L’Ape musicale

rivista di musica, arti, cultura

 

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un film sul comunale di Bologna

Teatro Comunale di Bologna – Il film

Era il 14 maggio del 1763 quando 1.500 persone, in una città che ne contava appena 7.000, parteciparono all’inaugurazione del Teatro Comunale di Bologna con la rappresentazione de Il trionfo di Clelia, opera lirica scritta per l’occasione da Christoph Willibald Gluck su libretto di Pietro Metastasio.

Opera dell’architetto Antonio Galli Bibiena, nel corso dei suoi oltre 250 anni di storia il Teatro bolognese ha conservato le sue innumerevoli identità: crocevia internazionale e luogo intimamente legato alla sua città, custode di alta tradizione e al tempo stesso luogo deputato alla fruizione popolare, spazio circoscritto nella sua forma architettonica e insieme privo di limiti, poiché luogo di pensiero, di musica, d’arte. Proprio dalla complessità dell’organismo Teatro, dalla sua irriducibilità ad un solo punto di vista, parte la riflessione di Paolo Fiore Angelini, sceneggiatore e regista di questa opera prima sul Teatro Comunale di Bologna, le cui riprese, iniziate 2 mesi fa e condotte all’interno dell’edificio, si sposteranno nel corso del 2017 in varie capitali europee per un’immersione nella contemporaneità, incrociando fiumi, strade e luoghi, pensieri e voci di illustri personaggi le cui vicende si sono variamente intrecciate con quelle del Teatro bolognese.

“L’idea di un film sul Teatro Comunale di Bologna nasce da lontano -dice Paolo Angelini, che ne colloca la genesi una decina di anni fa – e farlo significa avere a disposizione un materiale storico ricchissimo. Crocevia centrale del mondo della lirica italiana, primo Teatro dell’opera ad essere edificato con denaro pubblico, primo in Italia a rappresentare l’opera di Wagner, ha accolto nel corso della sua esistenza artisti di fama mondiale: Verdi e Toscanini, Herbert Von Karajan e Claudio Abbado, Tito Schipa e Mirella Freni, Robert Wilson, Liliana Cavani e Werner Herzog. Un luogo che è impossibile raccontare senza affrontare tutta la sua complessità.

Ecco perché è necessario il superamento di uno sguardo meramente documentaristico, ponendo al centro non tanto e non solo la storia di un luogo, quanto un viaggio alla scoperta della natura stessa del teatro.

La vocazione più intima, l’istanza ultima del teatro è la rappresentazione.

La messa in scena di un’opera inevitabilmente si confronta con la rappresentazione del presente: attraverso il filtro dello sguardo drammaturgico, dell’interpretazione musicale, vocale, ma anche attraverso la fisicità di chi al teatro offre il proprio corpo e tempo, nessuno escluso: interpreti, musicisti, scenografi, macchinisti, figuranti, artisti, tecnici, amministrativi, maestranze, uscieri, che nel ventre della macchina-teatro si muovono, anch’essi agiti da un vissuto personale, intimamente legato al loro essere qui ed ora”.La domanda che ci si pone è dunque se si possa raccontare un teatro cittadino con l’aspirazione di affrontare temi universali che riguardano il contemporaneo, la politica, l’attualità. Se si possa partire dall’allestimento di un’opera lirica scritta a metà dell’Ottocento per parlare dell’oggi, dell’uomo, cogliendo quelle istanze di universalità di cui solo la reale opera d’arte è portatrice, scavalcando limiti cronologici e spaziali.

Così è il Rigoletto, opera popolare per eccellenza, a fare da cerniera alla rappresentazione filmica. A partire dall’ allestimento dell’opera verdiana al Teatro Comunale, il film mostra e mette in scena il palcoscenico e ciò che lo circonda, vicino e lontano, unendo insieme reale e immaginario in un grande spettacolo, per farsi esso stesso opera lirica. Un film in quattro atti, cantato, musicato, che si avvale di momenti salienti del Rigoletto e di arie di altre opere interpretate dal coro delle voci bianche del Teatro, contrappunto onirico, quello del canto fanciullo e dell’apparizione dei bambini a più riprese, a rappresentare lo spirito eterno del teatro, la sua capacità di suscitare immediato stupore.

foto del teatro di Rocco Casaluci, foto verticale interna di Giovanni Bartolani, foto del backstage di Rosalba Sacco

Teatro Comunale di Bologna: il film

Un progetto ABC Arte Bologna Cultura

Prodotto da

Avocado Pictures, ABC, Icaro like us

In collaborazione con

Genoma film, Oblivion production, Ardaco

Con il sostegno di:

Regione Emilia Romagna e Fondazione del Monte

Gold sponsor: IMA

Silver sponsor: Camst

Grazie a: Carisbo, Banca di Bologna, Illumia, Filicori Zecchini

Un grazie speciale per il supporto e l’organizzazione a:

Katia Gruppioni e Renzo Kerkoc

Con il patrocinio di:

Regione Emilia Romagna, Genus Bononiae, CNA


 

Sempre più spesso, negli ultimi anni, il Teatro Comunale di Bologna ci sta mostrando come per la cultura sia possibile "abitare" una città, accogliendola e lasciandosi accogliere. Il suo essere uno storico punto di riferimento per la vita musicale nazionale ed europea non ha impedito di comprendere la rapida evoluzione dei linguaggi teatrali, e la necessità di aprirsi a collaborazioni con ogni forma d'arte. Trovo sia meraviglioso il tributo che il cinema voglia conferirgli, cercando di rivelarne la vera e intima natura e l'importante ruolo artistico e sociale che da quasi tre secoli è lo specchio della nostra comunità e di come noi siamo. Sono ugualmente onorato che la Regione Emilia-Romagna abbia contribuito a questo progetto di respiro europeo, che riconferma a livello internazionale la vocazione musicale e cinematografica di Bologna.

A tutti buon lavoro.

Massimo Mezzetti

Assessore alla cultura, politiche giovanili e politiche per la legalità Regione Emilia-Romagna

 


 

Paolo "Fiore" Angelini

(Rimini 17 febbraio 1966)

E’ un regista, sceneggiatore e produttore cinematografico italiano di cinema narrativo e documentari.

Attualmente è anche professore a contratto presso l'Università di Bologna.

Biografia

Debutta nel 1991 con un film collettivo, Link Prate TV, dedicato all'omonima televisione amatoriale, un fenomeno che aveva avuto luogo tra le case occupate del quartiere Pratello di Bologna durante gli anni novanta.

Nel 1996 Angelini scrive il soggetto, la sceneggiatura e cura la regia del cortometraggio SK Rock Cafè, che verrà presentato in concorso al Festival di Venezia (nella categoria Giovani Leoni e al Festival Clermont-Ferrand. Sempre nello stesso anno firma poi la regia de La rivoluzione non è più quella, per la produzione di Gianluca Arcopinto.

Nel 2001 realizza Paris, Dabar, partire da una sceneggiatura intitolata La strada senza luna scritta a quattro mani conMaurizio Braucci, sceneggiatore di Gomorra e Reality, e che doveva narrare le tragiche vicende di un transessuale nel quartiere "Pratello" di Bologna, luogo già esplorato in Link Prate TV: « Il film racconta una strada e i personaggi che la percorrono e la vivono quotidianamente. Una strada storicamente popolare più o meno nel cuore di una città: in ogni centro urbano esiste un posto del genere, una specie di frontiera anarchica che resiste senza fare barricate, vissuta da persone all’apparenza singolari ma che di fatto stanno lì come chiunque altrove. La gara alcolica è stata un’idea per raccontarli, un pretesto che ha messo tutti d’accordo. Così ho deciso di fare il film. »

(Paolo Angelini)

« [...] il Pratello era un posto popolare, però era anche obliquo, nel senso che qualcuno diceva "Non ci vado in Pratello, ho paura!". E quindi starci dentro significava stare dall'altra parte della paura [...].

Avendo vissuto lì conoscevo tanta gente, frequentavo il bar che allora era un bar di vecchi, di matti, perché c'era il manicomio, avanzi di galera, c'era di tutto insomma... Era anche la via delle prostitute e dopo dei trans... Insomma il Pratello era un posto meraviglioso per farci un film. »

(Paolo Angelini, 2014)

Il film verrà premiato come migliore film al NIFF e alla Triennale di Milano . Verrà inoltre proiettato fuori concorso alla Biennale di Venezia.

Nel 2003 Paolo Angelini diviene insegnante presso l'Università di Bologna, inizialmente presso il corso di laurea in DAMS e poi, successivamente, presso il CITEM, dove tuttora presiede la cattedra di Elementi di regia audiovisiva ed Elementi di sceneggiatura:

« Per me [l'insegnamento] è una cosa importante, perché molti miei studenti diventano miei collaboratori. Mi piace insegnare. C'è una teoria importante per quanto riguarda la scrittura e la regia, ma la teoria più importante è la continua riflessione su quello che fai.

Il segreto sta nell'interazione, nel rapporto che tu crei con gli studenti... Io insegno e imparo. È facendo delle cose che tu rifletti e l'università per me, in qualche modo, è la mia scuola, apprendo trasmettendo un sapere. »

(Paolo Angelini, 2014)

Dopo avere firmato, nel 2006, la produzione di A chi tanto, a chi niente, per la regia di Michele Vietri, sarà proprio il contatto con i suoi studenti a ricondurlo dietro la macchina da presa. Nel2012 Angelini ritorna infatti sul set, con Quelli del DAMS, progetto a metà tra il documentario e la fiction, che racconta l'intreccio delle vite di sei studenti. L'idea per il racconto è sviluppata a partire dall'effettiva esperienza di alcuni studenti di Angelini, che vennero invitati a fare da giuria al Bellaria Film Festival. Il film venne presentato il 3 Giugno al festival di Bellaria, presso il quale il regista assieme ai suoi studenti farà parte della giuria e il 12 Giugno al Biografilm Festival di Bologna.

Nel 2013 realizza il corto Appunti per un film su Isotta Zerri, la signora dei cappelli. , ricostruzione della vita della modista bolognese , che ha collaborato con Chanel e Dior facendo la storia del cappello d'alta moda dagli anni 30 agli anni 80.

Durante il 2014 realizza il film "GERMANO SARTELLI. La forma delle cose- Conversazioni" sul grande artista imolese. Il film viene proiettato come evento di Artefiera gennaio 2016 alla Cineteca di Bologna, come evento speciale al Teatro Comunale di Imola, terra di nascita dell'artista, partecipa alla Triennale di Milano nel maggio 2016 e fuori concorso al Biografilm 2016.

Nel 2015 partecipa alla realizzazione di Le radici dei sogni - L'Emilia Romagna tra cinema e paesaggio, documentario di Francesca Zerbetto e Dario Zanasi che studia il rapporto tra l'Emilia- Romagna e la poetica attraverso le esperienze di alcuni autori del cinema italiano.

Durante il 2015 gira Ho conosciuto Magnus, ritratto dell'autore di fumetti Roberto Raviola. Il film è parte di un progetto più ampio, promosso da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, che comprende la mostra dal titolo Magnus e l'altrove. Favole Oriente, Leggende a cura di Luca Baldazzi e Michele Masini,allestita presso la sede della Fondazione, e il libro, Magnus prima di Magnus. La copia lavoro working progress viene presentata il 22 novembre 2015 al Festival BilBOlBul. Il film viene completato nel 2016 e andrà in concorso al Biografilm 2016 nella sezione Italia.

 

 


 

 

 
 
 

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