L’Ape musicale

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Prima giornata: la cavalletta e la pianista

Giunti in paese l'11 agosto, ecco infilarci in un concerto pomeridiano al bellissimo Tempio protestante di Lourmarin, costruito sui resti di un'antica chiesa valdese rasa al suolo da Luigi XIV, per ascoltare alle 18 in punto con quasi 40 gradi all'ombra (mentre nel Parco della Roque il russo Miroslav Kultyshev snocciolava i 24 Studi di Chopin) l'austero pianista francese Florent Boffard, in Italia praticamente sconosciuto, ma che in Francia gode di un credito straordinario soprattutto nel campo della musica contemporanea, della quale è paladino indefesso. Allievo di Yvonne Loriod (la moglie di Messiaen) Boffard affascina per la sua tecnica forbita, per la sua grande musicalità e per la serietà interpretativa che gli consente di muoversi agevolmente nelle rotte incantate della Barcarola e degli ultimi otto Preludi chopiniani, nella grande costruzione della Sonata di Alban Berg, nelle seduzioni timbriche della Sonata “Ottobre 1905” di Leos Janacek, ma soprattutto di immergersi con commovente dedizione nell'immenso geroglifico sonoro costituito dalla Sonata n. 3 di Pierre Boulez, compositore-direttore leggendario di cui anche al Festival della Roque si festeggiano le 90 primavere.

Alle 21, questa volta nello splendido Parc du Châeau de Florans, quello della conchiglia, ecco ritrovare più in forma che mai la russa Yulianna Avdeeva, 30 anni, vincitrice del Concorso Chopin 2010, in lotta titanica per tutta la prima parte con una cicala particolarmente tenace e ispirata nascosta fra i platani centenari. Considerati i numerosi ostacoli acustici e ambientali (cicale, grilli, raganelle e ogni altro tipo di farfalle e falene notturne, pipistrelli, rumore di fronde, vento, umidità, etc.), tutto sembrerebbe ostare a un ascolto raccolto e concentrato. E invece, dopo i primi minuti di disorientamento, ecco che le orecchie di duemila persone si adeguano e si abituano, al punto di godere del suono dei pianisti grazie all'efficacia della splendida conchiglia bianca costruita in mezzo al parco. L'Avdeeva è stata eroica: col sottofondo fortissimo della cicala ha attaccato i tre Notturni op. 9 con un suono vibrante e calibrato, con un controllo assoluto delle dinamiche e dei rubati, il tutto combattuto fra ragione e sentimento. Una prestazione maiuscola la sua, proiettata verso un apice sonoro ed emozionale coincidente con la monumentale (e commovente) Polacca op. 44, dopo le 4 Mazurche dell'opera 17. Non da meno la prestazione della Avdeeva nella settima Sonata n. 8 op. 84 di Prokof'ev, dove ha saputo calibrare con altrettanta sapienza, lucidità mentale e percussività, e dove ha dato prova di eccezionale sangue freddo. Tutto l'ultimo micidiale quarto movimento (Vivace) è stato funestato da una gigantesca cavalletta verde che ha saltellato impunemente sul palco, fino ad attaccarsi ai capelli della pianista subito sopra il suo orecchio destro. La quale non si è scomposta minimamente, ha continuato a suonare per interminabili secondi con l'insolito orecchino, poi al momento musicale opportuno l'ha tirata via con la mano. La piccola celifera melomane, dopo altri cinque o sei salti inquietanti sul palco, si è lanciata definitivamente all'interno del pianoforte, provocando ineffabile espressione schifata della pianista, e lì vi è rimasta, probabilmente assordata dalle enormi masse sonore del Vivace prokofieviano. Chapeau a Yulianna, che non ha perso una nota e un accento. Bis fascinoso con la Méditation op. 72 di Tchaikovsky.


 

 

 
 
 

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