, coinvolgendo artisti giovani ma già di respiro internazionale, vincitori d'importanti concorsi, perfezionati e impegnati in contesti prestigiosi.

In quattro anni abbiamo avuto a Lumezzane (oltre, naturalmente, a pianisti, coristi, attori, tersicorei...) dodici cantanti solisti e di questi undici non avevano mai messo piede da queste parti. E mi sono sentita dire più volte che Lumezzane e la Val Gobbia sono dei bei posti, che sono stati contenti di venirci, che hanno trovato una bella accoglienza, un bel clima e che ne serberanno un bel ricordo. Chi conosce la fama un po' rude di queste terre, note come polo industriale dal dialetto impossibile, è un riconoscimento che fa riflettere e stimola l'orgoglio, quando ci troviamo a rispondere alle curiosità sull'urbanistica, sulla storia e sulla lingua (ché il lumezzanese, al pari del sardo, è una lingua e non un dialetto).

In molti casi, invitando gli artisti, abbiamo riscontrato come il ricordo di Prandelli sia ancora vivo, l'ammirazione nei suoi confronti autentica e diffusa, in altri abbiamo acceso una fiammella in più, ispirando una curiosità che poi si è, ancora una volta, trasformata in stupito e schietto apprezzamento. La sorpresa più grande, anche per me, è però spesso nell'incontro con la signora Anna Maria Prandelli, che non è solo la compagna di una vita del maestro, ma anche e soprattutto una donna di grandissima eleganza e intelligenza, dall'orecchio finissimo, già studentessa di canto (con la Arangi Lombardi) e pianista. A lei, sempre, è dedicato il massimo impegno.

Mi limito a elencare, fra chi è stato con noi negli scorsi anni, le voci di Julija Samsonova, Yasko Sato, Maria Rosaria Lopalco, Erika Fonzar, Paola Cacciatori, David Sotgiu, Daniele Girometti, Roberto Lee, e i pianisti Paolo Gorini e Federica Bortoluzzi, ma soprattutto Kuniko Kumagai, accompagnatrice principale dal 2011, sostegno di ogni serata, concertatrice delle nostre rivisitazioni di Butterfly e Traviata. Non spetta a me, ora, ribadire i meriti di ciascuno, ma, almeno, potrò ribadire l'orgoglio di aver applaudito al Teatro Comunale di Firenze la stessa Madama Butterfly che due anni prima aveva riscosso entusiastici elogi dalla Signora Anna Maria Prandelli, la gioia di apprendere del successo di tanti altri artisti che a Lumezzane hanno cantato per Prandelli.

Quest'anno, con tre debuttanti in Val Gobbia, è tornato un volto noto, Riccardo Certi, soprannominato “baritono a chilometro zero” perché originario proprio delle stesse terre di Prandelli. Per questo, dopo averlo conosciuto nell'ambito del Concorso Città di Bologna e averne constatate le qualità, mi è subito sembrato importante coinvolgerlo in questa iniziativa, anche da un punto di vista simbolico. Così, in quattro anni, abbiamo avuto modo di seguirlo nella sua evoluzione di giovane voce grave, inizialmente indirizzata al repertorio lirico e mozartiano con impostazione schiettamente baritonale e poi via via evolutasi sempre più decisamente verso il basso baritono. Devo dire che, ricordando il suo Sharpless del 2012, sono rimasta io per prima stupefatta nel sentire quel colore, certo già in origine virile e brunito, condurlo sempre più decisamente verso parti più gravi, eppure regalandoci ancora un Rigoletto (tessitura acutissima) efficace proprio per quell'inedita patina scura, che conferisce al canto l'intimismo cupo di una rabbia torva e repressa a malapena contenuta e celata. Considerando che la nostra Gilda, Benedetta Bagnara, è dotata dalla natura di una voce scura e importante, l'abbinamento si è rivelato azzeccato, devo dire, anche oltre le aspettative. In “Ebben ne andrò lontana” il nostro versatile soprano ha confermato grandissime possibilità, vocali ed espressive, che attendono solo di esser messe a frutto in carriera.

Quanto a Giorgio Misseri, mi sarebbe facile unirmi agli elogi per il suo svettante registro acuto, ma per me non era una sorpresa, pur constatando un continuo miglioramento. Quel che, ancora una volta, mi ha stupita, è stata la musicalità, l'eleganza del porgere, la sensibilità di un fraseggio ricchissimo di colori e sfumature, in Bellini (“è serbata a questo acciaro”) come in Donizetti (“Ah mes amis”).

Pur conoscendola, come gli altri, fin da quando muoveva i primi passi fra accademie e concorsi, pur avendo condiviso splendide sessioni di prove e chiacchierate sull'interpretazione rossiniana, Teresa Iervolino resta per me sempre una bellissima sorpresa. Intelligente, musicale, preparatissima, simpatica e professionale, dotata di una voce rara e splendida: questa ragazza ha tutto per essere una stella di prima grandezza, e quel che potrebbe non avere oggi è perché ha venticinque anni, e un contralto a venticinque anni è ancora in evoluzione e non ha ancora sviluppato il potenziale che avrà fra dieci anni. Non esagero se dico che essere a pochi metri da lei mentre cantava “Una voce poco fa” e “Mon coeur s'ouvre à ta voix”, nel teatro della mia città, pensando per di più che ero stata io a invitarla, è stato perfino commuovente.

E ancor più bello, se possibile, respirare l'atmosfera dei bis, ovvero il puro piacere di fare musica insieme, artisti giovani e di talento, per un'occasione speciale, di fronte a chi aveva conosciuto e frequentato Toscanini e la Callas, la Tebaldi e De Sabata, senza fermarsi nemmeno nel festoso dopo teatro, intonando brindisi verdiani fra una libagione e un pasticcino.

Così siamo arrivati al centenario di Giacinto Prandelli, e abbiamo salutato la nuova amministrazione comunale, appena insediata, con una bella squadra, con tante idee e tanto costruttivo entusiasmo.

Non osavo sognarlo quattro anni fa. Ora invece oso annunciare un obbiettivo e un speranza: crescere sempre all'insegna della qualità e vedere il nostro teatro battezzato, finalmente “Teatro Comunale Odeon – Giacinto Prandelli”.

 

 


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