Atelier lyrique con Raina Kabaivanska
PARIGI, 4-9 dicembre - Chi voleva tornare alla vera tradizione e alla vera arte dell’opera, poteva assistere all’Atelier lyrique che durante il giorno, tra il 4 e il 9 dicembre, ha tenuto Raina Kabaivanska nello stesso gigantesco edifico della Bastille. Che ha sei piani sottoterra e otto sopra, con una mensa di qualità e molto economica collocata al settimo. Non sembra che ai dirigenti dell’Opéra Bastille i mastodontici sotterranei (che ricordano un po’ la scena delle fogne nei film dei Miserabili e un po’ la pellicola horror As Above, So Below, che si svolge appunto nelle catacombe di Parigi) siano conosciuti in ogni dettaglio. Ma una sala al quarto piano inferiore e un grazioso auditorium a sinistra della scalinata hanno ospitato alcuni giovani artisti di canto per una ripassata ai vocalizzi e una messa a punto di arie celebri e un po’ meno.
La Kabaivanska condivide con tutti i grandi docenti un’attenzione all’impianto tecnico della voce, che nel suo caso deriva anche dagli insegnamenti di Rosa Ponselle. Un’attenzione intelligente ed efficace che le consente – comunicando in quattro o cinque lingue - di raddrizzare una postura sbagliata, di far appoggiare il fiato in modo giusto, di segnalare difetti e goffaggini di ogni genere, di incanalare la dizione con esattezza; e anche di farlo con umorismo e arguzia; sì che l’ingolato cantore, o l’urlatore calante, udito di martedì mattina, si ripresenta mercoledì pomeriggio come esecutore molto più accettabile, quando non addirittura già avviato interprete di un’aria che prima lo spaventava.
A parte la spigliata parigina Marie Perbost, che dispone di un suo sito personale e che affronta la cavatina di Ninetta della Gazza ladra con bella sicurezza, gli altri studenti da me ascoltati venivano posti con chiarezza davanti ai rispettivi problemi di intonazione o di tecnica o di preparazione generale. Il giovane tenore spagnolo (di Almerìa) Juan de Dios Mateos non ha paura di Don Ramiro della Cenerentola e dell’aria di Fenton dal Falstaff ma di “Una furtiva lacrima” sì; e la affronta con l’occhio fisso sulla severa docente. Ad affrontare Donizetti è anche un mezzosoprano del Colorado, Jeanne Ireland, che studia e canta nell’Illinois; “All’afflitto è dolce il pianto”, la cavatina di Sara nel Roberto Devereux, la vede sulle prime rigida e non troppo espressiva, poi più sicura e sciolta. Con la docente infatti si è creato un feeling a forza di parlare di postura, di giro del fiato, di vocali aperte e chiuse. Ammonisce la Kabaivanska: «La grande Rosa Ponselle – lo sai chi era, vero? – diceva “Sei ha il centro nelle posizioni giuste, l’acuto viene da sé, è solo una ‘spinta’ in più"».
Un miglioramento sorprendente è evidenziato dal basso- baritono Mateusz Hoedt (che lavora nel teatro Wielki di Varsavia e comprende agevolmente il bulgaro della Kabaivanska): al primo ascolto ha la schiena curva, è calante e disorientato: due giorni dopo “Infelice, e tuo credevi” dall’Ernani e la bella aria di Ivan Susanin da Una vita per lo zar di Glinka lo trovano ben piantato. intonato e padrone dell’emissione, meritevole di un convinto “Bravo!”. Altro polacco di aspetto aitante è il tenore Maciej Kwaśnikowski di Poznan; ha studiato con Neil Shicoff e vuole affrontare “Dalla sua pace”. Raina gli corregge le inesattezze di lettura senza lasciar passare nulla, e per Maciej si tratta di un bagno di professionalità. Il soprano franco-belga Marianne Croux si presenta con un raffinato Respighi, “Sopra un’aria antica”, e ascolta con attenzione tutti i piccoli ma numerosi rilievi della docente sulla sua emissione. Simpatica l’ammissione della giovane e graziosissima Sarah Shine, soprano nativo di Limerick in Irlanda: “Ho tante cose da imparare, ora lo capisco, e anche la lingua italiana! Lo farò, sono sicura”. Intanto canta “Sul fil d’un soffio etesio” con sicurezza, e qualche osservazione della Kabaivanska sull’aiuto che un fiato più ampio le può dare a un certo momento, la vede sensibile e pronta. Auguri a tutti questi ragazzi, che cercano di prepararsi solide basi con l’aiuto di una stakanovista dell’arte.