L’Ape musicale

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Visioni in Mi bemolle maggiore

Ma la rappresentazione delle visioni di Giovanna è trattata musicalmente anche in modo più sottile: i cori degli spiriti sono entrambi in Mi bemolle maggiore, identità tonale necessaria all'intreccio delle voci infere e celesti, ma che ne marca anche un'origine comune e una precisa comune funzione drammaturgia musicale, allorquando l'armatura con tre bemolli in chiave ricorre solo in situazioni ben precise e caratterizzate. Mai in assenza di Giovanna, coincidendo invece sempre con i suoi momenti di massimo turbamento, come nel secondo duetto con Carlo, in cui la reminiscenza dell'ammonizione angelica “Guai se terreno affetto accoglierai nel cuor” innesca una catena di modulazioni che arriveranno a chiudere l'atto nella massima tensione possibile, alla tonalità della dominante, La bemolle maggiore. La stessa, peraltro, dello spossato turbamento espresso nella romanza “O fatidica foresta”, quando, prima delle apparizioni spirituali bemollizzanti, la propulsiva cavatina “Sempre all'alba ed alla sera” era invece in un più luminoso La maggiore. Per quanto nel sistema temperato occidentale l'enarmonia metta in guardia da un'eccessiva considerazione dell'ethos delle tonalità, è anche vero che nella Giovanna d'Arco le armature in bemolle afferiscono spesso e volentieri alla sfera soprannaturale (anche nella cavatina del tenore) e definiscono sempre situazioni di difficoltà, inazione e contrasto psicologico per la protagonista, fino alla sublimazione di queste nell'apoteosi della morte, conseguenza ultima e massima espressione, nella medesima tonalità, dei primi richiami delle “voci”. Per contrasto, la presenza di Giacomo, antagonista principale dell'interiorità di Giovanna, tende alla solidità fondamentale del Do maggiore e tonalità limitrofe prevalentemente diesizzanti (l'unica eccezione solistica è una cabaletta in Fa maggiore, un solo bemolle in chiave).

L'atto centrale della Cattedrale di Reims è interamente incorniciato dal Mi bemolle maggiore, dalla Marcia Trionfale d'apertura fino alla stretta conclusiva. Gli interventi di Giovanna, benché il quadro si articoli in diverse sezioni tonali, coincidono esattamente ed esclusivamente con la riapparizione, prima, dello stesso La bemolle, dominante di Mi bemolle, ancora sospeso nella sua voce dalla stretta dell'atto precedente nel massimo turbamento e senso di colpa, poi, finalmente del Mi bemolle che segna la rinuncia alla difesa e l'esaltazione mistica dell'espiazione per un peccato solo immaginato. La tonalità delle “voci” è la tonalità con la quale Giovanna si consegna all'inquisizione e al rogo, quasi l'anelito di morte intonato intorno al La bemolle nel secondo atto

Oh perché
sui campi in guerra
non versai quest'alma impura?...
Chi m'adduce a ignota terra
ov'io celi il mio rossor?
Ma, se ad anima pentita
valga il pianto e la sventura,
ogni giorno di mia vita
sia pur giorno di dolor!

trovasse requie e risoluzione sul Mi bemolle in cui si sentiva in contatto con la dimensione sovrannaturale:

Contro l'anima percossa
tuona, tuona, eterna voce;
ma la colpa sia rimossa,
fia purgata nel dolor!
Dell'accolto pentimento
ecco l'iride già sento...
bene venga la mia croce,
io l'attendo con amor.

Il ciclo armonico è compiuto con l'espiazione: allorché Giovanna torna all'azione “dal padre benedetta, appurata dai dolori”, chiedere e ottenere dal genitore “la tua spada!” può tornare ai “bellici sentier” e a quel La maggiore con cui aveva chiesto a Maria Vergine “il dono d'una spada e d'un cimier”. Compiuta la sua missione si rende a un Mi bemolle maggiore sempre emblema della dimensione altra, sia visione mistica o delirio, ma con la quale non c'è più conflitto. [segue]


 

 

 
 
 

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